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La Serie A non paga le tasse dal 2021 e probabilmente non avrà né mora né sanzioni

Il governo Meloni è al lavoro per aiutare il calcio. Ancora una volta un provvedimento d’emergenza, nessun piano d’investimento strutturato

La Serie A non paga le tasse dal 2021 e probabilmente non avrà né mora né sanzioni
Roma 31/10/2022 - conferenza stampa Consiglio dei Ministri / foto Ufficio Stampa Presidenza Consiglio Ministri/Image nella foto: Giorgia Meloni

Il governo Meloni è al lavoro per aiutare il calcio. A seguito della crisi di liquidità che ha colpito i club italiani, i vari governi a più riprese hanno cercato di salvaguardare le loro casse e la passione popolare di cui sono detentori.

Già il governo Draghi era intervenuto per allungare la scadenza delle obbligazioni tributarie al 16 dicembre 2022. Ad un mese da tale scadenza, però il debito fiscale accumulato fa paura alle finanze di molti club, che di fatto non sarebbero in grado di adempiere al loro pagamento.
La misura è stata tuttavia criticata da molti club e ha diviso la Serie A in due fazioni. La prima e più numerosa, è la fronda guidata dall’onorevole Claudio Lotito che fa parte tra l’altro della coalizione che sostiene il governo. Lotito, seppur deferito, è il presidente della Lazio, un club che già nel lontano 2005 ha giovato di una legge ad hoc per ripianare l’enorme debito fiscale che l’avrebbe spinto verso il fallimento, con una dilazione di ben 23 anni. Il fronte opposto è quello guidato da Joe Barone, braccio destro del presidente viola Commisso. La Fiorentina è una delle poche eccezioni virtuose, in regola con agli adempimenti fiscali (anche per via della forza patrimoniale del suo proprietario). Potete capire quale delle due fazioni sia a favore del provvedimento e quale contro.
Secondo varie stime il debito fiscale accumulatosi nei quasi 30 mesi successivi alla pandemia, da parte dei club, oscilla tra i 500 milioni e il miliardo. Lo spostamento della dilazione evita l’aggravio della somma, in quanto non vi è applicazione delle sanzioni e degli interessi. Tuttavia tantissimi club non sembrano in grado di far fronte alle loro obbligazioni. Il caso più drammatico è probabilmente la Sampdoria, ma anche l’Inter e il Verona potrebbero aver bisogno di reperire nuova liquidità da terzi, per saldare il debito.
In questo contesto si innesta anche la controversia di inizio anno tra Abodi e Lotito. Abodi, attuale ministro dello Sport, era uno dei candidati più credibili come nuovo presidente della Lega Serie A. Il suo passato come presidente della Lega Serie B e dell’Istituto per il credito sportivo lo hanno reso il candidato più solido in termini di curriculum, per occupare il ruolo. Tuttavia Abodi non ha trovato appoggio nella maggioranza dei presidenti. Infatti è stata la fazione guidata da Lotito (e sostenuta tra gli altri da De Laurentiis e Commisso) ad eleggere con 11 voti Lorenzo Casini, uomo peraltro molto vicino a Claudio Lotito.
All’interno dei palazzi e dei salotti politici pare che la soluzione più praticabile, tra le richieste dei club e i bisogni finanziari del governo, sia quella di fissare un acconto del 15% entro la data del 16 dicembre e garantire una spalmatura del debito sui 3/5 esercizi successivi. La proposta appare valida, anche se potrebbe non esserci unità d’intenti nell’accettare la seconda richiesta di Abodi. Il ministro dello Sport, servendosi della sponda favorevole del presidente della Figc Gravina, punterebbe a limitare i movimenti in entrata del calciomercato invernale. Presumibilmente potrebbe essere richiesto un saldo attivo di calciomercato per i club, che usufruissero di questo aiuto fiscale.
Il provvedimento del governo, al netto di un possibile blocco del calcio mercato, può aiutare tanti club in difficoltà, ma a conti fatti non appare come una proposta risolutiva, anzi. L’obiettivo è massimizzare nel breve le posizioni debitorie in vista della finanziaria 2023 (che sarà gravata dalle spese per il caro energia), per poi provare a trovare una risoluzione più concreta in un secondo tempo.
Ancora una volta è possibile riscontrare l’evidente la miopia di una larga fetta della classe dirigente italiana. A seguito dell’emergenza Covid poco e nulla si è mosso per provare a modificare la forma mentis aziendale dello sport italiano. I principali provvedimenti risultano essere reattivi e quasi esclusivamente di carattere fiscale/previdenziale. Nessun piano d’investimento strutturato. Salvo poi, nel momento della difficoltà, trovare la soluzione accomodante per tutti.
Tanti club da anni sono in difficoltà nell’adempiere alle obbligazioni fiscali, ma anziché provare a favorire gli investimenti in un’ottica di aumento di ricavi il governo e in generale la politica sportiva puntano con la solita dilazione a salvare quantomeno le apparenze.

Anni fa un professore di valutazione d’azienda mi disse che un’azienda può finanziarsi grazie a 3 fonti di capitale:
✓finanziamento della proprietà (per il quale non è dovuto alcun interesse);
✓finanziamento di terzi (con cui viene pattuito un tasso d’interesse a seconda di vari fattori macroeconomici)!
✓finanziamento ad opera dello Stato (ovvero l’evasione delle tasse che però ha un tasso d’interesse stimato del 100%).

Questa nozione probabilmente vale per le aziende normali, non per i club di Serie A che dal 2021 non pagano le tasse e che molto probabilmente non subiranno alcuna sanzione o interesse di mora. Anche stavolta il calcio è salvo. Rallegriamocene tutti.

(a cura di Gabriele Raso)

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