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Puntuale come una tassa, arriva il patto scudetto dei giocatori del Napoli

Neanche la scaramanzia ferma un rito che è diventato un classico e che puntualmente si infrange contro gli scogli della realtà

Puntuale come una tassa, arriva il patto scudetto dei giocatori del Napoli

Ogni anno, solitamente ad aprile, ci tocca una via crucis o un “patto scudetto” (il secondo è spesso causa della prima). Un evento che ci propinano per assuefazione, e noi lo teniamo in conto perché fa parte d’un rito: senza preventivo patto non c’è scudetto. È una notizia precotta, scongelata al microonde dalle più scadenti cucine redazionali. Tenuta in pagina come un piccolo scoop, un’indiscrezione raccolta sul campo da chissà quale cameriere dalle orecchie acrobatiche. Un retro(s)cena.

Tra una genovese e una zuppa di cozze, i nostri eroi sanciscono il vincolo che li porterà alla vittoria finale. Cosa evidentemente prima non considerata come opzione praticabile. Ci sono le rivisitazioni a tema, è chiaro: il patto può essere Europa League, Champions, o salvezza. Con o senza canditi e uvetta. Magari quello salvezza da siglare all’aperitivo, meno impegnativo, più casual.

Come è fatto un patto scudetto? Ha un cerimoniale apposito o si improvvisa? Si cazzeggia un po’ e poi al pre-dessert si torna seriosi, sfoderando gli immancabili “occhi della tigre”? “Signori, qui si fa il campionato o si muore”. Fior fior di professionisti che per contratto hanno la capitalizzazione della massima prestazione come fine ultimo bisognano di un ulteriore incentivo: strette di mani “inzevate”, pacche sulle spalle al terzo calice di vino, l’arringa dell’allenatore, del presidente, di altra figura istituzionale che gli sbatta in faccia l’obiettivo ferale. Coi giornalisti embedded, che volteggiano sulla scena dai tavoli affianco, a prendere appunti, fare foto, raccogliere prove.

E’ artigianato della retorica, che resiste alle intemperie del tempo e alle 63 divise di gioco a scopo marketing. Cambia il mondo, modificano i regolamenti, ma a Pasqua, tra sepolcri e resurrezioni c’è il “patto scudetto”. Sta dalle parti dei campionati persi in albergo, che almeno sono più originali. E’ una tassa, il “patto scudetto”. Un’accisa, ecco.

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