Uno è stato l’acquisto più costoso. L’altro un rinnovo molto oneroso. Ora sta a Dries fare il Papu nonostante sia il cannoniere della storia azzurra

Le domande che assillano i tifosi del Napoli sono due. O meglio, due sono quelle relative a Dries Mertens, perché in realtà sarebbero ben più di due (alcune le ha poste qui il professor Trombetti). La prima è: che cosa succede a Dries Mertens? E la seconda: è conveniente per il Napoli sfrattare dalla casella di centravanti l’uomo che ha segnato più gol di tutti con la maglia azzurra? L’uomo che da quando è a Napoli di gol ne ha segnati 127 e per la cui permanenza la società ha prodotto uno sforzo economico non indifferente visto che si tratta di un atleta di 33 anni?
Una premessa: siamo ben lontani dall’adottare le teorie di Toti sulla produttività. Anche perché nel calcio italiano i vecchietti stanno dimostrando di essere di gran lunga più forti dei giovani, vedi Ibra e Cristiano Ronaldo. Il che rende ancora più attuale la seconda domanda.
Il Napoli ha effettuato un investimento importante per Osimhen. Tra cifre reali e cifre virtuali (provate a dimenticare che il calcio batte cassa come per la pandemia), siamo quantomeno attorno ai cinquanta milioni e parliamo quindi dell’acquisto più oneroso del club.
È legittimo che Gattuso lo metta al centro dell’attacco. Fa benissimo. Così come è legittimo provare in ogni modo a farlo coesistere con l’altro pezzo pregiato della casa nonché sforzo economico della società. Il campo in genere è una conseguenza delle scelte che vengono fatte, con l’allenatore, in altre sedi. Si è deciso che Osimhen sarebbe stata la punta di questo Napoli. Nonostante il rinnovo a Mertens. È un passaggio importante.
Da Castel di Sangro Gattuso ha cominciato a provare questo nuovo schema di gioco che viene definito – secondo noi impropriamente, ma non è importante – 4-2-3-1. Proprio per questo modo di stare in campo, il tecnico ha parzialmente – secondo noi totalmente – rinnegato gli acquisti di gennaio a centrocampo: Demme e Lobotka. E ha chiesto e ottenuto Bakayoko.
Anche se poi a Parma – prima giornata di campionato – il Napoli è partito col classico 4-3-3 che poi con Gattuso è sempre stato un 4-1-4-1 con Demme davanti alla difesa. Non va dimenticato che il tratto distintivo del calcio di Gattuso è una genetica prudenza. Che tra l’altro ha fatto benissimo al club, in questo modo ha portato nella bacheca del Napoli una Coppa Italia. Tranne il match con l’Atalanta – che resta un unicum nella gestione di quest’allenatore – il Napoli ha portato a casa con i migliori risultati con un calcio che sarebbe piaciuto molto al paròn Rocco. Compresa la vittoria in Spagna in casa della Real Sociedad.
Ma torniamo alla convivenza fin qui problematica tra Mertens e Osimhen. Tra coppe e campionato i due hanno giocato lo stesso numero di minuto: 477. Con una rete per il nigeriano e due per il belga. In una squadra che fin qui ha segnato tanto: 14 reti in cinque gare. Praticamente mai – fatta eccezione per il secondo anno di Benitez – Mertens ha avuto una media così bassa di gol realizzati per minuti giocati. Ovviamente i dati che seguono, e che riguardano le altre stagioni, sono totali mentre adesso siamo appena alla sesta di campionato e alla seconda di Europa League.
2020-21 477 minuti, 2 gol. Uno ogni 238,5 minuti
2019-20 2487, 16 gol, uno ogni 155 minuti
2018-19 3016, 19 gol, uno ogni 158,7
2017-18 3807, 22 gol, uno ogni 173
2016-17 3215, 34 gol, uno ogni 94, 5
2015-16 1682, 11 gol, uno ogni 152 minuti
2014-15 3058, 10 gol, uno ogni 305,8 minuti
2013-14 2600, 13 gol, uno ogni 200 minuti
Ovviamente nel calcio contano i dettagli. Se domenica Osimhen avesse segnato quel gol gentilmente offerto da Consigli, oppure se avesse messo in porta il destro che invece è finito alto, staremmo parlando d’altro. E anche Dries ha avuto due occasioni da rete: all’inizio, con quel destro troppo strozzato e nella ripresa su assist di Politano con quel tocco certamente non facile ma possibile per un piede come quello del belga. Con i se e con i ma, come sappiamo, ciascuno si costruisce il mondo che vuole.
L’impegno di Mertens è fuori discussione. Basta guardare i suoi recuperi, spesso rientra in scivolata a va a chiudere azioni avversarie. Semmai ci si può chiedere se sia lecito chiedere questo tipo di lavoro a un calciatore di 33 anni che – come detto – è il capocannoniere della storia del Napoli. È una domanda che è stata certamente posta quest’estate a Dries.
Fin qui, la migliore prestazione dei due è stata senza dubbio quella contro l’Atalanta. È stata la partita in cui il belga si è sentito più a suo agio in quello che per brevità possiamo definire il ruolo del Papu Gomez. Anche la spalla è simile. Zapata è più potente. Osimhen è più veloce e scattante, anche se per nulla debole in quanto a potenza. Un’iradiddio, almeno potenzialmente oppure a sprazzi (finora). A Napoli ricordiamo benissimo Zapata (acquistato da Benitez). All’epoca i tifosi punzecchiarono la società per aver strappato proprio al Sassuolo questo illustre sconosciuto. Che poi, negli anni, è diventato un attaccante molto forte. La speranza ovviamente è che per Osimhen occorra meno tempo.
L’impressione è che il tempo sarà più breve soprattutto se Mertens si sentirà rapidamente a suo agio in quella posizione. Certo dev’essere “dura” – tra virgolette ovviamente – piegarsi al piacere dell’assist, dell’imbucata, quando hai segnato gol straordinari che hanno segnato la storia del Napoli. Quando hai tolto le castagne dal fuoco anche in momenti complicati e hai contribuito a prestazioni storiche come il pareggio in casa del Liverpool in Champions. Ma qui l’elenco sarebbe davvero troppo lungo.
Temiamo che il Napoli non abbia scelta. Il presunto 4-2-3-1 passa per la testa e i piedi di Mertens. Altrimenti all’orizzonte non resta che quel 4-3-3 che a Parma nel primo tempo sembrò un film muto e in bianco e nero.