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Milik, l’unico ammutinato del Napoli, è il capro espiatorio perfetto. Ed è pure gratis

Per il Napoli fu il solo a rifiutare il ritiro, quella sera organizzò tutto lui. È il nostro Malaussene. Manco lo stipendio gli versano.

Milik, l’unico ammutinato del Napoli, è il capro espiatorio perfetto. Ed è pure gratis
Hermann / KontroLab

Quella sera, vostro onore, Arkadius Milik era da solo. Restò da solo nello spogliatoio del San Paolo, isolato dai compagni che invocavano a gran voce il ritiro autopunitivo dopo la mesta partita col Salisburgo. Lui, il polacco, senatore, capitano, dissidente. Fu lui, signori della giuria, ad aggredire Edoardo De Laurentiis. Fu lui a lasciare che Ancelotti salisse ramingo sul bus della società mentre i compagni, da lui ormai plagiati, si avviavano al calduccio delle proprie case. Dimostreremo altresì che fu sempre il Milik a insubordinarsi facendo ricadere sul gruppo colpe evidentemente solo a lui riconducibili: un piano a lungo studiato durante i mesi noiosi della riabilitazione, orchestrato alle spalle degli ignari compagni colpevoli – ebbene sì – di incauta buonafede riposta nel soggetto: loro volevano una guida dal pugno fermo, solo quella; Milik invece covava il risentimento ribelle del rivoluzionario dell’est.

Le prove a carico sono circostanziate: la pubblicità non autorizzata del ristorante di Katowice di sua proprietà ne è addirittura il manifesto, da intendersi come un plateale guanto di sfida gettato innanzi ad una società che sui diritti d’immagine s’è costruita una reputazione, se non una letteratura.

Il Napoli pertanto chiede il risarcimento del danno, quantificato in un milione di euro, più la possibilità accessoria di sbeffeggiare pubblicamente il giocatore in occasione di sagre e feste paesane quando la situazione epidemica lo consentirà.

Se come scrive il Corriere dello Sport questi sono i fatti nella lettura storica – e, a questo punto, giudiziaria – che ne fa il Napoli a distanza di un anno, con le responsabilità della squadra in prescrizione, e quelle del singolo – Milik – a processo, allora capiamo la logica di alcune scelte. Ora sì.

Il Napoli non ha voluto vendere Milik. Non è stato lui a rifiutare le offerte sul tavolo, come è stato fatto intendere alla piazza. Milik ha un ruolo, uno scopo, è utile. È il Malaussène di Pennac. È la fata carabina, la prosivendola, nel paradiso degli orchi. Ed è un affare.

Perché conviene tenerselo uno così: il capro espiatorio perfetto, e pure gratis. Manco lo stipendio di ottobre gli hanno pagato. Il che, a questo punto, non fa una grinza: se non gioca, se ne sta tutto il giorno a guardare i cantieri, se è lui che deve risarcire al Napoli i danni d’immagine per quella figuraccia internazionale che fu il SUO ammutinamento, beh… lo vuoi anche pagare?

È comodissimo, Milik. La squadra si rifiuta di andare in ritiro? Colpa di Milik. Gli attaccanti non segnano? È colpa di Milik che sogghigna dal divano di casa. Gattuso ha un occhio malandato? Siamo sicuri che non ci sia lo zampino di Milik? La Juve vince a tavolino? E Milik che lo teniamo a fare? È tutta colpa sua!

Ma dove lo trovi, con ‘sta crisi, un colpevole pronto all’uso così silenzioso, educato, sobrio. Mai una dichiarazione fuori posto, un’intervista doppia alle Iene, una comparsata dalla D’Urso.

Milik metaforicamente alla sbarra, è un cerchio che si chiude. De Laurentiis ha appena incassato una vittoria epocale al Coni, ribaltando il Palazzo contro la Juventus. E che sarà mai un polacco, a questo punto. Il dito puntato esclusivamente su Milik garantisce l’immunità al resto della squadra, senza mollare la questione di principio. Nella cornice primitiva del nuovo corso societario – restaurazione, non rivoluzione – qualcuno deve comunque pagare. Restava da capire chi, quanto e come. Il tiro a giro è un passaporto diplomatico, tanto c’è Milik.

 

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