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Maradona e la geopolitica del numero 10

Menem inizialmente provò a sfruttarlo. Dopo il Mondiale del 94, l’accelerazione terzomondista di Diego che si trasforma in leader politico

Maradona e la geopolitica del numero 10

Alla vigilia di Italia-Argentina a Napoli, semifinale dei mondiali ’90, quelli delle “Notti Magiche”, mi sono accorto che Lui si interessava di politica.

Le Mòire avevano provocato una duplice beffa di crudeltà sopraffina. L’eliminazione della Jugoslavia, all’ultimo rigore e la sua futura condanna alla disgregazione violenta (mi piace credere che la Jugoslavia, in caso di vittoria in quel mondiale, sarebbe sopravvissuta), aveva partorito la semifinale Italia-Argentina, a Napoli. Metamorfosi esiziale del simpatico derby di Milano, tra Olanda e Germania, con i tre tedeschi e i tre olandesi contro, a casa loro, S. Siro.

Era la sera del 2 luglio 1990, ascoltavo distrattamente il TG1 delle 20.00 e a un certo punto sentii LUI, intervistato sulla partita dell’indomani, diceva più o meno così:” Napoletani, vi insultano 364 giorni l’anno, domani vogliono che tifiate Italia. Pensateci”.

Ecco; Lui aveva rotto un’interdizione pressoché assoluta. Aveva osato denunciare un fatto, spiacevole e continuativo che nessun organo di informazione, né Istituzioni calcistiche e pubbliche volevano segnalare. Attenzione, a settembre 1989 durante Verona – Napoli si erano sentite cose impossibili, ampiamente giustificate dal magutt mancato Bagnoli; è cambiato qualcosa 30 anni dopo?

Prima del N.10, in Italia c’era stato solo Paolo Sollier, piemontese diventato conosciuto nel Perugia di fine anni ’70, modesto compagno di reparto di Paolo Rossi, autore di “Calci, sputi e colpi di testa”. (Dopo, solo le appartenenze dichiarate e contrapposte di Paolo Di Canio e Cristiano Lucarelli che ricordiamo con piacere anche nel Napoli, meritori per la reciproca stima intercorrente tra i due nella logica di essere avversari e non nemici). In Europa, era noto il caso di Paul Breitner per le sue simpatie maoiste e aveva suscitato formidabile sorpresa la preferenza di Johann Cruijff nel 1973 verso il Barcellona, perché riteneva correttamente il Real la squadra del potere (il Real aveva cercato Giovannino), legata a Franco (nel 1975 è finito il franchismo, non il legame con il potere dei blancos…).

La frase richiese approfondimenti successivi. Qualche mese dopo, da fonti in spagnolo, appresi di una Sua visita a Cuba già nel 1988, in cui l’incontro cordiale e intenso con il Lider Maximo (entrambi scomparsi il 25 novembre!!!), aveva generato un contatto permanente, destinato a durare. Più tardi, solo in spagnolo, perché ormai non più a Napoli, ancora letture di frequenti dichiarazioni molto critiche verso la presidenza di Carlos Meném, che all’inizio LO sfruttò per l’immagine di patria, salvo poi accettare la vulgata ufficiale del ragazzo ribelle immaturo che trova conforto nei narcotici.

E poi, dopo la sua espulsione dai mondiali 1994, il climax ascendente di una presenza, se non proprio un impegno, a supporto delle emergenti sinistre sudamericane, culminato nei primi anni del millennio con le amicizie esibite con il comandante Chavez, Evo Morales, Rafael Correa, perfino Lula, che in quanto brasiliano era o poteva essere un nemico naturale.

Tutto questo mantenendo rapporti non amichevoli con i vertici presidenziali argentini, quando di espressione peronista, pessimi con il calabrese Macrì, più o meno di centro destra, presidente non solo dell’Argentina, ma anche del Boca Juniors (Macrì, da Polistena, Reggio Calabria, quando nel 1989 rinunciò alla cittadinanza italiana perse anche l’accento).

Non è una casualità che la politicizzazione del N. 10 avvenga nella seconda parte della sua carriera agonistica (non ne abbiamo tracce nei 700 giorni di Barcellona, ma neppure nei primi anni a Napoli) e decolli al termine della stessa, come anche la conflittualità con il peronismo ufficiale e il riconoscimento delle diversità intercorrenti tra il Mezzogiorno e altre aree d’Italia.

Se rimaniamo in Argentina, nel decennio dei due mandati di Meném, 1989 – 1999 sotto l’egida del peronismo, si compiono molte operazioni politiche ed economiche, in particolare privatizzazioni, che introducono l’Argentina nel club del G20 e le permettono di associarsi ancora più strettamente agli USA. Di più; agli argentini si fece credere (ma solo credere!), di appartenere all’élite mondiale, rinforzando il già tradizionale loro manifesto senso di superiorità nei confronti del resto del Sudamerica, riassunto nella frase “l’argentino non tiene hambre”. Il piemontese Domingo Cavallo, giudicato il miglior ministro dell’economia del tempo – sarà richiesto più tardi dalla Città del Vaticano per risolvere qualche problemuccio con il Tesoro di quello stato – compie lo spregiudicato aggancio valutario al dollaro, che nel 2000 farà esplodere come la ranocchia della favola di Fedro tutto il sistema. 

Non è inutile ricordare nelle scelte argentine in quei dieci anni la partecipazione attiva con uomini e mezzi alla prima guerra del golfo, meritando a Meném l’onore di giocare a golf con Bush 1° e più interessante, perfino divertente, l’apertura nel 1995 del primo stabilimento produttivo in Argentina di una nota industria metalmeccanica torinese. Anche qui la memoria suggerisce che, il nostro ministro degli esteri dell’epoca era un importante componente della famiglia torinese che deteneva la maggioranza dell’azionariato e tra l’altro anche una celebre squadra di calcio, molto vincente in Italia (purtroppo), molto perdente in Europa (grande soddisfazione).

Ma il fatto che spinge il D10S verso gli approdi della sinistra terzomondista è l’accadimento ai mondiali 1994; impossibile contestare la verità della biochimica, altrettanto impossibile non porsi domande sulla dirigenza della FIFA dell’epoca e delle relazioni intercorrenti con alcuni giganti dei mezzi di informazione e dell’industria di abbigliamento sportivo. Curioso però che pure dopo il 1994, la FIFA non sembri essere (stato) un sinedrio di galantuomini, di cui alcuni anche ex campioni del futbòl, ma con la maglia della squadra della ministressa degli esteri del 1995…

Così D10S si trasforma in un Personaggio anche politico, divenendo un leader morale per l’autonomia politica ed economica dell’America Latina, conculcata e vessata da interessi esterni (non solo americani), con un’appartenenza naturale alla sinistra terzomondista e latino-americana, costantemente incompreso e forse perfino disprezzato da quella europea, perché già dalla fine degli anni ’90 più a suo agio nei salotti che nelle piazze.

In questa scelta di campo, è sempre vivo il ricordo di quanto visto, sentito, vissuto in Italia e il riconoscimento delle differenze tra il mondo napoletano e quello del nord, di situazioni sociali conosciute a Napoli simili alle villas bonairensi, incluse le frequentazioni pericolose sviluppate che avrebbe avuto anche a Buenos Aires se vi fosse rimasto (di quelle ne parla Icardi nel suo capolavoro letterario! Se avesse scritto Insigne quelle cose, quanti secoli di squalifica avrebbe ricevuto?).

Nella Sua rivendicazione dei torti subiti dai Napoletani c’era soprattutto la diegesi di come gli Argentini interpretassero il calcio italiano (molto seguito da sempre), in cui la semplificazione che i soldi del nord, rendevano possibile la costante affermazione delle loro squadre, riempiva le Sue conoscenze già prima di venire in Italia.

Troppo facile ricordare che era “pagato per dare calci al pallone”, sarebbe la legalizzazione che i calciatori non possono fare altro, salvo non decidano di mettersi a disposizione dell’establishment di cui comunque, grazie ai privilegi economici ed esposizione ai mezzi di informazione fanno parte, almeno per una parte della loro vita.

Come tifoso del Napoli, permane rincrescimento per l’idea di ADL non realizzata, di nominarlo Ambasciatore del Napoli nel mondo. La rinuncia a un successo certo, almeno fuori d’Europa (davvero? https://www.elysee.fr/emmanuel-macron/2020/11/25/scomparsa-di-diego-maradona.it.), ha certamente spiegazioni, ma ahimè non le so, salvo la difficoltà a gestirLO (ma Ottavio Bianchi ci riuscì splendidamente) e l’indisponibilità di ADL ad accettare ombre nel suo regno.

Svetonio, non il massimo nella letteratura Latina, ma comunque uno da conoscere scrisse: “I miti non accaddero mai, ma sono sempre”. È in errore; il D10S è avvenuto ed ha giocato nel Napoli.

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