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Inzaghi: «Riconosco dalle foto tutte le mie esultanze, guardo sempre la Serie C, l’ho sempre guardata»

A Sky da Caressa: «Il gol ad Atene è anche fortuna ma era uno schema. A Manchester finsi uno stiramento per non battere il rigore»

Inzaghi: «Riconosco dalle foto tutte le mie esultanze, guardo sempre la Serie C, l’ho sempre guardata»
Db Torino 12/04/2008 - campionato di calcio serie A / Juventus-Milan / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: esultanza gol Filippo Inzaghi

Pippo Inzaghi ospite domenica sera di Fabio Caressa nel suo Sky Calcio Club è stato un salto nel calcio vissuto con passione. L’allenatore della Reggina e soprattutto ex attaccante del Milan, della Juventus, della Nazionale ha parlato del suo rapporto con il cacio, con il campo, con questo gioco che per lui è un amore viscerale.

Inzaghi ricorda il suo periodo da allenatore al Milan, nel 2014:

«Non rimpiango il mio anno al Milan. Quell’anno è stato fondamentale per la mia crescita. Fino a gennaio eravamo terzi giocando un calcio non da Milan ma non avevamo nemmeno gli interpreti giusti e si è visto anche negli anni successivi. Venivo dalla primavera ma non c’è stato nessun giocatore che mi ha mancato di rispetto. Ci sono rimasto male per come è finita? Sicuramente perché il Milan è la mia vita, io ci ho provato però da lì ho capito che mi divertivo a fare l’allenatore.»

Inzaghi continua parlando delle esperienze a Venezia e Benevento:

«A me la categoria interessa poco, a Venezia avevo dei giocatori che venivano dalla Serie D che poi hanno giocato in Serie A. Queste missioni mi piacciono ed è stato stimolante convincere i giocatori che con il duro lavoro si può arrivare in Serie A. Anche a Benevento, in Serie A, con una squadra di B ci dovevamo salvare, poi per tante cose che sono successe non ce l’abbiamo fatta. Letizia era vicino alla Nazionale. Per me sono soddisfazioni come quelle che sto avendo a Reggio Calabria.»

Sulla costruzione dal basso, mantra del calcio moderno, Inzaghi la pensa così:

«Per la prima volta in carriera non la sto utilizzando. Sono andato a vedere quanti gol abbiamo fatto giocando così e non ne abbiamo fatto nemmeno uno. Tutti vogliono giocare a calcio ma dipende anche ciò che hai a disposizione. Non vado a fare una cosa se so che non riusciamo a farla bene. »

Inzaghi racconta un aneddoto su Beppe Bergomi ai Mondiali di Francia 98′:

«Mi ha rovinato, mangiava riso in bianco e non lo digeriva e non lo digerivo nemmeno io. A volte ci penso e credo che si formavano dei gruppi eccezionali ed anche oggi si riescono a formare dei gruppi fantastici nonostante i luoghi comuni sui giovani. Finivamo di mangiare alle sette e continuavamo a scherzare a tavola, io ai miei giocatori faccio fare la passeggiata tutti insieme. »

Sulla passione per la Serie C

«Non perdo una partita di Serie C su Sky. Sto sempre su diretta gol quando gioca la C ed ho imparato diverse cose dai miei colleghi in quella serie. Ho questa passione da sempre. Il lunedì venivano con la Gazzetta e mi facevano i nomi dei calciatori di C1 C2, io sapevo in quale squadra giocavano.»

L’aneddoto su Milan Ajax di Champions League:

«Pasanen mi dava sempre modo di appoggiare e quindi dissi a Billy (Costacurta ndr) di scaricare sempre su di me così potevo fare del male alla difesa.»

Inzaghi ricorda ogni esultanza:

«Ho una memoria visiva incredibile, ricordo qualsiasi cosa. Ricordo che a Milan Channel misero delle foto con le mie esultanze e indovinai ogni partita. Mi fecero vedere nove esultanze e io indovinai tutte le partite. E allora mi fecero vedere una decima che era difficile. La guardavo, la guardavo e non ricordavo, a un certo punto dissi: questo non è un gol mio ma di Sheva. Avevano messo un altro gol per vedere se ci cascavo. Era il gol che segnò a Manchester in finale contro la Juve ma che ci annullarono. Io ho una memoria visiva che mi spaventa. Anche adesso da allenatore non riguardo le mie partite perché le so a memoria.»

Costacurta ricorda un gol che prese da Inzaghi contro l’Atalanta:

«È il gol di cui mi vergogno di più. Sai che faceva Pippo? Tu indietreggiavi e lui ti buttava la palla tra i piedi così che rimbalzava e lui, che era velocissimo, ti saltava. Altro non poteva fare perché non era capace a fare i dribbling». 

Le botte con Costacurta:

“Mi dava i pugni sulle mani. Dicevo che non mi menava, mentre Maldini mi uccideva”.

I rigori nella finale di Champions contro la Juventus:

“Nel 2003 Sheva si fa male e lì viene l’albero di natale di Ancelotti perché mette Rui Costa e Serginho o Seedorf sotto la punta. Con Sheva ce lo dividevamo abbastanza, poi lasciarne fuori uno era impossibile. In finale avevamo tirato i rigori peggiori. Io avevo fatto finta di essere stirato per non tirarlo. Seedorf pensava di tirarli bene e ha sbagliato. Ha tirato Kaladze, Nesta che ha segnato non si sa come. Serginho e Sheva erano gli unici rigoristi”.

Inzaghi su Cristiano Ronaldo:

«Per noi è dura accettare la fine. Non sai mai cosa ti aspetta dopo e quello che fai ti dà delle emozioni difficilmente replicabili. La cosa più difficile è la gestione. Per fortuna a me hanno fatto smettere perché sarei voluto andare avanti. Certi giocatori dovrebbero capire quando smettere.»

Sulla Nazionale italiana invece Inzaghi punta sulla coppia Raspadori-Immobile

«Di Raspadori mi piace che può fare la prima punta, può fare la seconda, sa giocare per il compagno ma sa anche fare gol. È un giocatore completo e mi piacerebbe vederlo con Immobile, perché secondo me possono giocare insieme. Raspadori da solo può fare forse un po’ fatica. In Nazionale lo potrei pensare in un 4-3-2-1 alle spalle di Immobile, ma Mancini ovviamente non ha bisogno di consigli. Immobile abbiamo visto che da solo fa un po’ più di fatica, ma contro i grandi difensori internazionali è dura»

Quando si fece male giocando col fratello Simone.

«Stavamo giocando in mansarda a scartarci. Feci una mezza finta per spostare il pallone e mi ruppi il metatarso. Poi mi misi a letto cercando di dormire, sperando che fosse stato solo un sogno. Mi vergognavo di dire alla mia società, giocavo già per gli Allievi o forse la Primavera del Piacenza, cosa mi era successo. Ma alla fine lo raccontai. Simone ha sicuramente molte più tensioni di me, allenando una squadra di quel calibro. Quello che ci salva entrambi è la passione per il nostro mestiere. I nostri genitori ci hanno fatto studiare, dandoci ottimi insegnamenti. Siamo una coppia affiatata cresciuta con amore. Oggi c’erano sia lui sia Marotta a vederci contro il Como. Adesso giocheremo contro in amichevole. La sosta? Fermarsi così tanto non è mai successo. Non ho ancora avuto modo di parlare a mio fratello di quest’aspetto, visto che è appena stato a Malta.»

Sul Mondiale 2002:

«Dovevamo giocare Totti, Vieri e io. Invece mi era uscita la rotula perché col Milan ero infortunato e ho giocato perché rischiavamo di uscire dalla Champions. Ancelotti mi disse di giocare il sabato in Primavera per vedere come andava. Gioco il primo tempo e chiesi il cambio a fine primo tempo. Arrivò dentro Ancelotti che mi disse “stai veramente bene”. Provò a convincermi, in quella partita c’era la contestazione della Curva. Contro il Torino a fine primo tempo mi disse di entrare. Entrai in trance e feci un gol in fuorigioco. Poi da lì andammo in Champions, ma la testa mi faceva fare la differenza. Far sentire la fiducia è importante. Poi andai al Mondiale e mi uscì la rotula. Se il non fare gol limita? Quando mi capitava prendevo un ragazzo della primavera non fortissimo, in allenamento, cercando il gol in allenamento. In questo modo mi davo fiducia da solo e da lì mi porto dietro questa cosa».

Il primo gol in finale contro il Liverpool:

«Era uno schema, non ci credono ma era uno schema: ho fatto quattro gol così. Oggi cerco di insegnarlo. Lo feci all’Inter e Toldo si arrabbiò come una bestia, segnai così anche all’Empoli. Tante volte vedo questo gol (contro il Liverpool, ndr). Un po’ me lo sono meritato, perché ci ho sempre creduto. Allora dico: se mi doveva colpire in finale di Champions per la passione che ho, è giusto che mi abbia colpito».

Sull’essere decisivo come attaccante:

«Ho detto prima che un attaccante può fare tanti gol, ma se poi non decidi le partite… Io ho avuto fortuna di fare gol nelle finali e Galliani lo dice sempre “perché non lo ricorda nessuno?’” Gol ad Atene, a Yokohama e Montecarlo nello stesso anno. Questa è stata una cosa che mi ha dato fame e voglia di dimostrare che qualcuno sbagliava. Capisco che ad esteti potevo non piacere, però tutti quei gol davano quasi fastidio perché ero io a farli. La critica non è mai stata benevola nei miei confronti. Capisco che non ero Ronaldinho, Del Piero o Totti, avevo un altro modo di giocare. Quello che ho fatto l’ho fatto perché ce l’ho messa tutta e io cerco di trasmettere questa passione ai miei ragazzi».

Su Ancelotti:

«Io vorrei avere la sua serenità. O la serenità di Benitez che è seduto in panchina in finale di Champions. Io faccio duemila chilometri in panchina. Ancelotti era un gestore incredibile, non alzava mai la voce anche se a volte faceva delle scelte. Spesso mi dava la casacca da panchinaro per non dire a Seedorf che non giocava. Mi diceva: “Pippo, domani giochi tu ma ora ti do la casacca della riserva sennò Seedorf rompe”. Se Seedorf avesse scoperto di non essere titolare, gli avrebbe rotto le scatole per 24 ore.»

Sulla sostituzione di Rivas con la Reggina:

«Pensava che lo avessi tolto per i tacchetti, ma in realtà in quel momento non dovevo prendere gol. Mi interessa cercare il meglio, avevo Menez, Canotto  e Rivas, anche Hernani. Dovevo toglierne uno, Hernani mi dava fisicità. Quindi con Rivas alla fine ci siamo abbracciati, anche perché lui piangeva e ho cercato di rincuorarlo. Ho un gruppo fantastico, dico che sono fin troppo bravi. Sono dei ragazzi eccezionali e sono contento di quello che stanno facendo».

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