È stato scelto dal club bianconero, nonostante le perplessità, per attrarre i nuovi mercati. Oggi la società lo lascia solo dimostrando inaspettatamente una inattesa debolezza. Il caso Sarri è un caso Juve
Sul Corriere dello Sport, Angelo Carotenuto scrive della solitudine di Sarri. Il club bianconero sembra averlo abbandonato. E non solo mostra, così, una inaspettata debolezza ma anche una decisione già presa.
“Sarri alla Juventus è un docente in un istituto occupato. Se non può esercitare il suo ruolo, se non può esprimere il suo pregio – insegnare calcio – allora restano i limiti”.
L’allenatore non ha alcun interesse verso alcuni aspetti del lavoro quotidiano. Primo tra tutti il dialogo con i calciatori, che al Chelsea era delegato a Zola.
“Sarri non ama sottrarre tempo al suo studio e ai suoi taccuini per il dialogo. Esistono calciatori del Napoli che raccontano di non essere mai riusciti ad avere un colloquio a quattr’occhi con lui in tre anni, e negli spogliatoi ce ne sono tanti che s’aspettano anche quello”.
Andava aiutato, in questo, scrive Carotenuto.
“Non faceva forse parte dei compiti sussidiari assegnati a Buffon al suo ritorno?”
Non è vero, inoltre, che Sarri abbia un solo schema in mente.
“Ha tanto calcio dentro a cui attingere. Ha delle preferenze. Quello che talvolta gli manca è la capacità di far coincidere le sue con quelle di chi lavora con lui”.
Poi c’è il capitolo sincerità eccessiva. Quella che in un ambiente, come il Napoli, può diventare “energia rivoluzionaria” e in un altro, come la Juve, “macchina di gaffe”. Ma anche qui la colpa può essere data anche alla società, che non ha controllato totalmente la comunicazione come da sua vocazione.
“Perciò non esiste un caso Sarri senza un caso Juventus più ampio. Per mettere le mani su questo corto circuito, sarebbe un errore restringere lo sguardo alla panchina”.
In estate, scrive Carotenuto, si diceva che le ipotesi erano due: o Sarri avrebbe cambiato la Juventus, o la Juventus avrebbe cambiato Sarri. Ma c’era una terza via, che è quella che emerge ora.
“Non era stata considerata la terza via, la più nefasta, che ciascuno rimanesse chiuso in se stesso, impermeabile all’altro mondo e sordo alla voce altrui. Quella terza via è qua, schiacciata tra un bel po’ di infortuni, un mercato pieno di indecisioni, obiettivi sfumati e cessioni avventate”.
Il matrimonio celebrato tra Sarri e la Juve è “da bestiario medievale”, ma era cosa già nota, toccava alla Juventus evitare di finire dov’è finita.
Quando Sarri ha pronunciato la famosa frase “Spero che qualcuno mi aiuti”, scrive Carotenuto, non si rivolgeva ai calciatori, ma alla società.
“Non pensava ai calciatori. I calciatori non aiutano, giocano. Era così chiaro sin dall’inizio, ed è così implacabile la Juventus nell’ottenere ciò che vuole, da spiazzare adesso questa sua inattesa dimostrazione di debolezza. In una sola vicenda si sono sommate l’assenza di Allegri e quella di Marotta. Se prendi il più guardiolista degli allenatori italiani e il tuo capitano è convinto che “il guardiolismo ci ha rovinato”, scartando l’incoscienza, significa che credi di avere una soluzione”.
Sarri si è presentato alla Juve con referenze e una vittoria in Europa League.
“Era stato preso – superando certe perplessità che in Juventus Agnelli non nascondeva – nel nome di un neocalcio fatto di tifosi vicini e clienti lontani. Se vuoi attrarre i nuovi mercati forti, li devi affascinare”.
Ora la società lo ha lasciato solo e questo è il segno di una decisione ormai già presa.