Il tennis si scopre no-vax. Il Telegraph: «Crescono in bolle, sono egoisti e ignoranti»

Molti giocatori si dicono contrari al vaccino. "Però si lamentano della loro vita e denigrano l'unica soluzione. Una contraddizione infantile"

Djokovic

E’ passato meno di un anno, da quando potevamo prenderci gioco delle posizioni no-vax (e di altre corbellerie naif) di Djokovic. Lo chiamammo Novax Djocovid, per quelle uscite che poi lo avrebbero nei mesi successivi a gestire persino un focolaio da lui provocato (il torneo amichevole in Serbia che contagiò decine tra giocatori e staff). Quasi un anno dopo scopriamo che i tennisti sono quasi tutti un po’ Novax Djocovid.

Sul Telegraph Simon Briggs riprende una polemica innescata dalle reiterate domande nella sala stampa del torneo di Miami dal giornalista del New York Times Ben Rothenberg, non nuovo a inchieste del genere. A domanda precisa (“te lo faresti il vaccino? Te lo farai?”) i giocatori, la maggior parte, si sono ritratti.  Stessa polemica anche sul Guardian.

La numero 2 al mondo Naomi Osaka ha detto: “Ho intenzione di farmelo appena avrò i requisiti”. Ma Andrey Rublev ed Elina Svitolina hanno entrambi sottolineato che non c’è alcun vantaggio per loro nel farsi il vaccino, in quanto non li salverebbe comunque da future bolle e quarantene. Nel frattempo Aryna Sabalenka ha blaterato qualcosa su eventuali danni al codice genetico.

Diego Schwartzman ha chiosato: “Non è una tradizione nella mia famiglia farsi vaccinare”, prima di tornare sui propri passi e incolpare il suo inglese per il malinteso.

Il punto, scrive il Telegraph, è che “è vero che il tennis ha sofferto più di ogni altro grande sport, perché è totalmente globale – molto più del golf, per esempio – e quindi dipendente dai viaggi internazionali. Ma poi i giocatori ci ricordano quanto sono fuori dal mondo, e quanto siano incredibilmente egoisti in realtà”.

Ci sono delle attenuanti di contesto. “Gli atleti in generale sono straordinariamente paranoici su ciò che assumono. In effetti, viene insegnato loro a essere così dall’Agenzia mondiale antidoping. Quindi, in un momento in cui la Germania ha sospeso le iniezioni di AstraZeneca per i minori di 60 anni per paura di coaguli di sangue, si può perdonarli per la sensazione di nervosismo. Ma poi guardi di nuovo le loro risposte e i coaguli di sangue non compaiono. Parlano di una mancanza di vantaggio personale. Per i giovani in buona salute le vaccinazioni non li riguardano. E non sanno che riguardano le persone vulnerabili che potresti infettare involontariamente. Da una prospettiva pragmatica, è probabile che l’esperienza di contrarre effettivamente il virus sia così banale, per loro, che farebbero meglio a prenderselo per strada. Ciò che questa posizione ignora è che l’infezione li rende un pericolo per la salute pubblica”.

E poi c’è un altro aspetto, una sorta di mito da sfatare: il tennista non è diverso da altri atleti, tipo i calciatori. Non è meno ignorante. Le affermazioni di Sabalenka in particolare per il Telegraph “suonano come una teoria incompleta trovata su Internet. Si adattano al modello di creduloneria esibito da Novak Djokovic, il primo scettico sui vaccini del tennis”.

“Potremmo indicare un diverso tipo di contagio: quello di idee fasulle, pseudo-scientifiche. Il tennis si trova ancora una volta particolarmente vulnerabile, questa volta alla disinformazione. I giocatori sono giovani atleti testardi che gestiscono la propria mini-squadra di allenatori, fisioterapisti e preparatori atletici. È difficile per il loro staff di supporto guidarli quando fanno tutti i soldi. Sì, potresti dire lo stesso dei giocatori di golf. Ma i giocatori di tennis tendono a lasciare la scuola prima, spesso prima della pubertà, e quindi hanno pochissima istruzione formale”.

Nadal è un marziano, in questo ambiente. “Nadal è un anziano statista estremamente rispettato. Ma i suoi colleghi hanno meno esperienza di vita, perché molti hanno trascorso l’intera vita in un’altra sorta di bolla: quella fornita dal loro agente o allenatore. Ma anche così, hanno avuto un anno per considerare le implicazioni della pandemia. E ora sono passati dal lamentarsi delle loro sofferenze personali a denigrare l’unica soluzione. Una infantile contraddizione”.

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