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Zoff Ripari (o Monticolo) Pogliana Zurlini Panzanato Bianchi: il bunker del Napoli 1970-71

Non prese gol in 18 gare, miglior difesa del torneo con 17 reti (più 2 a tavolino). Zurlini abbatteva gli avversari con la mossa, Zoff si allenava fino a sera

Zoff Ripari (o Monticolo) Pogliana Zurlini Panzanato Bianchi: il bunker del Napoli 1970-71

RACCONTI  DI UN ALTRO CALCIO – In prosa e in versi azzardati il calcio che rinacque nel dopoguerra. Ricordi, personaggi, aneddoti, avventure.

Sono stati gli amici carissimi degli anni miei verdi e azzurri. Un monumento di portiere, cinque difensori, un mediano. Nel calcio semplice degli anni Settanta.

Fu nel campionato 1970-71, in serie A. Il Napoli ebbe la migliore difesa della sua storia: Zoff; Ripari, Pogliana; Zurlini, Panzanato, Bianchi, con 14 presenze di Monticolo al posto di Ripari. Quella difesa incassò 17 reti in 30 partite. Negli almanacchi, i gol al passivo sono 19 perché il Napoli perse 0-2 a tavolino la gara col Milan che, sul campo, s’era conclusa 1-0 per i rossoneri.

La super-difesa azzurra non prese gol in 18 gare (Zoff rimase imbattuto nelle prime sei partite). La bucarono Jair (Inter), Rampanti (Torino), Combin (Milan), Nuti (Varese), Riva (Cagliari), Fogli (Catania), Boninsegna (Inter) due volte, una su rigore, e i romanisti Del Sol, Liguori, Cappellini e Salvori. Una volta Zoff fu beffato da un autogol di Zurlini. Una sola sbandata, l’1-4 di Torino con la Juve (gol di Causio, Anastasi, Bettega e Furino).

Dino Zoff era un portiere severo, essenziale, mai spettacolare, un friulano di poche parole. Era costato al Mantova 30 milioni nel 1963 dopo che aveva giocato due anni a Udine. Il Napoli lo prese dal Mantova per 120 milioni dando anche il portiere Bandoni.

Debuttò al “San Paolo” in un’amichevole contro l’Independiente con parate prodigiose. Fu battezzato “Nembo Kid”. Da ragazzo aveva aiutato il padre Mario a governare una campagna e cinque mucche. Il suo idolo era il portiere inglese Gordon Banks.

Al San Paolo, Zoff si allenava sino a tarda sera. Aveva bisogno di lavorare tanto per due motivi. Uno era perché il fisico non lo tradisse mai (gli piacevano i dolci). L’altro motivo era che il suo vero mestiere era la fatica. “Con le mani che ho, se non avessi fatto il portiere di calcio, avrei fatto il contadino. Avrei potuto fare anche il motorista. Mi sono sempre piaciute le mani sporche di grasso che frugano nei cuori delle macchine. Ho lavorato in una officina, a Mariano, il mio paese. Lavoravo per trentamila lire al mese, per il resto mi buttavo nel calcio. Mangiavo più mele che il resto. Non c’era tanto da scialare a quei tempi”.

Panzanato e Zurlini furono gli irriducibili paladini di quel bunker. Zurlini era il più alto (1,82), ma Panzanato gli stava a spalla. Mario Zurlini (nato a Parma nel 1942) giunse al Napoli a 22 anni. Aveva giocato stopper due stagioni in B col Parma. Allegro, estroverso, con un futuro senza preoccupazioni dopo avere sposato una ragazza che era tra i migliori “partiti” di Parma. Raccontava: “Mia moglie è avvocato e sugli inviti di nozze questa fu la sua qualifica. A me voleva mettere stopper”. Con l’arrivo di Panzanato nello stesso anno (1964), Zurlini fu inventato libero da Pesaola. Alla seconda stagione azzurra rimase fermo due mesi, colpito dall’epatite, inchiodato a letto con febbre alta. Credette di morire.

Zurlini e Panzanato giocarono lo stesso numero di partite, 197. Zurlini, quando veniva a trovarsi solo con l’avversario sfuggito agli altri difensori, si disinteressava della palla e con un colpo d’anca buttava giù l’attaccante. Era la sua “mossa” come il celebre colpo d’anca delle ballerine del cafè chantant. Un incidente stradale ne interruppe la carriera, a 32 anni. Il Napoli aveva giocato a Cesena (1-1) e Zurlini volle rientrare in auto coi dirigenti Russo, Guerra e Capobianco. In una notte piovosa, la macchina sbandò sull’Autosole all’altezza di Colleferro. Guerra e Capobianco persero la vita, Russo rimase gravemente ferito, Zurlini se la cavò meglio. Era l’1 aprile 1974.

Dino Panzanato, detto Titta, nato a Favero Veneto, classe 1938, arrivò al Napoli a 26 anni e vi rimase fino ai 35. Dal Vicenza era passato all’Inter, dove era chiuso da Guarneri. Pesaola lo convinse a trasferirsi a Napoli e a Napoli si sposò nella chiesa di Sant’Antonio a Posillipo. Nacquero i gemelli Elena e Cristiano. È venuto a mancare l’anno scorso, a 81 anni.

In quel tempo lontano, Pierluigi Ronzon di Gemona del Friuli era un mio coetaneo, classe 1934. Ci vedevamo al Parco della Rimembranza dove ogni mattina faceva due ore di corse. Poi mi invitava in un bar a bere una China Martini. Aveva giocato mezz’ala nel Milan, Pesaola lo inventò libero invitandolo a uscire dall’area palla al piede. Nessuno sapeva trattare il pallone come lui.

Il vicentino Tonino Girardo era cresciuto con Rivera nell’Alessandria e arrivò a Napoli a 23 anni. Memorabili i duelli proprio con Rivera. All’inizio della partita parlottava col golden-boy del Milan. Poi, si vedeva Rivera girare al largo. Pare che Girardo gli dicesse: “Io non voglio farti male, ma tu sei troppo bravo e io no,  può capitarmi di entrare tardi sui tuoi piedi e colpirti”. Girardo era un mastino dal volto gentile, mascella quadrata, lineamenti regolari, capelli corti, pupillo del massaggiatore Michelangelo Beato.

Gianni Corelli, ferrarese, classe 1937, alto e magro, arrivò al Napoli dalla Spal nel campionato 1961-62 con la squadra in serie B. Giocava mediano e fu subito un protagonista. Aveva un tiro secco e forte dalla distanza ed era un gran corridore per tutto il campo.

A Verona, ultima giornata, segnò la rete dell’1-0 (passaggio di Fraschini e gol di testa) che riportò il Napoli in serie A. Nella Coppa Italia, decisivi furono due gol. Quello sul campo della Roma (1-0), che assicurò al Napoli il passaggio alle semifinali, e il gol che aprì le marcature nella finalissima con la Spal (2-1), un crudele ex. Segnò, a San Siro, nella sorprendente vittoria sul Milan (1-0) che schierava Ghezzi, Trapattoni, Maldini, Radice, Altafini, Rivera e l’ex azzurro Del Vecchio. La partita ebbe uno strascico. Forse gli azzurri presero troppa simpamina. Sette caddero nell’antidoping. Quattro furono squalificati. Rimase valido il risultato sul campo.

Corelli concluse la carriera nel Mantova. E’ morto a Ferrara a 72 anni. Era il 2008.

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