Elmar Sprink ha avuto un trapianto cardiaco nel 2012, ed è tornato a fare quello che faceva prima: corsa, nuoto, trail, mountain bike, alpinismo, snowboard, sci e surf

Elmar Sprink è considerata l’uomo trapiantato di cuore più in forma al mondo. Un vero ironman. Triatleta, trail runner, mountain biker, alpinista, snowboarder, sciatore e surfista. Da 9 anni fa tutte queste cose, in maniera agonistica, con un cuore nuovo che gli ha salvato la vita l’8 giugno del 2012. La sua storia la racconta anche lo Spiegel.
Due anni prima, un pomeriggio del luglio 2010, Elmar Sprink è crollato sul divano di casa sua, senza preavviso e senza motivo apparente. Un attacco di cuore. Il fatto che sia arrivato al trapianto è il suo primo colpo di fortuna: in Germania c’è una grave carenza di organi, un candidato su tre muore prima che venga trovato un cuore adatto.
Due giorni dopo l’operazione, Elmar si sveglia e torna in vita. A tre settimane dal trapianto festeggia riesce a percorrere 400 metri senza aiuto, in mezz’ora. Dopo 197 giorni viene dimesso, un mese dopo accumula massa muscolare, pedalando su una bici da corsa.
Prima dell’arresto cardiaco, nuotava per 3,8 chilometri, percorreva 180 chilometri in bici e alla fine correva una maratona. Ironman, non è una definizione a caso. Il suo miglior tempo all’epoca era di poco più di dieci ore.
“L’esperienza da atleta mi ha aiutato molto”, dice. “Perché gli atleti imparano a fissare un obiettivo e a perseguirlo in modo coerente. Volevo indietro la mia vita. Lo sport non era solo un incentivo, ma anche il mio veicolo”.
Alla fine di dicembre 2012 torna a correre, per meno di 700 metri. A Pasqua 2013 partecipa alla sua prima gara, 10 chilometri a Paderborn. Taglia il traguardo in 58 minuti.
Nel 2014 va alle Hawaii, e partecipa all’Ironman World Championship. In molti lo considerano un mezzo pazzo. “Un medico mi ha anche detto una volta che ero un potenziale suicida”.
Ma no: non è incurante della sua nuova vita. Come tutti i pazienti trapiantati deve assumere farmaci ogni giorno per evitare che il suo nuovo organo venga rigettato dal suo corpo. Questo indebolisce il suo sistema immunitario e deve essere estremamente attento all’igiene. La routine da pandemia per lui è una cosa normale da anni: tenersi a distanza, lavarsi le mani, usare disinfettanti.
Eppure, nonostante tutte le precauzioni, ha preso il Covid. In un modo subdolo.
Di ritorno dalla Cape Epic in Sud Africa accusa solo quale problema a tenere il passo del suo compagno di allenamento. La tecnologia lo salva: l’analisi del sonno dell’orologio da polso riporta dati insoliti. Solo dopo, quando non riusce a sentire l’odore delle cipolle mentre le taglia, suona l’allarme.
“Gli atleti devono prendersi cura di se stessi e sottoporsi a test più spesso degli altri, in caso di dubbio. Perché il problema, dice , sono gli effetti a lungo termine: “Hai il virus, non necessariamente te ne accorgi e ti alleni normalmente. I medici prestazionisti che lo seguono hanno osservato un drastico aumento dell’infiammazione del muscolo cardiaco, dice Sprink. “Alcuni potrebbero tornate ad allenarsi troppo presto, o esagerare quando non sanno nemmeno di avere il virus. Questo può porre fine ad una carriera, o alla vita”.