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Goggia vince con due placche e nove viti nella mano: «Tanti motociclisti lo fanno»

L’incredibile vittoria a Sankt Moritz il giorno dopo l’intervento alla mano per la frattura. «In sala operatoria ho detto: “domani si vince”»

Goggia vince con due placche e nove viti nella mano: «Tanti motociclisti lo fanno»
Are (Svezia) 05/02/2019 - Campionato del Mondo di Sci Alpino / foto GEPA pictures/ Mario Kneisl/Insidefoto/Image Sport nella foto: Sofia Goggia

Due placche e nove viti nella mano, e Sofia Goggia ha vinto la discesa libera. Ecco cosa scrive Libero, poi la sua intervista al Corriere dello Sport. Qui quella del suo allenatore.

Libero:

Quanto fa 2 placche più 9 viti? Una vittoria, quella di Sofia Goggia che semplicemente era impossibile. Perché bisogna riallacciare il filo delle 17 ore scarse intercorse tra il suo viaggio della speranza a Milano e il gradino più alto del podio a Sankt Moritz per capirlo. Venerdì pomeriggio era in clinica per farsi operare alla mano sinistra massacrata da un palo e già solo vederla alla partenza risultava complicato. Non per lei, che è in un universo diverso da quello dei campioni perché per definirla  esiste una parola sola: fenomeno. Alle 22 di venerdì è arrivata nell’albergo svizzero delle azzurre, ha mangiato qualcosa velocemente e poi su un camera, per provare come ha confessato lei stessa se e come riusciva a stringere il bastoncino in prospettiva gara. Si è data una risposta ed è bastata per buttarsi giù. Il risultato finale è imbarazzante, ma per le altre. 

La sua intervista al Corriere dello Sport.

«Sono scesa a Milano col dottor Panzeri, proprio con l’intenzione di essere al via. Devo ringraziare tutto il gruppo San Donato che mi ha messo a disposizione la clinica La Madonnina, con tutta l’équipe per essere operata, con il chirurgo della mano Loris Pegoli che è arrivato da Torino apposta. Sono stati tutti gentilissimi e quando siamo entrati in sala operatoria ho detto: “Ho bisogno di questa cosa, perché domani (oggi; ndr) dobbiamo vincere”».

Con questo successo incredibile sente di aver spostato ancora i limiti del possibile?

«No. Penso che tanti motociclisti facciano una cosa del genere. Io avevo dominato le prove con oltre un secondo di margine e mi sono detta che in discesa sono talmente dominante, che se proprio non riesco a spingere in partenza o a sciare come so, mi basta comunque stare in piedi per avere ancora margine. Non mi aspettavo di vincere, ma neanche null’altro. Ho fatto una cosa grandiosa, ma in discesa ho un livello di confidenza assoluto».

Nelle inquadrature si vedeva la sua mano ancora sanguinante: si è aperta in gara?

«No, ma ci sono due buchini vicino all’indice e al medio, dove hanno infilato il filo per chiudere la cicatrice sulla mano. Hanno sanguinato per tutta la notte e non smettono, per cui la mano dopo la gara si è gonfiata molto. Le ferite, comunque, son ben chiuse. Non ho preso antidolorifici, a parte un po’ di paracetamolo. Non è tanto la placca in sé, ma il gonfiore che mi impedisce di muoverla: in posizione a uovo e sui salti mi sentivo un po’ limitata».

Cosa significa essere Sofia Goggia?

«Io sono io, non è che mi renda tanto conto di quello accade, anche se so di aver fatto qualcosa che ha dell’incredibile. Dopo Pechino, in cui ho fatto un’Olimpiade su una gamba sola, una mano era ok: meglio aver le gambe che le mani, anche se nella prima discesa, in cui sono arrivata seconda, mentre scendevo sentivo le ossa che si spostavano. Devo ammettere anche che, dopo l’operazione, quando ho tolto le fasce e visto la cicatrice, mi è venuto male al cuore. Sono finita ancora una volta sotto i ferri: da un lato mi dispiace, dall’altra è venuta fuori una vittoria epica».

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