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Il biografo di Maradona: «Persino con la sua morte ci ha dribblato. È stata la sua ultima ‘gambeta’»

Sergio Levinsky ad Avvenire: «Mentalmente non è mai riuscito a ritirarsi del tutto dal calcio giocato. Al Mondiale in Sudafrica, in allenamento, batteva le punizioni meglio di tutti gli altri, Messi incluso».

Il biografo di Maradona: «Persino con la sua morte ci ha dribblato. È stata la sua ultima ‘gambeta’»

Avvenire intervista il giornalista e sociologo Sergio Levinsky. È stato il biografo di Maradona. Scrisse di lui dopo la squalifica a Usa ’94. Il suo racconto/biografia porta il titolo italiano di “Una vita presa a calci”. In esso racconta il lavoro dell’ex preparatore atletico di Diego, Fernando Signorini, l’importanza del marchio Maradona, l’insolita assenza di controlli antidoping nello spareggio tra Australia e Argentina e anche le negligenze dello staff albiceleste, “abituato a dire sempre «Sì Diego»”, scrive il quotidiano, e il cinismo della dirigenza, che abbandonò Maradona al momento opportuno.

«Quello del ’94 è un mondiale che l’Argentina perde fuori dal campo, con Grondona che sacrifica la “mela marcia” per salvare il resto, convinto che la sanzione per Diego non sarebbe stata troppo severa. Gli arrivarono 15 mesi di squalifica, a 34 anni. Grondona era un maestro nel negoziare e saldare i propri debiti: è anche per quello che nel 2008 affida la nazionale a Diego, che purtroppo però non poteva essere allenatore. Pretendeva che i suoi giocatori vedessero il gioco come lo vedeva lui, cosa impossibile. Mentalmente non è mai riuscito a ritirarsi del tutto dal calcio giocato. Al Mondiale in Sudafrica, durante gli allenamenti, era incredibile vederlo battere le punizioni meglio di tutti gli altri, Messi incluso».

Quanti Maradona sono esistiti? Gli viene chiesto. Risponde:

«Un’infinità. Pensate al Diego magrolino dell’Argentinos Juniors e a quello con barba da post adolescente di Spagna ’82. Quello gordo e biondo ossigenato a Cuba, e quello brillante dello show TV La noche del Diez. Pensa al Maradona spettinato e confuso del famoso “la pelota no se mancha” e quello perfetto di Messico ’86. Quello col ciuffo biondo a metà anni ’90 e quello che nell’81 minaccia di non giocare mai più, dopo un tour in Africa col Boca Juniors. Ebbe il coraggio di dire che a Cuba non c’erano ragazzi scalzi e analfabeti come in Argentina. C’è stato un Maradona depressivo e uno euforico, uno antipatico e uno equilibrato, quello che convocava la stampa per parlare e quello che sparava pallini di gomma ai giornalisti. É sempre vissuto in una costante esposizione mediatica, criticato da gente che non si è mai messa nei suoi panni. Persino con la sua morte ci ha dribblato. Era stufo di tutto. Tutti sapevamo che se ne sarebbe andato (è accaduto 2 mesi fa, il 25 novembre), ma non potevamo immaginare il momento in cui l’avrebbe fatto. É stata la sua ultima “gambeta”».

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