L’ex portavoce al Fatto quotidiano: «Senza di lui non sarei vivo. Poi, successe come in I sommersi e i salvati, l’ebreo che diventa capo feroce del ghetto”

Continua a tenere banco sui quotidiani la docu-serie di Netflix su San Patrignano. Selvaggia Lucarelli, sul Fatto quotidiano, intervista Fabio Cantelli di gran lunga il personaggio più interessante (che per giunta la produzione non avrebbe voluto). È stato il portavoce della comunità. Un uomo colto, sensibile, con una visione d’assieme. Decisamente diverso dall’ex fascio Delogu il cui rapporto con Muccioli non può essere etichettato alla voce “limpidezza”.
Suo padre adottivo, Alfio Cantelli critico cinematografico del Giornale di Montanelli, gli procurò un appuntamento con Gian Marco Moratti. Splendida la descrizione dell’incontro.
Mi chiese: “Ma tu, i soldi per la roba, come li tiri su?”. Il fatto che avesse utilizzato il termine roba mi fece capire che conosceva il nostro gergo. Mi entusiasmai.
Che hai risposto?
Che proprio lì sotto in galleria c’era una boutique dove avevo rubato. Gli mostrai il gesto con cui mi mettevo il giubbotto sulla spalla quando entravo nei negozi per rubare. Era basito, ma ci siamo piaciuti.
Perché secondo te?
Credo ci considerassimo entrambi degli outsider. Io non mi sono mai ritenuto lo stereotipo del tossico, ero colto, amavo i libri, lui forse si sentiva una mosca bianca tra i miliardari.
Cioè?
Gian Marco, credo, viveva con un profondo senso di colpa il fatto di essere così spropositatamente ricco. Voleva restituire qualcosa. Sulla fascinazione che lui e Letizia provavano per Muccioli la mia idea è che fossero ammaliati dall’esuberanza vitale di Vincenzo. È l’animale dionisiaco che ti affascina, specie se non sei del tutto dentro la vita, come spesso capita ai ricchi.
San Patrignano non fu la sua prima comunità. Scappò da Le Patriarche, scappò anche da San Patrignano. Sei volte.
Tra l’83 e l’84 scappai sei volte. Mia madre mi tese una trappola d’accordo con Muccioli. Mi chiese di andare a casa a Milano, io arrivai e mi trovai due marcantoni che di notte mi portarono a San Patrignano.
Un sequestro.
Sì. Mi misero in una casetta di cemento di tre metri per tre, e mi chiusero dentro.
Quanto sei rimasto?
Diciotto giorni con la doppia crisi di astinenza: eroina e cocaina. Tentai il suicidio. Non c’erano oggetti quindi sbattevo la testa contro la porta di ferro. Mi resi conto che il mio corpo facevo resistenza, non volevo morire soffrendo, avevo sofferto già troppo nell’anima. Se ci fosse stata una finestra mi sarei buttato.
Ti sei arreso?
Il quindicesimo giorno l’angoscia fu tale che mi abbandonai disteso sul pagliericcio, e nella disperazione mi pervase un senso di pace. Mi guardai dal di fuori per la prima volta e scorsi un esserino di 50 chili in mutande. Provai pena per me stesso.Un momento felice.
Il Natale del 1984. Ero ancora inquieto. Arrivai in ritardo in mensa per la cena natalizia, c’erano le ragazze vestite da angeli, un regalo per ognuno di noi della comunità, quando entrai mi sentii investito da un’onda di affetto: era un assembramento di naufraghi che si abbracciavano, felici di aver trovato la terraferma. Cominciai a piangere in maniera incontrollata. Avevo capito cosa fosse una comunità.
A proposito delle violenze
Ho capito cosa era successo quando ho letto I sommersi e i salvati di Primo Levi, con l’ebreo che i nazisti mettono a capo di un ghetto e che diventa un monarca terribile. Muccioli mise lì persone senza equilibrio che assieme ai loro sgherri furono usate per esercitare il potere in una comunità cresciuta troppo.
Muccioli
L’ho conosciuto come un capitano Achab e alla fine l’ho visto trasfigurarsi in Benito Cereno, costretto a fingere davanti al mondo di essere ancora capitano di una nave che sente ormai soltanto come una minaccia. Non voleva essere ricordato come un patacca, splendida parola con cui a Rimini si designano i chiacchieroni vanagloriosi.
Ti saresti salvato senza San Patrignano?
So che i cultori del diritto inorridiranno, ma se non avessi trovato una persona col coraggio di commettere un sequestro, non sarei vivo. Poi, certo, la sopravvivenza non è vita. Il senso della vita non te lo dà San Patrignano. Ci si salva sempre da soli.
Cosa avresti detto al Muccioli che stava morendo?
Che avrebbe dovuto fidarsi di più di noi. Mi fa orrore la macchina burocratica che Sanpa era diventata e questo immenso show-room che è oggi.