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Martin Eden mostra che nel nostro Paese l’eroe può essere solo tragico ed involontario

Il nuovo film del regista casertano Pietro Marcello, sceneggiato con lo scrittore Maurizio Braucci, è uno straniamento che aiuta il pensiero

Martin Eden mostra che nel nostro Paese l’eroe può essere solo tragico ed involontario

Si esce straniti dalla visione di “Martin Eden”, il nuovo film del regista casertano Pietro Marcello, sceneggiato con lo scrittore Maurizio Braucci: ma è uno straniamento che aiuta il pensiero. Marcello si è liberamente ispirato al romanzo omonimo dello scrittore statunitense Jack London e narra sulla scorta del testo del 1909 – che però è ambientato a San Francisco -, delle vicende di Martin Eden (Luca Marinelli), un marinaio napoletano del popolo che s’innamora di Elena Orsini (Jessica Cressy) una giovane donna di una famiglia liberale partenopea.

Il film alla recente Mostra di Venezia 76°, con il suo protagonista Luca Marinelli, ha ottenuto la prestigiosa Coppa Volpi ieri ha vinto il “Platform prize” a Toronto.

Sulla stura del romanzo il film mantiene la storia di Eden che cerca attraverso il potere delle parole di staccarsi dalla sua posizione di subordinato e così conquistare la donna amata e la sua famiglia.

Nella pellicola di Marcello però il socialismo di Eden è di stampo individualista sulla scorta delle letture di Herbert Spencer e contro il sistema burocratico-militare del sindacato, mentre nell’Eden di London il protagonista – se ben ricordiamo – era per un socialismo che attaccava l’eroe. Nella versione italiana, poi, l’ambientazione spazia da atmosfere prefasciste a quelle dei primi anni 70: è questo è uno dei motivi dello straniamento che però dice molto della versione di Marcello: mettere in luce una malattia della società italiana di tanti periodi. Mentre Eden lotta contro il mondo incontra Russ Brissenden (Carlo Cecchi) poeta e suo mentore che gli affiderà il sul ultimo lavoro “Effimera” che lo scrittore farà pubblicare e che i critici vedranno come un suo lavoro sotto pseudonimo.

Poche persone lo sosterranno e tra queste solo il suo amico proletario Nino (Vincenzo Nemolato), la sororale Maria (Carmen Pommella) e Margherita (Denise Sardisco), l’equivalente popolare di Elena, che lui non amerà mai interamente. Elena lascia Martin su pressione della famiglia ed Eden riesce a diventare famoso per i suoi scritti saggistici e romanzeschi, ma nella sua indifferenza al successo si può notare il disprezzo per una società culturale che decreta successi e sconfitte in maniera schizofrenica, senza alcun senso critico.

Anche la presenza di molti dialetti nel film: il napoletano, il siciliano ed il milanese dell’editore, stranisce: ma anche questo ha senso nella logica di Marcello che ritiene, presumibilmente, i primi due, dialetti di popoli oppressi.

Cosa dimostra la favola, alla fine della fiera? Che nel nostro Paese l’eroe può essere solo tragico ed involontario e che perduta l’illusione amorosa rimane l’assenza di desiderio che può solo portare al suicidio di sé e del proprio mondo.

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