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Il Napoli sadomaso depresso dalla malattia di Gattuso, una telenovela di serie B

Il gruppo squadra esce malissimo dalla narrazione di questi giorni. Volevano la frusta – per ammissione di Insigne – e senza il sergente maggiore Hartman si ritrovano smarriti

Il Napoli sadomaso depresso dalla malattia di Gattuso, una telenovela di serie B

Nei film americani alla fine la squadra si attorciglia ad un capitano, che urla a tutti di vincere. Di vincere per lui, l’allenatore malandato, o il compagno malmesso. Che di solito li sta guardando in tv da un letto d’ospedale. E loro vincono. Perché altrimenti, senza lieto fine, quel film non finirebbe a chiusura di ogni scadente sessione di team building aziendale. Any given sunday o Coach Carter, quella roba lì. Ma anche meno, di solito, basta. La grande drammaturgia della redenzione hollywoodiana.

Ecco, il Napoli in questo momento viene raccontato più o meno coi toni della telenovela piemontese che la Gialappas sfotteva in Mai Dire Gol. Stessa credibilità.

Ci atteniamo alla ricostruzione ambientale del Corriere della Sera: Napoli-Torino. La squadra è “spiazzata” dalla malattia di Gattuso.

“Molti dei calciatori del Napoli non sapevano neanche cosa fosse, la miastenia oculare”. L’allenatore, “neanche si regge in piedi, lo sforzo enorme a cui sottopone l’occhio “buono” per guardare nella stessa direzione gli ha provocato problemi di postura. Dolori alla schiena e alla cervicale, i medici dello staff gli consigliano di non tornare in campo nel secondo tempo. Lui ci va. Resta seduto ma continua a urlare: molli, siete molli. Finisce male. Manda la squadra in ritiro, sapendo che lui per un giorno non potrà esserci”.

Nei succitati drammoni americani il Napoli avrebbe battuto il Torino – magari nel copione per farla più strappalacrime avrebbero ambientato tutto nel recupero di Juve-Napoli, ma vabbè c’era il Torino ultimo in classifica disponibile, e ce lo teniamo – e lo avrebbe battuto tantissimo a zero. E poi tutti avrebbero dedicato la vittoria a Gattuso. Col finale apertissimo, e mezzo campionato da disputare per il sequel: e vinsero tutti felici e contenti.

Nella realtà, narrata dal Corriere della Sera finisce così:

Ora la squadra è depressa: non ha saputo sostenerlo”.

Per quanto l’ambiente e i media stiano cercando di sviare il pantano tecnico-tattico verso una più gestibile crisi emozionale – alibi sempre diversi, ma sempre efficaci – siamo fermi alla confessione di Lorenzo Insigne, datata 4 luglio 2020. Sempre al Corriere della Sera che evidentemente di questa fenomenologia del trauma è il canale prediletto:

“Ancelotti è abituato a grandi campioni, io gli dicevo sempre che noi avevamo bisogno di essere messi sotto pressione, anche bacchettati se era il caso. Mi rendo conto che la mia è un’autocritica: siamo professionisti, dovremmo camminare da soli, ma noi forse i n quel momento avevamo necessità di sentire il fiato sul collo”.

Gli scolaretti disfunzionali che per funzionare hanno bisogno d’essere bacchettati. Anzi, l’immagine giusta – scrivemmo – resta Mariangela Melato picchiata da Giancarlo Giannini nell’immortale film di Lina Wertmuller.

“L’esempio forse è più calzante, perché alla fine la Melato, sia pure in lacrime, torna alla sua vita borghese e abbandona quella selvaggia. Il “sodomizzami” resta una parentesi da libro”.

In quel preciso momento Gattuso fu pubblicamente relegato al ruolo del sergente maggiore Hartman.

Lo stesso tecnico, mentre deformava la sua immagine di “sempre-cazzuto” arrendendosi all’evidenza in tv (“sto male, non posso farci niente, ma non ne facciamo un dramma”), ha involontariamente fornito alla sua classe di alunni sadomaso un alibi per passare più o meno indenni le feste: colpa mia, non sono stato me stesso, la squadra ne ha risentito. Ne hanno fatto, appunto, un dramma.

Gattuso, ovviamente, non ha alcuna responsabilità per la sua malattia. Ci mancherebbe. I media si sono fatti dettare l’agenda dal polpettone sentimentale: ora tutti sanno cosa è la miastenia, e in pochi restano concentrati su quanto abbia fatto schifo la prestazione contro il Torino. È un riflesso condizionato.

Da questa narrazione, visti i presupposti, la squadra esce malissimo: un gruppo spaventato da tutto, incapace di reagire ad alcunché. Ma ancora peggio: torna l’immagine cruda dei professionisti immaturi, ormai così assuefatti al bastone che quando quello viene meno, crollano.

Gattuso, cui tutto si può dire tranne che non sia sempre lucido nell’adattarsi alle situazioni, stava in realtà mandando un messaggio d’aiuto e non l’abbiamo capito. Hanno demotivato pure il Motivatore.

“Siete molli!” non era uno sprone. Era un dato di fatto.

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