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Vespignani: «La fase due va preparata, altrimenti ci sarà la seconda ondata. Temo per il Sud»

L’intervista di Mario Calabresi: «Col virus dovremo convivere. L’Italia è indietro su test e tracciamenti. Le epidemie sono come gli uragani. Ma nessuno crede alle previsioni epidemiologiche»

Vespignani: «La fase due va preparata, altrimenti ci sarà la seconda ondata. Temo per il Sud»

Per Altre/Storie, Mario Calabresi ha intervista Alessandro Vespignani, 55 anni, romano,

è un fisico che da vent’anni studia l’andamento delle epidemie e la possibilità di prevederlo con le tecniche delle reti e grazie all’enorme potere di calcolo dei computer. Lo ha fatto con Ebola, con Zika, ogni anno con l’influenza e ora con Covid-19.

L’intervista completa la trovate qui.

È da leggere tutta. Molto interessante. Cerchiamo di riportare alcuni estratti.

«Di fronte all’avanzare di un uragano la gente si mobilita, si chiudono immediatamente scuole e negozi, si rafforzano le difese e ci si rifugia in casa per proteggersi. A nessuno verrebbe in mente di chiedere di riaprire i ristoranti o di mandare i bambini fuori a giocare. Un’epidemia ha dei modelli di diffusione che possono essere indicati in anticipo esattamente come la forza e il percorso di un uragano. Ma alle previsioni del tempo crediamo più che a quelle epidemiologiche, perché quando parli di virus non hai le immagini del satellite e gli uomini tendono a non credere a quello che non vedono, prevale lo scetticismo. Così c’è bisogno di avere sotto gli occhi gli ospedali che scoppiano o i cortei di bare per rendersi conto di cosa sta accadendo, ma a quel punto è troppo tardi, sei già nel mezzo della tempesta».

«Vivremo in punta di piedi. Il virus non sparirà, dovremo convivere con questo animale almeno per altri sei mesi o un anno, ma non sarà la vita dei reclusi a casa. Ho fiducia nella scienza, sia nei medicinali che nel vaccino, costruiremo protocolli di cura migliori, una parte crescente della popolazione sarà immune e ogni Paese troverà il suo modello. Ma qualcuno, che forzerà i tempi o non sarà stato capace di preparare bene e per tempo la fase due, avrà il dramma della seconda ondata».

«Sono molto preoccupato, perché in alcuni Paesi tra cui l’Italia non vedo ancora un piano chiaro che contenga le tre T: test, tracciamento e trattamento. Fare i test e tracciare la malattia significa assumere un sacco di gente, migliaia di persone. La Germania ha fatto i bandi per i tracciatori quattro settimane fa e se tu sei malato non ti tengono a casa ma ti isolano in alberghi o padiglioni di ospedale dedicati, per evitare di infettare tutti i familiari. Allo stesso modo bisogna seguire chi è malato e vive solo, non possiamo permetterci che esca a fare la spesa per non morire di fame».

«Nel momento in cui riapri, se non ti sei organizzato bene, riparte come prima, non ci sono dubbi. E lo farà anche nelle zone finora più vergini ovvero nel Centro e nel Sud Italia. Tutti guardiamo a Lombardia e Veneto, ma proprio grazie all’emergenza hanno sviluppato una serie di meccanismi che le aiuterà, inoltre in queste aree tanti l’hanno già fatta, tra il 10 e il 20 per cento della popolazione, quindi la trasmissione è frenata. Al Sud invece il virus trova campo libero e nessuno di quei meccanismi è per ora in atto».

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