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Abatantuono: «Non possiamo stare a compatire gli atleti per le Olimpiadi o per il calcio interrotto»

Intervista al CorSera: «Mi sembra che lo sport non riesca a stare al passo in una fase problematica per tutti. Vorrei avere una certezza di una luce in fondo al buio»

Abatantuono: «Non possiamo stare a compatire gli atleti per le Olimpiadi o per il calcio interrotto»

Il Corriere della Sera intervista Diego Abatantuono. I temi sono la solitudine al tempo del coronavirus, le prospettive per il futuro, il ruolo del calcio e del governo nell’emergenza.

«Sogno più del solito. E nei sogni non riesco mai a terminare ciò che sto facendo. Mi sveglio e ci metto un po’ a fare i conti con la realtà. Penso a chi vive solo, forse perché ho sempre patito la solitudine. Ma non capisco chi, in piena notte, per farti compagnia, manda messaggi o video allarmanti. Dormire in pace diventa un problema».

Racconta che cerca di tenersi in forma facendo movimento e mangiando sano, ma di soffrire per l’impossibilità di riunirsi con gli amici, cosa che prima faceva spesso in occasione delle partite di calcio. Ma il calcio, adesso, è passato in secondo piano.

«All’inizio ero dispiaciuto perché gli amici sono fondamentali. Poi, alla mancanza delle partite ho dedicato scarso interesse. Forse perché chi governa e gioca a calcio mi infastidisce. È come se l’universo-pallone avesse la pretesa di porsi come eccezione comunque. Una esagerazione costante: il denaro sempre al centro, il vizio di trovare scorciatoie, le liti su temi marginali in questo momento. Del resto è così da tempo: se commetti un reato fuori dagli stadi vai in galera, non te la cavi con un daspo».

Si dice deluso dallo sport.

«Mi sembra che lo sport non riesca a stare al passo in una fase problematica per tutti. Hanno rimandato i Giochi olimpici: spiace ma non possiamo star qui a compatire gli atleti che dovranno cambiare i loro piani. Si sono fermate le fabbriche, la ristorazione, il turismo, il cinema. C’è gente che ha perso un lavoro, che farà fatica a tirare avanti. Per non parlare di chi perde una persona cara. Beh, non mi pare che un atleta sia il primo della lista-emergenze».

La cosa che più lo preoccupa è l’incertezza del futuro.

«Vorrei avere una certezza da fine buio, una luce là in fondo. Penso a chi è giovane, al bisogno di scambiare di tutto con i coetanei. Se avessi vent’anni impazzirei costretto in casa. Chissà, forse il web, dopo questa abbuffata, sarà sostituito dal piacere della parola guardandosi in faccia. Mi conforta l’idea di una presa di coscienza individuale. Qualcosa che faccia sparire quella frenesia da viaggi continui, da crociere nei canali veneziani, da aperitivi perenni, da spese pazze e profitti esagerati. Stiamo imparando che se si rompe un tubo o una lampada servirebbe sapere come aggiustarli. Che il lavoro di un artigiano è prezioso. Mi aspetto una umanità ridestata, più disposta all’affetto reciproco, all’amore, per contrastare chi vorrà esasperare una violenza, una arroganza. Non sarà facile ma sarà indispensabile».

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