Al CorSera: «Sono divorziata e non voglio fare la comunione. Ma una volta a Miami ammetto di averla fatta, sperando che nessuno mi riconoscesse»

Il Corriere della Sera intervista Simona Ventura. Racconta, tra le altre cose, come ha fatto a conciliare famiglia e lavoro.
«Intanto ho avuto la fortuna di avere i miei genitori e molte persone che mi hanno aiutata. In primis la tata Lulù, ecuadoregna, che mi ha supportata per tredici anni: 13 di Nic, 11 di Giacomo e 6 di Caterina. Ho cominciato a lavorare nel ‘94, ma ho avuto il grande exploit nell’intrattenimento dal 2000 al 2010: anni d’oro dal punto di vista lavorativo, ma complicati per la famiglia. E agrodolci, sull’ottovolante: nel 2004 mi sono separata… Continuare a crescere i miei figli da madre single non è stato facile, qualcosa sul campo ho lasciato. Però sono sempre stata molto presente con loro: mi alzavo la mattina a portarli a scuola, non mancavo mai a una recita, a un incontro con gli insegnanti. Ero una specie di caterpillar: la disciplina me l’ha insegnata mio padre militare, lo stacanovismo l’ho ereditato da lui».
Dice di avere sempre avuto paura prima della diretta:
«Sì, assolutamente. Il primo minuto me lo sono sempre imparato a memoria poiché il cuore mi batteva all’impazzata e non mi ricordavo più nulla».
Ha un piccolo rito scaramantico:
«Se mi cade la cartellina la sbatto tre volte per terra e sputo tre volte sul copione. Questo non andrebbe bene con il Covid…».
L’ultima volta che ha pianto?
«A Venezia. Non mi aspettavo tutti quegli applausi per il mio documentario Le 7 giornate di Bergamo. Alla fine, con la canzone di Tricarico, io piango sempre».
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La Ventura è molto credente, tanto da non fare la comunione perché divorziata, per rispetto.
«No, sono divorziata e non voglio farla a dispetto del Papa. Ma una volta a Miami ammetto di averla fatta, sperando che nessuno mi riconoscesse. Era il 25 dicembre e a sorpresa cantò anche Andrea Bocelli».