«Lavorare con Cellino è stato come lavorare in un manicomio. Mi insultò al primo incontro»
L'ex ds del Leeds, Graham Bean, al Daily Mail: «Era un bambino viziato. Aveva frequenti scatti d'ira, a volte diventava così delirante che la bocca gli schiumava»

Db Como 29/08/2022 - campionato di calcio serie B / Como-Brescia / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Massimo Cellino
L’ex direttore sportivo del Leeds, Graham Bean, si racconta al Daily Mail. In particolare, racconta l’esperienza di lavoro con Massimo Cellino, che nel 2014 acquistò il 75% delle quote del club inglese.
“Il mio primo incontro con Cellino mi aveva aperto gli occhi. La prima cosa che fece fu rivolgermi una serie di commenti offensivi. Con il passare delle settimane e dei mesi divenne evidente che era incline a gravi sbalzi d’umore e spesso perdeva la pazienza, a volte per le questioni più banali. Poi, quasi immediatamente, poteva riattivare l’incantesimo. Era come premere un interruttore: quindi io e gli altri membri dello staff siamo diventati molto diffidenti nei confronti del suo lato irrazionale”.
Bean definisce la sua esperienza di lavoro a Leeds come una delle
“più bizzarre della mia carriera professionale. A volte mi sembrava davvero di lavorare in un manicomio e ho seriamente messo in dubbio di continuare a lavorare per lui, a causa dei suoi brutti scatti d’ira: era come avere a che fare con un bambino viziato. Era stressante”.
Gli fu chiaro da subito che “l’unico modo per affrontarlo era tenergli testa”.
“Ero l’unica persona che gli teneva testa, tutti gli altri al club vivevano nella paura di lui. Il suo temperamento era tale da diventare a volte irrazionale, alzando la voce al punto da non riuscire a decifrare quello che diceva, diventando così delirante che cominciava a schiumare in bocca”.
“Le sue frasi più comuni erano “madre******” e “testa di ****”.
“Cellino era tutt’altro che normale”.
“Uno dei problemi più grandi del lavorare per Cellino era che per lui la mattina sembrava non esistere: raramente si presentava a Elland Road prima dell’ora di pranzo. Ciò significava che eri limitato in ciò che avresti potresti effettivamente fare, perché la sua microgestione era così intensa che nessuno al club osava fare qualcosa che avrebbe potuto causare uno sfogo da parte sua”.
E ancora:
“Aveva anche alcune strane e meravigliose superstizioni, come eliminare il numero 17 dal club e non usare il colore viola. Un giorno mi ha persino detto di assicurarmi che il portiere Paddy Kenny fosse fuori dal club perché era nato il 17 e che non poteva rischiare che fosse al Leeds”.