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Bagni: «All’Inter stavo per dare un pugno al presidente Pellegrini. Il Napoli mi fece fuori in una notte»

Intervista ad Avvenire: «Fu una coltellata per me. Maradona e Napoli hanno vissuto in simbiosi, Diego fece una giornata di volo per i 18 anni di mia figlia»

Bagni: «All’Inter stavo per dare un pugno al presidente Pellegrini. Il Napoli mi fece fuori in una notte»
Db Milano 06/06/2011 - assemblea ordinaria Lega Calcio Serie A / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Salvatore Bagni

Il quotidiano Avvenire ha intervistato Salvatore Bagni autore del libro “Che vi siete persi…” scritto con Bruno Giordano. In questa intervista ripercorre la sua carriera, con passaggi ovviamente sul Napoli e su Maradona.

Parla dell’Inter, andò via Bersellini e arrivò Rino Marchesi

La mia fortuna. A Marchesi un giorno nel ritiro estivo gli venne l’idea di schierarmi mediano. «Ti va?», mi dice. Io accetto e di questo lo ringrazio ancora quando lo sento, ed è un piacere parlare con uno che di calcio ne sa tanto, ma soprattutto è sempre stato un uomo per bene, un saggio.

La presunta combine di Genoa- Inter.

C’hanno scritto pure un libro ( Non si fanno quelle cose a 5 minuti dalla fine!) – sorride – . Roba da matti, io so solo che su assist di Hansi Müller segnai il gol della vittoria, ma siccome non mi venne ad abbracciare nessuno dei miei compagni l’ufficio inchieste mi mandò a chiamare per interrogarmi. Mi chiesero: «Come mai signor Bagni?» A me caddero le braccia… come mai cosa, perché avevo fatto gol? Nella mia mentalità giocare significava provare a divertirmi e a vincere sempre, e io solo quello ho sempre cercato di fare.

La lite con Pellegrini neopresidente dell’Inter che subentrò a Fraizzoli. 

Avevo ancora due anni di contratto, ero felice all’Inter, ma a marzo dell’84 cambia la proprietà: Fraizzoli cede a Pellegrini, il quale si presenta con un avvertimento: «Bagni, d’ora in poi in campo deve cambiare atteggiamento».

Quando me lo ridisse per la decima volta allora gli risposi che se la pensava così potevano anche vendermi. Sandro Mazzola mi chiama in sede per rassicurarmi: «Salvatore dai, continua così, resta te stesso». Alla fine Pellegrinì tirò troppo la corda. Mi fece rientrare a Milano a fine campionato mentre ero a Cesenatico al capezzale di mia suocera malata – che poi morì quel luglio, a 56 anni – per comunicarmi: «Non volevo dirti niente: tu vieni in ritiro, stop. Altrimenti quest’ anno giochi nel giardino di casa mia».

Mi ripeté il concetto davanti a tutti mettendomi una mano sulla spalla. Diventai una furia e sbottai, alla mia maniera: «Presidente, se non mi toglie la mano da lì le do’ un pugno che la rispedisco nel suo ufficio ». Ero fuori di me…

Napoli. 

Io non serbo mai rancore per nessuno, Pellegrini è un gran signore e un grande imprenditore, ma con me ha sbagliato, perciò quando ricevetti la telefonata di Marchesi che allenava il Napoli gli risposi al volo: «Con lei Mister vengo a giocare da qualsiasi parte». Faccio notare che lasciavo una Inter da scudetto per un Napoli che lottava per non retrocedere.

È stato un dono reciproco, Maradona al Napoli e Napoli per Maradona. Chi sostiene che la città ha danneggiato il campione non sa quello che dice. Diego e Napoli hanno vissuto in simbiosi e per capire questa città bisogna averla vissuto come abbiamo fatto noi ai tempi. Per questo quando ognuno degli ex ragazzi del 1° scudetto torna, la gente di Napoli lo abbraccia come se non fosse mai partito.

La “Mano de Dios”.

Molti hanno dimenticato, ma per il Napoli Diego concesse il bis. Perdevamo 1-0 contro la Samp al San Paolo, cross di Renica e Diego si tuffa, non ci arriva e allora il colpo di genio: da rasoterra colpisce con il pugno messo davanti alla testa e fa gol. Nessuno se ne accorse. Diego nello spogliatoio ridendo ci confessò: «Ho segnato di mano». Ma non gli credevamo, pensavamo scherzasse. Era vero invece. Eppure ho rivisto cento volte il filmato e posso assicurare che oggi ingannerebbe anche il Var. Quella è stata la “Supermano de Dios”.

La sorpresa di Diego per il compleanno della figlia.

Il ragazzo più tenero, generoso e intelligente che abbia conosciuto nel mondo del calcio. E come me la pensano tutti quelli che hanno avuto la fortuna di giocare con Maradona. Diego non ti gratificava mai a parole, ma con i fatti. Custodisco 30 ore di girato con la telecamera del Diego ospite a casa mia con la sua famiglia. Per i 18 anni di mia figlia Alice, Diego si sobbarcò un giorno intero di volo pur di fargli una sorpresa… – sorride – . All’epoca mia figlia era fidanzata con un ragazzo napoletano che era arrivato a casa nostra con una ventina di amici: rido ancora se ripenso alla faccia che fecero quando Diego entrò e con il suo sorriso bello disse: «Buonasera, auguri Alice!».

L’epurazione.

Avevo giocato meglio che nella stagione dello scudetto e pur di esserci sempre mi sottoposi a 200 punture per un’infiammazione al ginocchio che mi faceva penare. Finito il campionato, la società nella notte si riunisce e ci chiama uno ad uno al San Paolo e chiede a tutti di firmare il rinnovo accettando che 4 di noi sarebbero stati «fatti fuori». E i quattro erano il sottoscritto, Giordano, Garella e Ferrario…

Ma il suo amico Diego non intervenne?

La dirigenza furbescamente aveva convinto Maradona ad andare in barca a Capri e quando Diego tornò a Napoli i giochi erano fatti. Per me fu una coltellata alle spalle: in un colpo solo avevo perso campionato, squadra e la Nazionale dove ero titolare da cinque anni.

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