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Il Napoli è il posto giusto per calciatori ambiziosi che andranno nei top club

Il club ha bisogno di più Cavani e meno Mertens. Calciatori affamati che cercano vetrina. Come Kvaratskhelia, Kim, Raspadori e Osimhen

Il Napoli è il posto giusto per calciatori ambiziosi che andranno nei top club

Il ruolo del Napoli

Essere nel posto giusto al momento giusto. 

È un modo di dire che conosciamo tutti e che riconduce alle dimensioni spaziali e temporali le qualità dell’essere umano. 

Puoi avere talento, persino essere il migliore in una determinata attività, ma se vuoi che le tue qualità emergano e vengano riconosciute, devi trovarti nel tempo e nel luogo dove ciò sarà possibile.

Così, chi aspira ad essere un attore, in Italia, dovrà andarsene a Roma e, se aspira ad un riconoscimento mondiale, la sua casa dovrà cercarla a Hollywood; un direttore d’orchestra dovrà lavorare a Vienna o Berlino, un programmatore nella Silicon Valley e via discorrendo.

E un calciatore?

Negli anni ’80 e’90, fino alla metà degli anni 2000, la risposta era unanime: l’Italia.

Zico, Maradona, Falcao, Platini, Rummenigge, Matthaus, Junior, Socrates e poi Van Basten, Gullit, Ronaldo, Roberto Carlos, Zidane, Ibrahimovic e mille altri giocavano in Italia perché qui era di casa il calcio che contava. Qui gli ingaggi erano migliori, qui il livello era più alto.

Tra il 1982 e il 2004 ben 15 palloni d’oro sono andati a giocatori che militavano in Serie A. In tre occasioni l’intero podio fu appannaggio di squadre italiane, mentre le doppiette non si contano. Dal 2005 ad oggi solo Kaka nel 2007 è riuscito a vincere giocando in Italia. Negli stessi anni Milan, Juventus, Napoli, Inter e Parma dominavano nelle Coppe Europee: 8 coppe Uefa e 6 Coppe dei Campioni, spesso con finali tutte italiane. Dopo di allora solo l’Inter nel 2010 è riuscita a vincere in Europa.

Da almeno 15 anni l’Italia ha smesso di essere il “posto giusto” per chi ambisca a fare grandissime cose nel calcio. La Spagna, l’Inghilterra e il Bayern Monaco in Germania hanno preso il nostro posto. Il PSG per i più venali. La cosa può non renderci felici, ma è un dato di fatto.

La Serie A, invece, è diventato il “posto giusto” per le giovani promesse e per i campioni in declino. In questo momento non ci verrebbero mai a giocare Mbappe o Haaland, ma ci vengono a svernare volentieri Di Maria, Ibrahimovic e Pogba.

Anche la Serie A, naturalmente, ha le sue gerarchie e i (pochi) giocatori forti nel periodo della loro maturità che ci sono scelgono Milano o Torino sponda bianconera.

Il Napoli è, per storia e dimensione, una squadra di seconda fascia in un campionato di seconda fascia. Non può permettersi i cosiddetti top players, ma se anche potesse dubito fortemente che un top player di 26 anni sceglierebbe di vestire la maglia azzurra. Anche qui, può non piacerci, ma così va il mondo.

La squadra di De Laurentiis, quindi, può scegliere di essere un punto di passaggio per giocatori forti e ambiziosi, che sperano di lasciare il segno per poi migrare verso i “posti giusti”, o un punto di arrivo per giocatori meno forti e meno ambiziosi.

Possiamo essere il trampolino per Cavani o l’approdo di Mertens.

Negli ultimi anni la società sembrava aver scelto la seconda strada. Pochi giovani e moltissimi rinnovi di contratti.
Quest’anno le cose sembrano essere cambiate.

Kvaratskhelia, Kim, Raspadori e forse anche Osimhen, se confermeranno quanto hanno fatto vedere sinora, sono destinati a grandi palcoscenici e probabilmente verranno contesi da Real Madrid, Manchester City e Bayern Monaco. “Posti giusti” da dove si può entrare nel gotha del calcio.

Dovremmo esserne felici, mentre già so che non sarà così.

Al Napoli servono le energie e la garra di chi si è dato obiettivi importanti, serve la mentalità di chi vuole evolvere, mentre non serve la serenità di chi qui si sente a casa. Serve la fretta e la smania di vincere di chi vuole essere di passaggio, non la flemma di chi ambisce alla cittadinanza onoraria.

Prima lo si capirà e meno psicodrammi collettivi ci aspetteranno.

Non chiediamoci per quanto tempo rimarranno i giovani campioni che in questi mesi stanno incantando l’Italia e l’Europa con addosso la maglia azzurra, ma spingiamoli a dare il massimo finché sono qui, nel loro e nel nostro interesse. Siamo un teatro di periferia, non Broadway.

Solo così anche noi cresceremo in mentalità e in prestigio e, forse, un giorno potremo diventare il “posto giusto” per chi vuole lasciare il segno nella storia del calcio.

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