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Quanto ci manca la “Stadium Art”: le curve erano vere e proprie installazioni artistiche

Su Avvenire una pagina dedicata al valore artistico dei fenomeni del tifo: cori e coreografie, colori ed emozioni, un mondo che si sta perdendo negli stadi vuoti

Quanto ci manca la “Stadium Art”: le curve erano vere e proprie installazioni artistiche
foto Hermann

Tifosi, tamburi, sciarpe, bandiere, la voce e le coreografie, l’emozione, il colore e la fantasia. Tutto in una curva. Anzi, la Curva con la C maiuscola. E’ la “Stadium Art”, cui oggi Avvenire dedica una pagina. Stiamo dimenticando cosa fosse quello lo stadio, abituandoci a vederlo sempre vuoto. Ma non l’avevamo mai considerato dal punto di vista della comunicazione artistica.

Come la Street Art o la Pop art – scrive Avvenire –  strumenti utilizzati per comunicare sentimenti ed emozioni che vanno oltre le motivazioni diversamente politiche o anarchiche dei movimenti artistici popolari, nel calcio è il desiderio di manifestare il proprio legame con una squadra, una città, un ambiente. Per sintetizzare: appartenenza”.

“La Curva (esasperazioni a parte) è uno dei palcoscenici più belli del mondo del calcio, per chi vive e conosce le emozioni che regala questo sport”.

Da manifestazioni estemporanee, “nate sul momento e intonate e curate principalmente da una parte dello stadio, un po’ alla rinfusa”, nascono i primi gruppi organizzati nel dopoguerra: il 13 novembre 1950 viene fondata l’Associazione Tifosi Giallorossi. Contemporaneamente ecco i Moschettieri Inter sempre nel 1950, i Fedelissimi Torino nel 1951, successivamente nel 1963 i Viola Club Viesseux a Firenze.

Cambia tutto nel 1968. La rivoluzione dei «movimenti» di massa. Il 9 gennaio 1977 a Roma nasce il CUCS, Commando Ultrà Curva Sud. “E’ la molla che permette alla «Stadium art» di dare nuovi slanci alla vita del tifoso”, scrive Avvenire.

“Negli stadi germoglia un nuovo modo di scandire la partita. Cominciano a risuonare brani lanciati e resi popolari da grandi artisti e che poi si trasformano nella colonna sonora delle tifoserie. Gli ultrà, sono loro gli attori protagonisti”.

“I poeti da stadio inventano cori, inventano e realizzano coreografie, si incontrano per dare corpo al loro progetto-identificazione. Migliaia di persone, legate alla squadra simbolo, riescono a oltrepassare la realtà di gruppo per arrivare al concetto di unità-emozione: è la sublimazione di un collettivo che diventa «singolo». Non ci sono intendimenti rivoltosi né tantomeno anarchici”.

“Necessario il lampo di genio, per l’idea della coreografia da realizzare. I tifosi si mobilitano: «Per la partitissima facciamo…». È come una magia, si mette in moto la macchina organizzativa”.

“Ma la Stadium Art, oggi purtroppo ha un nemico subdolo e sfuggente, è quasi un incubo”: il virus. E quegli stadi vuoti che ci fanno dimenticare quanto lo stadio fosse anche una forma artistica.

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