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Il Napoli di Ancelotti: giocare più partite in una sola

Napoli-Psg, analisi tattica: Tuchel ha provato a sfruttare i mezzi spazi (come Andreazzoli), Ancelotti ha risposto alzando l’intensità nella ripresa.

Il Napoli di Ancelotti: giocare più partite in una sola

Come ha giocato Tuchel

La più grande differenza tattica tra l’era Ancelotti e l’era Sarri riguarda il differente approccio al gioco, proprio in senso filosofico. Se fino a maggio 2018 il Napoli era una squadra che cercava sempre e comunque di imporre il proprio contesto, i propri principi, finanche le proprie spaziature e i propri meccanismi difensivi ed offensivi, ora la situazione è decisamente diversa. Ovvero, il Napoli muta partita per partita e all’interno di una stessa partita. Anche la stessa squadra schierata al Parco dei Principi può giocare in maniera diversa in un match al San Paolo, due settimane dopo. E può avere un atteggiamento differente, anche – se non soprattutto – dal punto di vista mentale, all’interno di novanta minuti di gioco.

Da questo punto di vista, Napoli-Psg è una partita esemplare, nel senso di esplicativa in senso assoluto. Seppure Ancelotti abbia scelto di confermare lo stesso undici utilizzato a Parigi, il modo di giocare del Napoli è cambiato rispetto a due settimane fa. Merito/colpa anche del Psg che, partendo proprio dalle indicazioni dell’andata, ha trovato un modo per rendere più difficile la vita alla squadra azzurra. A certi livelli, lo spostamento di alcune pedine in campo crea e/o modifica degli scompensi, e allora il passaggio alla difesa a tre con due mediani e due esterni a tutto campo e il tridente atipico – Neymar-Di Maria-Mbappé – ha consentito a Tuchel di avere gli strumenti migliori per rompere le scatole al Napoli.

In questo frame ci sono tutti i concessi che abbiamo espresso. I tre difensori del Psg in costruzione (Thiago Silva è fuori inquadratura); il doble pivote di Tuchel con Verratti e Draxler; Di Maria e Neymar negli spazi di mezzo, uno avanti e uno dietro la linea del centrocampo del Napoli per ricevere il pallone.

Sembrerà un paradosso, eppure il Psg ha sfruttato gli stessi concetti che hanno portato l’Empoli a giocare una buonissima partita al San Paolo. Basta riguardare l’analisi tattica del match di sabato per accorgersi della prossimità del gioco tra le linee di Neymar, Draxler e Mbappé rispetto a quello di Krunic e Uçan. È un difetto strutturale del 4-4-2 difensivo di Ancelotti, per cui la precisione simmetrica delle linee fa fatica a coprire nei mezzi spazi, soprattutto quando ci sono duelli individuali a centrocampo.

Qui si esprime la bravura di Tuchel: l’idea del tecnico tedesco è stata quella di tenere il pallone (alla fine il dato del possesso dice 56%-44% in favore dei francesi) in modo da togliere sicurezza al Napoli, più o meno come fatto da Andreazzoli; per questo, ha creato un sistema che fin dalla prima costruzione “muovesse” le linee del Napoli. L’ha spiegato lo stesso Ancelotti nel postpartita: «L’atteggiamento troppo prudente nel primo tempo, ci ha condizionati. Abbiamo lasciato spazio e tempo ai loro centrali di costruire dal basso, anche perché contro una difesa a tre noi siamo costretti a pressare muovendo uno degli esterni e scalando con un terzino. In questo modo, avremmo aperto gli spazi di mezzo per Neymar e Mbappé. Proprio quello che non volevamo».

La rete di Bernat arriva con l’inserimento di un solo calciatore del Psg contro sette (!) del Napoli.

Come vediamo nello screen in alto e in questa gif appena sopra, è tutta una questione numerica. Il Napoli a bassa intensità del primo tempo aveva un uomo in meno nel pressing sui difensori e/o sui centrocampisti avversari. In questo modo, Neymar – che molto spesso è venuto molto indietro a giocare il pallone – è stato semplice da trovare tra le linee la posizione in cui sa essere più pericoloso.

La rete di Bernat nasce con una dinamica diversa ma si origina dagli stessi principi: il Napoli fa salire Callejon sulla costruzione bassa, un avversario viene nel mezzo spazio di centrodestra che lo spagnolo non può coprire, o comunque la sua copertura o quella di Allan non riesce ad essere puntuale. Il resto lo fa Mbappé: l’ex del Monaco non è un centravanti classico, anzi si è mosso molto sull’asse orizzontale (sotto la sua heatmap e quella di Neymar), in modo da “aprire” la scatola difensiva del Napoli e favorire gli inserimenti da dietro. Quello di Bernat – assorbito malissimo dalla difesa del Napoli – è stato determinante.

A sinistra Neymar, a destra Mbappé

La posizione di Maksimovic

In realtà la premessa sul Napoli che cambia era valida anche per alcune scelte iniziali. Come nel secondo tempo di Parigi, Maksimovic ha giocato come terzino puro anche in fase di costruzione. Con un Psg schierato in modo diverso, l’idea di ripartire con tre uomini e due mediani – più Mario Rui sull’esterno a sinistra, quasi in linea con Callejon – è stata molto meno evidente rispetto al match contro il Liverpool. Il serbo ha giocato una partita sontuosa in tutte le fasi, ed è stato una delle chiavi per il cambio di passo mentale della ripresa. Sotto la sua heatmap, eloquente rispetto ai concetti appena espressi.

Maksimovic ha giocato da terzino, non da mezzo centrale

Il Napoli aveva un solo modo per rimettere in piedi la partita: aumentare la sua intensità di gioco, la frequenza del pressing. Insomma, attaccare di più il Psg, cercare di recuperare la palla per giocarla. Oppure per puntare la porta, come ormai è consuetudine per la squadra di Ancelotti. Per farlo, non ci sono stati sostanziali cambiamenti tattici. Il Napoli ha semplicemente alzato il baricentro ed è stato più aggressivo sui portatori di palla del Psg.

Una piccola modifica riguarda lo schema in fase offensiva, più simile a un 4-3-3/4-2-3-1 che a un 4-4-2 puro: Callejon si è portato molto in avanti, con Insigne e Mertens a scambiarsi il ruolo di esterno sinistro. Maksimovic è venuto molto su a supportare l’azione, con Fabian Ruiz e Allan più stretti vicino ad Hamsik, oppure con lo spagnolo a supporto dei tre d’attacco. In fase passiva, Ancelotti ha confermato il doble pivote e le due classiche linee da quattro. In questo modo, il Napoli ha obbligato il Psg a difendere a cinque, con i due esterni molto arretrati. A quel punto, l’uscita palla a terra è diventata più complessa per la squadra di Tuchel, nonostante la grande tecnica dei giocatori in campo.

Insigne nella sua zolla “storica” sul centrosinistra; Fabian Ruiz in supporto a Mertens; Callejon terzo d’attacco; nei riquadri, Maksimovic e Mario Rui molto avanzati.

Lo sforzo profuso nella prima parte del secondo tempo ha abbassato un po’ l’intensità del Napoli, ed anche l’impatto emotivo del pareggio raggiunto ha ridimensionato la spinta degli azzurri. Del resto, il pareggio casalingo per 1-1 era un risultato accettabile. Anzi, decisamente positivo. Anche in questo la squadra di Ancelotti si è dimostrata più matura rispetto al passato. Con il gol di Insigne, il peso di dover fare gol è passato al Psg, per pure motivazioni di classifica. Certo battere i francesi sarebbe stato un risultato decisivo, però il rischio che si sarebbe materializzato in caso di sconfitta è stato “pesato” e compreso dal Napoli. Che, a quel punto – parola di Ancelotti – ha deciso di gestire il risultato e posporre il discorso qualificazione al match contro la Stella Rossa. Soprattutto, si è portato in vantaggio nei confronti diretti rispetto al Psg. Non è poco, anzi appena dopo il sorteggio si pensava fosse una missione impossibile.

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