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Ponte Morandi, i pm: «Nessun rinforzo in 51 anni. Aspi risparmiava per spartirsi gli utili»

Il rischio che i tiranti si corrodessero era già noto nel 1975, dopo solo 8 anni dall’inaugurazione. Dal 2016 l’assicurazione sul crollo salì da 100 a 300 milioni

Ponte Morandi, i pm: «Nessun rinforzo in 51 anni. Aspi risparmiava per spartirsi gli utili»

Il ponte Morandi è crollato perché in 50 anni nessuno ha effettuato gli interventi di manutenzione necessari. Perché sarebbe costato troppo. E quei soldi i dirigenti di Autostrade preferivano spartirseli. Lo scrivono il procuratore aggiunto Paolo D’Ovidio e i sostituti Massimo Terrile e Walter Cotugno nell’avviso di conclusione dell’indagine preliminare inviato a 69 persone fra dirigenti e tecnici di Autostrade per l’Italia e Spea Engineering e del Ministero delle Infrastrutture. Sono accusati a vario titolo di essere responsabili della strage del 14 agosto 2018, che uccise 43 persone. Gli addebiti vanno dall’omicidio stradale plurimo, al crollo doloso, al falso, all’attentato alla sicurezza dei trasporti. Il Secolo XIX ricostruisce le parole degli inquirenti.

I pm scrivono:

«Tra il battesimo del 1967 e il crollo, per ben 51 anni, non era stato eseguito il minimo rinforzo sugli stralli del pilone numero 9. E, nei 36 anni e 8 mesi intercorsi fra il 1982 e il disastro, gli interventi strutturali compiuti sul viadotto Polcevera avevano avuto un costo complessivo di 24.578.604 euro. Di questi, 24.090.476 (cioè il 98,01%) erano stati spesi dal concessionario pubblico e solo 488.128 euro (cioè l’1,99%) dal concessionario privato. La spesa media annua del pubblico era stata di 1.338.359 euro (3.665 al giorno), quella del privato di 26.149 (71 euro al giorno), con un decremento pari al 98,05%. La situazione non era giustificabile, per il medesimo gestore privato, con l’insufficienza delle risorse finanziarie, dal momento che aveva chiuso tutti i bilanci dal 1999 al 2005 in forte attivo, con utili compresi tra 220 e 528 milioni circa, e che tra il 2006 e il 2017 l’ammontare degli utili conseguiti da Aspi è variato tra un minimo di 586 e un massimo di 969 milioni, distribuiti agli azionisti in una percentuale media attorno all’80% e sino al 100%».

I magistrati sottolineano la responsabilità dell’ex amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci.

«Poneva in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti e cagionava, non impedendolo, il crollo della pila 9 e del collegato tratto autostradale di circa 240 metri, dovuto alla rottura per corrosione dei cavi portanti all’interno dello strallo lato mare/Genova, nel tratto terminale di collegamento alla sommità dell’antenna, e in conseguenza del quale trovavano la morte 43 persone».

Il rischio che i tiranti si corrodessero era già noto nel 1975, soltanto otto anni dopo l’inaugurazione del ponte. Tanto che il premio assicurativo per l’eventuale scempio era via via lievitato, “con un incremento esponenziale da 100 a 300 milioni a partire dal 2016“.

 

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