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Pinamonti: «Non siamo un branco di pecore che pensano solo a due cose»

A Repubblica. «Noi calciatori parliamo anche di temi sociali. Di solito chi ne sa di più, soprattutto i più grandi d’età. Conte? Quando la domenica non giochi, rosichi»

Pinamonti: «Non siamo un branco di pecore che pensano solo a due cose»
Mg Milano 06/05/2022 - campionato di calcio serie A / Inter-Empoli / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Andrea Pinamonti-Stefan De Vrij

Andrea Pinamonti, centravanti del Sassuolo, intervistato da Repubblica.

Il ct Mancini ha detto che ai ragazzi di oggi manca aver giocato in strada.

«Io ci sono cresciuto in strada: a Cles, il mio paesino, c’era solo un campetto in cemento. Finita la scuola era tappa fissa, quando suonava la campanella si scendeva in strada, le mamme a casa e i ragazzi al campetto. I compiti potevano aspettare».

Quando è stata l’ultima volta?

«So che non potrei, ma quando l’estate torno a casa vado al campetto con gli amici a giocare e devo litigare con mio papà che ha paura mi faccia male. Ma è passione, non ci pensi. I miei due o tre amici del cuore sono abituati, per loro è normalissimo giocare con me, è la cosa che apprezzo di più. Poi ci sono i conoscenti che sono frenati, hanno paura di farmi male. E non mi diverto, mi accorgo che non posso fare le cose che facevo a dieci anni».

E le manca?

«Mi manca tantissimo. La gente là fuori ti dice che se fai il calciatore non hai problemi nella vita: sì, siamo privilegiati, ma tante piccole cose non le fai più, se esci a bere una birra con gli amici e non sei abituato a questo tipo di vita non ce la fai. Anche gli amici, non sai mai chi siano quelli veri, solo quelli di quando avevi otto anni».

Domenica scorsa ha segnato su rigore concesso dal primo arbitro donna in Serie A. Come è stato, visto dal campo, il debutto di Maria Sole Ferrieri Caputi?

«È stata gentile, a fine partita mi ha chiesto come stavo dopo il problema intestinale che ho avuto all’intervallo. E ha arbitrato perfettamente».

Ma ce l’ha un po’ con Conte che due anni fa la fece giocare poco?

«Quando arriva la domenica e non giochi, rosichi. Ma capivo chi avevo davanti. Anzi, Conte lo devo ringraziare, sono cresciuto tanto quell’anno. A gennaio avevo chiesto al mister di poter andare via, lui è stato sincero, mi ha detto: non posso dirti che sarai titolare, ma voglio che tu stia qui, i benefici li vedrai in campo. Ho dovuto mangiare tanta merda… Ma ho avuto la soddisfazione dello scudetto, che sento molto mio perché sono cresciuto lì da quando avevo 14 anni. E a Empoli ho visto che riuscivo ad applicare le cose imparate allenandomi contro i difensori dell’Inter».

L’ha penalizzata finire nella logica delle plusvalenze?

«No. Col mio agente ho sempre cercato la soluzione migliore per crescere. Se fuori c’erano altre questioni, plusvalenze e cose varie, erano tra le società. Ma il nome era il mio, le critiche arrivavano a me».

Ha letto cose che le hanno dato fastidio?

«Quando sei dentro non ci fai più caso. Non mi dà fastidio se mi danno 4 in pagella o se dicono che 20 milioni per Pinamonti sono troppi. Ma a volte leggo cose scritte o dette con cattiveria. Non capisco questa frustrazione e non leggo».

Parlate mai di temi sociali nello spogliatoio?

«Non siamo un branco di pecore che pensano solo a due cose, di cui una non si può dire. Di solito parla chi ne sa di più, soprattutto i più grandi d’età. Io sto zitto e ascolto».

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