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I quattro giorni tra l’allarme del Cts e il lockdown. Conte va dai pm ma non fuga tutti i dubbi

Il Premier ascoltato per tre ore in Procura a Bergamo: «Volevamo chiudere le zone rosse di Alzano e Nembro, poi abbiamo chiuso la Lombardia»

I quattro giorni tra l’allarme del Cts e il lockdown. Conte va dai pm ma non fuga tutti i dubbi

Ieri il Premier Giuseppe Conte è stato ascoltato dai pm di Bergamo come persona informata dei fatti. Il nodo è la mancata zona rossa di Alzano e Nembro. I pm puntano il dito sulle pressioni degli industriali su Governo e Regione Lombardia per evitare la chiusura.

Repubblica, oggi, racconta l’incontro di Conte con i magistrati. Tre ore di colloquio, durante i quali il Premier ha detto:

«Ho deciso io dopo un’attenta valutazione e ispirandomi al principio di massima precauzione».

Al termine dell’incontro, Conte ha rassicurato i suoi ministri sul fatto di aver chiarito tutto. E’ certo di non finire sotto inchiesta.

Il Premier ha spiegato che i dati del 3 e 4 marzo indicavano un andamento del contagio critico in buona parte della Lombardia, non solo ad Alzano e Nembro. Così, il 5 marzo, il Governo chiese all’Istituto Superiore di Sanità un approfondimento della questione e la sera stessa l’Iss rispose che i due comuni andavano chiusi.

Scrive Repubblica:

A questo punto, Conte sostiene una posizione finora mai resa nota: il 6 mattina si reca alla protezione civile – per incontrare il Cts – «pronto a firmare» il provvedimento per le zone rosse. Nel confronto con gli esperti, però, ed «esaminando i nuovi dati», Conte e Roberto Speranza si convincono della necessità di una «misura ancora più radicale», cioé il lockdown dell’intera Lombardia, visto che la fotografia epidemiologica è «peggiorata un po’ ovunque»”.

Così si è scelta, dice Conte, “la soluzione più prudente”. La chiusura dell’intera regione.

Il punto è che tra il primo allarme del Comitato tecnico scientifico e la decisione del lockdown sono passati quattro giorni. I magistrati si chiedono se questo possa aver causato un numero più elevato di morti.

Secondo Conte no, almeno a quanto ha dichiarato al suo entourage, scrive il quotidiano.

“Alla vigilia dell’incontro con i pm, il premier si sbilancia in privato coi suoi ministri, restando nel campo delle ipotesi di scuola: no, è difficile dimostrare questo nesso”.

Ma c’è anche un altro punto controverso. Conte ha ammesso che il 5 marzo le forze dell’ordine erano pronte ad intervenire per chiudere la zona incriminata.

Non nega questa circostanza, Conte. E anzi la rivendica, visto che tra le due opzioni in campo c’era il lockdown dei due comuni suggerito dal Cts“.

Il nodo più delicato, però, scrive il quotidiano, è il rapporto tra il governo e la Lombardia.

“Innegabili i contatti tra Palazzo Chigi e il governatore Attilio Fontana, anche in quei giorni. Conte sostiene che la scelta di non chiudere fu sua, ma che la Regione avrebbe potuto autonomamente ordinare la zona rossa. Il premier fa però trapelare anche un altro concetto: «Non ho mai voluto scaricare responsabilità o attaccare la Lombardia. Mi domandarono se potevano chiudere, dissi di sì. Poteva deciderlo il governo o la Regione»”.

 

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