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Alcaraz: «Senza la psicologa non sarei dove sono. Mi aiuta a controllare le emozioni, è molto importante»

A La Razòn: «Vorrei curare di più i dettagli fuori dal campo. Tutto conta, per giocare bene. Guardo tanto tennis. Per imparare e non farmi cogliere di sorpresa dagli avversari»

Alcaraz: «Senza la psicologa non sarei dove sono. Mi aiuta a controllare le emozioni, è molto importante»

La Razòn intervista Carlos Alcaraz. Ha iniziato il 2021 al 141° posto nel mondo, ora è 32°, ha vinto l’ATP 250 di Umago, ha battuto tre “top 10”, tra cui Tsitsipas nel terzo turno degli US Open. Ha avuto i complimenti di Djokovic e Nadal. Stava per giocare la Coppa Davis ma non ha potuto perché contagiato dal Covid. Ora è già tornato ad allenarsi.

«Mi sto già allenando, mi sono fermato a malapena per qualche giorno. Uno dei miei obiettivi per il 2022 è cercare di finire tra i primi 15».

Qual è il tuo primo ricordo con una racchetta?

«Giocare… Allenarmi. Ricordo che avevo un gruppo di amici al Country Club con cui mi sono divertito molto, avrò avuto cinque o sei anni. Mio padre era un allenatore ed era il direttore del mio club, ma non mi allenavo con lui. Alcune domeniche che l’ho beccato a casa gli ho chiesto di allenarmi un po’, ma di solito non lo faceva».

Come sono stati quegli anni?

«Ero un ragazzo competitivo, mi piaceva competere sempre e a sette, otto o nove anni già iniziavo a competere nei tornei per la Murcia e mi ci portavano mia madre o mio padre, chi tra loro poteva».

E su chi si concentrava?

«Ricordo di aver cercato di vedere tutti. Mi sono piaciuti molto Federer e Djokovic, ma mi sono sempre concentrato su Rafa».

Continua a guardare un sacco di tennis: dicono che guarda anche le partite a colazione su Youtube…

«Sì. Cerco di guardare un sacco di tennis. Ogni partita che c’è e posso vedere, cerco di guardarla. O i riassunti su Youtube. È anche vero che seguo molto i risultati. Mi piace guardare, perché guardando imparo e alla fine ogni partita che guardo so che forse un giorno giocherò contro quel giocatore e non mi coglierà più di sorpresa».

In cosa pensi di poter migliorare?

«Ovviamente ho molte cose da migliorare, ma alla fine vorrei curare meglio i dettagli fuori dal campo. Quando vuoi fare un salto al meglio del meglio, devi fare cose diverse dagli altri, prenderti cura dei dettagli, riposare bene, mangiare bene, essere in ordine… Tutto, fuori dal campo, conta, per poi giocare bene o stare meglio in campo».

E l’allenamento mentale?

«Lavoro con una psicologa, con Isabel Balaguer, e la verità è che mi sta aiutando molto da un paio d’anni. Non credo che senza di lei potrei essere dove sono. Mi aiuta molto a controllarmi in campo, a controllare le emozioni, che è super importante. È uno sport in cui devi sapere che fallirai, che perderai, e devi imparare da quei fallimenti e quegli errori in modo che la prossima volta non li ripeterai di nuovo e farai meglio».

 

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