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Gianni Bugno: «Fingevo di non essere un ciclista. Mi vergognavo dell’attenzione attorno a me»

Al CorSera: «Mai guardata una mia corsa in tv, mai letto un’intervista. Da ragazzino nascondevo trofei e fiori nei sacchi della spesa perché i vicini non li vedessero».

Gianni Bugno: «Fingevo di non essere un ciclista. Mi vergognavo dell’attenzione attorno a me»

Il Corriere della Sera intervista l’ex ciclista Gianni Bugno, due volte campione del mondo, ma nella sua carriera c’è anche un Giro d’Italia nel 1990, 4 tappe del Tour de France, un Giro delle Fiandre e una Milano-Sanremo. Eppure racconta di aver finto per gran parte della sua vita di non essere un ciclista.

«Fingevo di non essere un ciclista. Tu sei un camionista, mi dicevo quasi per sminuirmi. Mi vergognavo dell’attenzione attorno a me, temevo di risultare sbruffone. Mai guardata una mia corsa in tv, mai letto un articolo o un’intervista. Quando rivedo un filmato mi tappo le orecchie: odio la mia voce».

È sempre stato così.

«Da ragazzino nascondevo trofei e fiori nei sacchi della spesa perché i vicini non li vedessero. Timidissimo, mi chiedo come ho fatto a diventare Bugno prima e pilota poi».

Ma in bici si trasformava, racconta.

«Come i supereroi».

Ad un certo punto Bugno ha deciso di diventare pilota.

«Mi affascinava l’elicottero della Rai e dopo il Mondiale del 1992 ho cominciato a studiare. Primo volo nel 1995, pilota privato nel 1998, commerciale dal 2001».

Ha trasportato passeggeri, fatto dirette tv, servizio in montagna e tanto elisoccorso. Ma dal 2020 non vola più.

«Il 27 aprile 2020 a Latina ho avuto un mancamento smontando di turno. I miei medici dicono che il malore è stato una conseguenza del Covid e non si ripeterà. L’Enac però non mi riabilita e non posso volare».

Gli manca il suo aereo, ma pensa al futuro e indica anche cosa gli piacerebbe fare.

«Magari aiutare i tanti atleti che vedono buio dopo la fine della carriera. È un problema serio. Vorrei insegnare loro che il futuro va costruito con umiltà e tanto studio e che dopo lo sport ci può essere un futuro diverso e avvincente».

L’unico suo desiderio è lavorare. Del resto, non ha una famiglia a cui dedicarsi.

«Quale? Ho due figli — bravi e autonomi —, un nipote, due ex mogli, ex compagne. Sono in buoni rapporti con tutti ma nelle separazioni ho colpe: troppo assente per essere un buon partner. Sono uscito di casa quarant’anni fa e non sono ancora tornato. Voglio lavorare».

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