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“Senza pubblico, lo sport fallisce”. L’Economist smonta il mantra “contano solo i diritti tv”

Le partite a porte chiuse influiranno a cascata su tutte le entrate: biglietti, diritti tv, sponsor e indotto. Potranno resistere solo i “giganti” come la Premier e NBA

“Senza pubblico, lo sport fallisce”. L’Economist smonta il mantra “contano solo i diritti tv”

I cartonati con le facce dei tifosi sugli spalti, o addirittura il pubblico connesso al campo da gioco con Zoom: maxischermi al posto della folla. Il futuro, nemmeno così prossimo, dello sport è a porte chiuse. Lo dicono tutti i maggiori esperti, e i governi avvertono: prima di rivedere gente ammassata dentro uno stadio bisognerà trovare una cura per la Covid-19. Intanto, però, cadrà uno dei tanti assunti superficiali che hanno fatto da mantra agli ultimi anni dello sport professionistico: il pubblico dal vivo è ininfluente, comandano le tv.

Le tv, effettivamente, comandano. Lo si vede in questi giorni, in cui il dibattito sulla ripresa del calcio europeo a dispetto della logica e dell’epidemiologia, continua a girare solo attorno ai miliardi dei diritti di trasmissione: bisogna tornare in campo per quelli. Mentre i tifosi di tutta Europa si uniscono in un’unica voce contro il riavvio dei campionati. Nessuno se li fila, ma loro sono il cuore economico del gioco.

Secondo l’Economist, infatti, le “porte chiuse” potrebbero condannare al fallimento gran parte degli sport “minori”, o delle leghe più piccole. Resisteranno, a stento, i giganti. Guarda un po’ proprio quelli che combattono contro la realtà per restare a galla nelle loro bolle economiche: Bundesliga, Premier, Liga e Serie A, in Europa; Nba, Nfl e Nlb negli USA.

La mancanza del pubblico negli stadi provocherà una crisi a cascata. La maggior parte degli sport di punta si basa su tre fonti di entrate – spiega l’Economist: biglietti e merchandising, diritti tv, sponsorizzazioni. Gli spalti vuoti elimineranno le entrate quotidiane, i tifosi non potranno acquistare biglietti, merchandising, pinte di birra o fette di torta. Per i campionati più grandi, questa perdita sarà gestibile. Le squadre della Premier League hanno guadagnato solo il 14% delle loro entrate nei giorni delle partite nella stagione 2017-18, secondo la società di consulenza Deloitte. Tuttavia, le leghe minori prive di un vasto pubblico televisivo faranno fatica.

Non è chiaro nemmeno che verso prenderà il mercato dei diritti tv che vale la gran parte delle entrate dello sport “big”. Le emittenti sono riluttanti a pagare. Sky, DAZN e IMG hanno già trattenuto 220 milioni di euro dalla Serie A. La Premier League rischia di perdere 750 milioni di sterline in tasse sui diritti se la stagione non riprende, e almeno 300 milioni anche se lo facesse, perché le emittenti perderanno i loro slot televisivi e il conseguente appeal.

I ricavi degli sponsor sono più sicuri. Ci sono in ballo accordi pluriennali con squadre e atleti, e il pubblico che guarda lo sport da casa dovrebbe compensarne l’assenza live. Ma già ci sono segni di tensione. Il numero di nuovi accordi di sponsorizzazione annunciati nei primi tre mesi del 2020 è diminuito del 26% rispetto a un anno prima, secondo GlobalData, una società di ricerca.

E poi molti incassi si basano sulle prestazioni e le squadre che vacillano possono affermare che i loro risultati a porte chiuse non riflettono il loro potenziale. Le partite in campi neutri – è la grande questione che sta spaccando la Premier in questo periodo – possono incidere. Che diranno le aziende che hanno pagato per dare il proprio nome ad uno stadio, dove non si gioca?

I ricavi, per l’Economist, continueranno a diminuire drasticamente. Se non tornassero presto a giocare, i cinque maggiori campionati di calcio europei perderebbero 4 miliardi di dollari. Se le partite venissero riprogrammate rapidamente e giocate a porte chiuse, le perdite potrebbero essere intorno al 5-8% del fatturato. Per molti sport già con margini ridotti, come il rugby, tali perdite potrebbero essere devastanti.

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