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Verdone: «Un medico napoletano mi disse “ringrazia che sei ansioso, sennò saresti una testa di cazzo come tanti”»

Al CorMez: «Ho un grosso debito di riconoscenza con i medici napoletani che hanno curato me e la mia famiglia più volte e lo hanno fatto molto bene». 

Verdone: «Un medico napoletano mi disse “ringrazia che sei ansioso, sennò saresti una testa di cazzo come tanti”»

Il 30 maggio Carlo Verdone sarà presente al giuramento di Ippocrate di 800 medici napoletani nel Teatro Augusteo. Al Corriere del Mezzogiorno spiega perché.

«Per me è importante esserci, ho un grosso debito di riconoscenza con i medici napoletani che hanno curato me e la mia famiglia più volte e lo hanno fatto molto bene. Sì li devo ringraziare e lo faccio anche qui».

Di lui dicono che sia un medico mancato.

«Dicono, dicono. Dicono anche che sono ipocondriaco. Ma quando mai. La verità è che appassionato di medicina lo sono. E spesso la sera per rilassarmi mi capita di leggere atti di convegni medici sulle più svariate malattie. Così negli anni un po’ di esperienza me la sono fatta e ho imparato anche a riconoscere qualche, diciamo così, affezione. Qualche diagnosi ad amici l’ho fatta e ci ho sempre azzeccato. Ma mai per scavalcare i loro medici curanti… e però evidentemente erano medici scadenti. Io dicevo ai miei amici: controlla questo, meglio se vedi quest’altra cosa, fatti queste analisi. Loro mi hanno ascoltato. Molti sono guariti, a tre ho salvato la vita. E non esagero. Si sono curati in tempo. E ancora oggi mi ringraziano, sapesse quanti regali a Natale».

Perché nonostante questa passione non ha fatto il medico?

«Perché mi impressiono facilmente. Il sangue non lo posso vedere. Sa perché mi sono innamorato della medicina? Per il dottor Gerardo D’Agostino, napoletano doc, oncologo che lavorava al Regina Elena. Era un amico di famiglia e curava un po’ tutti. Ti guardava, ti tastava e ti dava la diagnosi. Infallibile. Negli anni Sessanta e Settanta ne ha risolti tanti di problemi a casa Verdone, anche complicati. E io, diciassettenne mi innamorai di quella professione. Ah, lui era anche un po’ psicologo. In tre parole era capace di smontare le crisi che anche io avevo».

Spiega:

«Ricordo che la notte non riuscivo a dormire, era ansioso e molto. Lui mi guardò, mi diede delle pillole e poi mi disse: “prendine una la sera e un’altra quando serve. Ah ringrazia il cielo che sei ansioso”. E io: “perché”. “Perché altrimenti saresti una testa di cazzo come tanti altri”. E se ne andò. Io riuscii a dormire molto meglio».

 

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