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La falange di Gattuso: le due linee compatte che hanno annullato Conte, Sarri e Setien

L’allenatore ha capito cosa serviva e l’ha trasmesso. Non dà spettacolo ed è un rebus anche per i colleghi più blasonati. E ora vince pure

La falange di Gattuso: le due linee compatte che hanno annullato Conte, Sarri e Setien

A guardarlo, il suo Napoli, fa venire in mente armate leggendarie o mitiche fortificazioni. Dà un’innata sensazione di solidità, sembra una falange macedone quando si raccoglie in 25 metri nella propria metà campo. Ogni linea si muove con criterio, ogni elemento che la compone sa perfettamente cosa deve fare e con quale tempismo. Il più grande merito di Gennaro Gattuso, da quando siede su questa panchina, è senz’altro quello di aver capito la necessità di compattezza, adattando poi le sue idee alle caratteristiche di una squadra che nonostante le prime uscite ai limiti del disastroso ha deciso di seguirlo, in tutto e per tutto.

La Coppa Italia meglio di ogni altra competizione racconta l’evoluzione del suo gioco in fase di non possesso e di come sia diventato sempre più efficace. Contro la Lazio era ancora in fase embrionale e infatti il Napoli rischiò come poche altre volte sotto la sua guida. Il momento di svolta è arrivato quando il tecnico ha rinunciato alla pressione a tutto campo in favore di un assetto difensivo più raccolto e coeso. La prima gara con l’Inter vedeva già una squadra più sicura, con un’idea di gioco più chiara. Alla formazione di Conte venne lasciata soltanto un’occasione, e poco altro. Al ritorno, invece, la lontananza dal campo per mesi aveva tentato Gattuso che ha riproposto un pressing molto alto. Allungandosi però ha prestato il fianco alle incursioni centrali di Eriksen e quelle dei larghissimi esterni Young e Candreva. Una volta accortosi del problema, l’allenatore ha adottato il solito sistema a due linee raccolte in poche decine di metri.

Fu la Juventus a vederselo proporre contro la prima volta, in campionato a fine gennaio. E oggi come allora, Maurizio Sarri non è riuscito a trovare il punto debole, facendone di nuovo le spese. Maggiori i meriti di Gattuso, nell’aver studiato un assetto simile, più che demeriti dei colleghi per non aver trovato soluzioni adeguate, perché anche Quique Setien e il suo Barcellona ne sono venuti a capo con difficoltà, sfruttando l’unico spiraglio offerto da un posizionamento errato di Mario Rui. Poco importa se il Napoli non sempre diverte, non è spettacolare, non segna praticamente mai più di due reti a partita, quando ci arriva. L’ambiente ha perso i gusti raffinati di un tempo, ha cambiato corrente di pensiero: è tornato in auge il pragmatismo all’italiana, quello per cui il risultato fa il gioco e non viceversa. Il colpo ad effetto, Gattuso, lo demanda alla qualità dei suoi calciatori e non alla finezza di trame e movimenti.

Ha saputo mettere insieme conoscenze e tendenze di chi l’ha preceduto. Ha rimodulato la linea a quattro di centrocampo pensata da Ancelotti e ha sfruttato le abilità in fase di copertura di Callejon e Insigne per abbassarli, concetto su cui a lungo aveva lavorato Sarri. Il tocco di Gattuso è evidente in particolar modo nella scelta di Diego Demme, obiettivo mirato, il giocatore ideale per fare da raccordo tra le due linee, per coprire quella di difesa e riempire il vuoto di quella di centrocampo. Quest’ultimo infatti ha una mezzala che a turno si stacca sul secondo portatore di palla, quello che riceve sulla pressione dell’attaccante. E il tedesco è pronto a riempire quello spazio lasciato sguarnito. Poi, quando la palla cambia zona, tutto ritorna come prima. In questo modo, la difesa può sempre tenersi allineata perché per gli avversari diventa complicatissimo allargare le maglie e attaccare la profondità. Non sarà brillante, ma adesso il gioco di Gattuso è diventato riconoscibile e quindi più apprezzato. E soprattutto, che gran paradosso, è anche vincente.

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