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Repubblica: Gaucci non era nato per vincere ma per scappare

Il ricordo del quotidiano del presidente del Perugia morto ieri a 81 anni. Aria da Rodomonte calato alla perfezione nel tempo della veracità imprenditoriale, manipolatore non più di quanto fosse manipolabile

Repubblica: Gaucci non era nato per vincere ma per scappare

Su Repubblica Enrico Sisti scrive di Luciano Gaucci, morto ieri a 81 anni.

“Gaucci si dette al calcio e non all’ippica perché all’ippica si era già dato in precedenza. Con quella sua aria da Rodomonte calato alla perfezione nel tempo della veracità imprenditoriale, manipolatore non più di quanto fosse manipolabile, è stato l’unico capace di sovrapporre il figlio di Gheddafi, il bluff, Carolina Morace, assoldata per la Viterbese e durata lo spazio di una mezza mattinata, Hidetoshi Nakata, il vero affare reso possibile dalla vendita del cavallo Tony Bin, e il sudcoreano Ahn, che Gaucci avrebbe rinnegato dopo il golden gol all’Italia del Trap nel 2002 («non metta più piede da noi»)”.

Nel 1991 prese il Perugia e gli diede tutto, scrive. Prima, però, aveva provato a prendere la Roma.

“Come sempre era convinto che i suoi amici di cliniche, circoli e affaretti vari, accomunati dal mito della furbizia, non l’avrebbero distratto né convinto a ritirarsi. Ma la Roma era una puntata troppo alta. Pensò alla Lazio ma poi guardandosi allo specchio ammise: «Ci metterei troppo tempo a cambiare bandiera e poi se ne accorgerebbero tutti»”.

Così arrivò in Umbria. Portò il Perugia dalla C alla A, poi di nuovo in B, poi ancora in A con qualche puntata in Europa.

“Si inimicò chiunque e una volta arrivò persino a sedersi in panchina come tecnico, perdendo 5-0 in casa. Non ci riprovò. Gaucci non era nato per vincere. Forse, traducendo meglio il concetto di Springsteen, era nato per scappare (Born to run). La sua sparizione dai radar lo conferma”.

Sisti ricorda che Gaucci tentò anche di rilevare il Napoli di Naldi in C, quando era sull’orlo del fallimento

“ma ebbe tutti contro, dai tifosi alla Covisoc. A Santo Domingo seppe dei tre anni patteggiati. Tornò in Italia per l’indulto ma l’aria era diventata irrespirabile e ripartì per i Caraibi”.

Sentì un po’ suo lo scudetto della Roma, nel 2001, dopo aver venduto ai giallorossi Nakata, che contribuì a raggiungere il traguardo.

“Nel novembre del ’99 la quasi rissa con Vincenzo Matarrese, presidente del Bari, dopo una partita ricordata solo per il “dopo” causato da Olive in ospedale con uno zigomo rotto: «Lasciatemi, gliene voglio dire quattro!», esclamò lanciandosi contro Matarrese che intanto era andato a rifugiarsi nel pullman. In realtà gliene aveva già dette molte più di quattro”.

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