ilNapolista

Giusto otto anni fa, Fideleff e il turn over col Chievo. Ora il Napoli vince 4-1 a Lecce con otto cambi

Nel confronto tra le due partite è racchiuso il processo di crescita del club che solo una fetta di tifoseria – chiamiamoli così per brevità – non riesce a vedere

Giusto otto anni fa, Fideleff e il turn over col Chievo. Ora il Napoli vince 4-1 a Lecce con otto cambi

C’è una fetta considerevole (per dirla alla Carmen Consoli) di tifosi che sostiene da sempre che in fin dei conti il progetto Napoli è sempre là. Da anni imperversa la proverbiale frase “manca sempre un centesimo per fare la lira” e il discorso si conclude con una richiesta dell’albo d’oro. Non avendo vinto uno scudetto né una Champions (fino allo scorso anno, a Napoli l’Europa League era considerata una coppetta; poi, una sera, è diventata la Coppa Rimet), è come se il Napoli non avesse fatto nulla, non fosse cresciuto, non si fosse attestato stabilmente tra le prime squadre italiane e le prime venti d’Europa.

Ovviamente non è vero. Lo vedrebbe anche un bambino di cinque anni. Il caso ha voluto che a proprio due giorni fa si celebrasse l’anniversario di una sconfitta che molti (se non tutti) tifosi del Napoli ricordano. Stagione 2011-2012, quella della prima partecipazione alla Champions. Una squadra terribilmente forte, e consapevole dei propri mezzi, che però dovette confrontarsi con la propria inesperienza a gestire più manifestazioni. E con una rosa non all’altezza. Il campionato cominciò con due vittorie consecutive: a Cesena e in casa 3-1 sul Milan. Milan che aveva in panchina Allegri e in campo ancora Nesta, Thiago Silva, Cassano, Pato, Seedorf. In mezzo, c’era stato il sorprendente esordio europeo col pareggio 1-1 sul campo del Manchester City.

Arrivò così il 21 settembre 2011. Chievo-Napoli, turno infrasettimanale. Mazzarri si travestì da profeta del turn over. Rispetto al 3-1 col Milan, i cambi furono sette: confermati De Sanctis, Aronica, Gargano e Maggio. I nuovi titolari, i non titolarissimi, furono Fernandez, Fideleff, Zuniga, Dzemaili, Santana, Mascara, Pandev. Quelli a riposo risposero al nome di Campagnaro, Cannavaro, Inler, Dossena, Hamsik, Lavezzi, Cavani.

La partita fu disastrosa. Semplificando, il Napoli non fece un tiro in porta e nella ripresa subì la rete di Moscardelli servito da un erroraccio di Fideleff che da quel giorno simboleggerà la precarietà della rosa azzurra. Si aprì un dibattito furibondo sulle scelte dell’allenatore e ovviamente su quanto fossero obbligate per non arrivare con i titolarissimi stremati in primavera.

Quell’anno, il Napoli disputò probabilmente la miglior Champions di sempre. Conquistò gli ottavi dopo un girone di ferro e tenne testa al Chelsea fino ai tempi supplementari dopo averlo battuto 3-1 al San Paolo. Ma arrivò quinto in campionato, quindi rimase fuori dall’Europa che conta, e poi vinse la Coppa Italia il primo trofeo della presidenza De Laurentiis.

Dal 2011 ad oggi, di polemiche sul turn over ce ne sono state eccome. Soprattutto nel triennio di Sarri che di fatto convinse la gran parte dei tifosi azzurri che lui era costretto a friggere il pesce con l’acqua. In realtà, ovviamente, non era affatto così.

E arriviamo a ieri, 22 settembre. Otto anni dopo. Il Napoli va a Lecce più o meno come fece il Napoli di Mazzarri a Verona contro il Chievo. Addirittura Ancelotti ne cambia otto di giocatori rispetto alla partita di Champions: sette in campo e uno in porta. E gli azzurri, tranne qualche lieve calo di tensione, dominano più o meno agevolmente e vincono 4-1. Con doppietta di Llorente che contro il Liverpool ha cominciato dalla panchina.

È come se il confronto tra queste due partite, tra queste due formazioni del Napoli, racchiudesse dal punto di vista simbolico il processo di crescita del club. E quindi dell’organico a disposizione. Oggi esce Manolas ed entra Maksimovic un difensore pagato 24 milioni di euro. Esce Allan ed entra Zielinski calciatore ambito in Premier League da squadre di primissima fascia e che nel Napoli non è certo di rientrare tra i primi undici. Esce la coppia d’attacco della Champions – Mertens e Lozano – e al loro posto ne gioca una inedita. Il doppio centravanti li hanno definiti. Lo spagnolo segna una doppietta.

Il Napoli (in questo caso) di riserva è oggi, otto anni dopo, una squadra che va a Lecce (più o meno l’equivalente del Chievo di allora, probabilmente più forte) e vince con disinvoltura, senza patemi. Oggi a Radio Anch’io Ancelotti ha detto: «Con questa rosa qui, il turn over diventa quasi automatico». Mario Sconcerti sul Corriere della Sera ha scritto: «Il Napoli è l’unica squadra ad avere un parco giocatori di soli titolari». Non c’è opinionista nazionale che non elogi il lavoro che è stato compiuto. E che non a caso ha attratto uno dei migliori allenatori del mondo, probabilmente il più vincente.

Gli unici a non aver compreso quanto sia cresciuto il Napoli in quest’anno sono ahinoi una fetta irrecuperabile di tifosi. Ovviamente nel Napoli non giocano Suarez, Benzema, De Bruyne, Aguero, lasciando perdere Messi e tantissimi altri. Quello è un universo irraggiungibile. Ma il Napoli è dietro, nella seconda fascia non solo di Champions. Una fascia decisamente superiore – ma tanto – alla storia del club dal 1926 ad oggi.

ilnapolista © riproduzione riservata