ilNapolista

Macchina spezzata in due e 28 secondi tra le fiamme, così la tecnologia ha salvato il “negazionista” Grosjean

Il pilota francese si diceva contrario all’uso dell’Halo, ora ha cambiato idea: “Senza non sarei qui”. Dallara: “normale che la vettura si spezzi, funziona così”

Macchina spezzata in due e 28 secondi tra le fiamme, così la tecnologia ha salvato il “negazionista” Grosjean

“28 secondi per vivere”, titola L’Equipe in una di quelle prime pagine che ora si definiscono iconiche. La foto di Romain Grosjean che scavalca il guardrail tra le fiamme, come un Avangers. Il video dello spaventoso incidente al pilota francese della Haas al Gp del Bahrain rimbalza sui social come una pallina impazzita. Da tutte le angolazioni si vede la vettura di che si schianta a 221 Km/h contro il guardrail, si spezza letteralmente in due, scoppia. La fiammata, e i 28 lunghissimi secondi che avvolgono Grosjean fino a quando con le sue gambe non scavalca la protezione e abbraccia i soccorritori.

Un vero e proprio miracolo tecnologico. L’Halo e gli altri sistemi di sicurezza gli hanno salvato la vita, proprio a lui, che era un “negazionista”: ai test di Budapest 2017 da Presidente dell’Associazione Piloti, disse

«Il giorno in cui è stato deciso di adottarlo è stato un giorno triste per la F.1».

Ora a leggere il bollettino medico si fa una certa fatica a crederci: nessuna frattura, qualche ustione a mani e caviglie (che sono le parti del corpo che restano più esposte per minore protezione ignifuga) e basta. Per regolamento i piloti di F.1 indossano tute composte di strati traspiranti di Nomex (da 2 a 4). Vengono sottoposte a 15 cicli di lavatura e asciugatura e poi a un test alla temperatura di 800°, alla fine del quale devono risultare intatte. Ecco come si spiega il mezzo minuto avvolto tra le fiamme, senza bruciare.

L’Halo è una struttura che protegge la testa del pilota e subisce due test statici: uno nella parte frontale da 5 tonnellate orizzontalmente e 12 in verticale, l’altro nella parte laterale da 10 spingendo verso l’interno e da 9 in orizzontale. E’ come se fosse un secondo casco, che protegge il primo.

Grosjean ora ha cambiato idea:

«Qualche anno fa ho detto di essere contrario all’Halo, ma senza di lui oggi non sarei qui a parlare con voi…».

La macchina spezzata in due, in quel falò è stata l’immagine che più di tutte rende i brividi. Eppure, spiega Gian Paolo Dallara alla Gazzetta dello Sport, è proprio così che deve funzionare:

«Si chiama cellula di sopravvivenza per questo, la macchina si è spezzata dove doveva spezzarsi, tra motore e cambio: la parte dove è il pilota ha criteri di sicurezza molto maggiori». Perché in casi come questo il posteriore diventa irrilevante rispetto all’abitacolo».

 

ilnapolista © riproduzione riservata