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Bonifica dello spogliatoio e nuove leadership (Spalletti e Di Lorenzo): è il Napoli 4.0

Vanno via senatori che in campo hanno sempre fallito i momenti chiave, con tutti gli allenatori. Comincia la quarta fase del Napoli di De Laurentiis

Bonifica dello spogliatoio e nuove leadership (Spalletti e Di Lorenzo): è il Napoli 4.0
Foto Ssc Napoli

Con l’annuncio del pur doloroso addio a Mertens ― dopo quelli a Insigne e Koulibaly ― il Napoli completa il processo di rifondazione della squadra. Processo che, diciamo la verità, arriva con almeno un triennio di ritardo.

Nel calcio moderno, quello senza bandiere e capitani coraggiosi, permanenze di otto o nove anni in una stessa squadra sono una rarità. In fondo già Ancelotti fu assunto nella prospettiva di un rinnovamento globale. Ma la cosa finì come tutti sappiamo. Certamente il gruppo a oggi smantellato ha regalato al Napoli bei momenti. Ma, diciamo la verità, nessun successo memorabile. Sfortuna? Errori dei tecnici o della società? Torti arbitrali? C’è da fare un misto delle singole concause. Resta però il dato di una statistica di successi deludente. E resta il fatto che in campo ci vanno sempre i calciatori. E sono loro a vincere o perdere singole partite o tornei.

Con la scelta compiuta quest’anno si ottiene anche un risultato non trascurabile. La bonifica dello spogliatoio. Dove calciatori in servizio da circa un decennio esercitavano, nel bene o nel male, una funzione di forte condizionamento dei compagni. Senza però dare nei momenti opportuni quel contributo di “cazzimma” che trasforma una buona squadra in una grande squadra. Nei momenti topici in campo i leader dello spogliatoio (compreso qualche “capuzziello”) non hanno portato quel valore aggiunto che ti aspetti da uomini di forte personalità. E ciò semplicemente perché alla prova dei fatti è risultato che uomini di forte personalità non erano.

Sarebbe stato probabilmente un danno per il Napoli tenere un calciatore della vecchia guardia che al momento opportuno non aveva dato alcun contributo a evitare capitomboli come quelli con Empoli Roma e Fiorentina che ci hanno privato di uno scudetto già vinto. A differenza del 2018, infatti, dove comunque nelle ultime giornate eravamo costretti ad inseguire, nello scorso campionato il destino è stato nelle nostre mani con le ultime sette partite.

Tornando indietro con la memoria, la Juventus perse una finale di Coppa dei Campioni nella quale era largamente favorita contro l’Amburgo con un mitico goal di Magath. Si racconta che l’anno dopo Boniperti ricevesse i singoli calciatori per discutere di compensi con una foto della formazione battuta dall’Amburgo che campeggiava sulla sua scrivania. E alle richieste di ogni calciatore diceva irridente, facendo scorrere il dito sulla foto, “non mi ricordo, ma lei c’era contro l’Amburgo?”. Ecco noi avremmo chiesto ai signori dello spogliatoio “ma voi c’eravate contro l’Empoli, la Roma e la Fiorentina?”.

Adesso la leadership è interamente rimessa nelle mani di Spalletti. Tecnico navigato e coraggioso. E, consentiteci, un capitano, Di Lorenzo, la cui indiscussa autorevolezza si fonda sulla serietà e sulle doti di grande atleta.

Esaminando questi diciotto anni dell’era De Laurentiis, possiamo fare un bilancio che ci porta a identificare tre fasi. La prima è stata la risalita della squadra dalle serie minori alla massima serie, il Napoli di Reja e Montervino che ricordiamo ancora con piacere.

La seconda è stata quella del Napoli grintoso di Mazzarri, P. Cannavaro, Hamsik, Lavezzi e Cavani che lottava sino al 95esimo, assurto stabilmente alla vetrina europea.

Quindi la fase successiva con l’internazionalizzazione di Benitez e l’arrivo di calciatori affermati (Higuaín, Callejón, Reina, Albiol) e non (Mertens, Koulibaly, Ghoulam, Jorginho) che poi sarebbero diventati tali. Una rosa che è poi stata cementata da Sarri, grazie a qualche ulteriore valido innesto (Allan, Zielinski e Rui) nel triennio del gioco champagne, ahinoi senza alcun successo.

Alla terza fase ha fatto seguito un limbo opaco durante il quale l’amalgama fra i senatori dello spogliatoio e i giovani valenti arrivati (Ruiz, Lozano e Osimhen) di fatto non è mai avvenuto, generando una serie di attriti ed equivoci, anche a causa del biennio della pandemia, che hanno finito per provocare un ulteriore scollamento fra squadra, società e tifosi.

È finalmente ora di ripartire e voltare pagina. Certamente quella che ci attende è una stagione ricca di insidie. Ma anche di allettanti prospettive. Non possiamo dimenticare che quelli che oggi sono salutati con “sospiri, rimpianti e alti guai” furono accolti nello scetticismo di tanti e nell’indifferenza di molti, e non è la prima volta che ciò accade. Quindi noi pensiamo che occorre attendere innanzitutto la fine del mercato, che potrebbe riservarci ulteriori sorprese, e poi alla prova del campo la nuova squadra. Napoli 4.0 loading…

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