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«L’ultrà interista Piovella ha seguito le regole dell’omertà, no ai domiciliari»

Il gip Salvini: «non vi è stato da parte dell’indagato alcun cenno di riflessione critica sulle condotte proprie del mondo di cui fa parte con un ruolo di leadership»

«L’ultrà interista Piovella ha seguito le regole dell’omertà, no ai domiciliari»

L’ordinanza del gip Salvini

L’ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari Guido Salvini ha respinto la richiesta di arresti domiciliari per Marco Piovella l’ultrà interista detto il Rosso.

  • Piovella faceva parte del cd Direttivo degli Ultras della curva Nord in rappresentanza dei Boys e quindi concorreva a tutte le più importanti decisioni che riguardavano l’attività di tali gruppi
  • era presente il pomeriggio del 26 dicembre prima al cd Baretto e poi in serata presso il pub Cartoons da cui è partita la spedizione in direzione  di via Novara una volta date dai capi e dai sottocapi ai partecipanti le indicazioni che dovevano seguire
  • era presente, per sua stessa ammissione, agli scontri di via Novara e presumibilmente in una posizione avanzata posto che si trovava vicino a Belardinelli  nel momento in cui questi, all’inizio dell’attacco, era stato travolto e lo ha poi soccorso alla fine dell’attacco stesso caricandolo sulla vettura diretta verso l’ospedale San Carlo

Nel corso dei suoi interrogatori, Piovella, ormai raggiunto dalle chiare indicazioni di Da Ros, si è limitato a confessare la sua presenza all’attacco rifiutandosi, nonostante le sollecitazioni, di fornire spiegazioni in merito alla preparazione ed organizzazione dell’attacco e anche rifiutandosi di fornire qualsiasi ricostruzione della dinamica dei fatti che avevano visto tra l’altro l’approntamento anticipato in via Fratelli Zoia delle armi che dovevano servire a chi vi sarebbe giunto e  il confluire sul luogo di una trentina di francesi del Nizza.

Piovella non solo non ha fornito indicazioni sugli altri partecipi ma non ha nemmeno descritto i suoi movimenti e il suo personale comportamento quel giorno.

In sostanza si è limitato a descrivere quello che aveva visto della morte di Belardinelli, non l’investimento  della vittima, ma i momenti immediatamente successivi sino a quando egli lo ha soccorso in via Fratelli Zoia.

Si trattato da parte dell’indagato di una scelta esplicita e dichiarata che certamente risale al suo ruolo di essere uno dei “capi” di tali realtà organizzate.

L’omertà dei gruppi ne uscirebbe rafforzata

In sostanza egli ha seguito la regola dell’omertà propria di tali gruppi che ne uscirebbe certamente rafforzata se egli fosse scarcerato provocando ostacoli ancora maggiori all’accertamento della verità.

In questo contesto e in un momento in cui le indagini sono in piena evoluzione, l’applicazione di confronti dell’indagato di una misura attenuata rafforzerebbe obiettivamente, anche attraverso le campagne sui social network che già vi sono state e che è quasi impossibile controllare, l’omertà che caratterizza l’ambiente di cui Piovella fa parte in modo carismatico con ostacoli anche maggiori di quanti già esistono all’acquisizione della prova e alla sua genuinità. Costituirebbe infatti un messaggio a rispettare  le regole di  gruppo che l’indagato ha dichiarato esplicitamente di voler rispettare e quindi implicitamente di far rispettare da tutti. Si ricordino del resto le numerose minacce che sono già circolate, tramite gli strumenti di comunicazione degli ultrà interisti, nei confronti di Da Ros Luca per la scelta che egli ha assunto e tali da estendersi, come messaggio, ad altri possibili testimoni.

Si deve aggiungere che, a parte il rammarico dimostrato negli interrogatori per la morte dell’amico, dovuta peraltro a fatti che egli stesso ha contribuito in modo importante a generare, non vi è stato da parte dell’indagato alcun cenno di riflessione critica sulle condotte proprie del mondo di cui fa parte con un ruolo di leadership. Atteggiamento questo che tra l’altro comporta che fatti del genere possono più facilmente ripetersi qualora l’occasione nuovamente si ripresenti in altre e prossime trasferte dei tifosi con un rischio acuito dalla volontà di rappresaglie.

La sua scelta ostacola l’accertamento dei responsabili della morte di Belardinelli

Si noti inoltre che la scelta dell’indagato, nonostante il dolore mostrato per la morte di Belardinelli, costituisce un forte ostacolo per l’accertamento di chi ne sia il responsabile in quanto Piovella si è rifiutato anche di dire chi fosse intorno a lui in quei momenti e quindi più direttamente possa aver notato la vettura o le vetture che hanno travolto la vittima.

Infine dal punto di vista delle condizioni legittimanti il mantenimento della custodia cautelare in carcere deve ricordarsi che Piovella è indagato del reato di rissa aggravata punibile sino a cinque anni di reclusione e che l’episodio concretamente si pone a livelli molto elevati di gravità in relazione alla fattispecie contestata. Inoltre, anche a prescindere dall’iscrizione nel registro notizie di reato per il reato di cui all’art.575 c.p.,  egli è indagato  del reato di lesioni volontarie, del reato di cui all’art. 6 bi di s l. 401\89 ( punibile sino a 6 anni di reclusione essendosi verificati danni a persone) in relazione all’utilizzo, in concorso con gli altri aggressori, di razzi,  petardi, bastoni e coltelli  nell’ambito di una manifestazione sportiva nonché del reato di cui all’art. 4 legge l.110\75 in relazione al porto di bastoni e coltelli e altri strumenti atti ad offendere rinvenuti anche sul posto.

Ne consegue che è prospettabile l’irrogazione nei suoi confronti di una pena non inferiore a tre anni di reclusione, circostanza quindi che legittima il mantenimento della misura cautelare più grave

Non sussistono quindi allo stato elementi rendano possibile l’applicazione di una  misura meramente autocustodiale la che tra l’altro, per le caratteristiche dei mezzi di comunicazione attuali, non sarebbe in alcun modo sufficiente a troncare i rapporti fra l’indagato il suo ambiente

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