Il Napoli batte i Reds con una partita da grande squadra, ma si parla di “successo del calcio italiano”. La differenza tra tifosi e tifosi social.
Tutto in una notte
Tanti luoghi comuni spazzati via in un colpo solo. L’estetica fine a se stessa, il turnover, la squadra corta, le riserve inadeguate, l’allenatore che si volta verso la panchina e non vede nessuno, il portiere scarso, Maksimović pacco, Hamsik che scompare nelle partite importanti, e così via. Il post Napoli-Liverpool di molti sedicenti tifosi azzurri assume contorni drammatici. Dopo una partita del genere sarà difficile per molti di loro riproporre le lamentazioni (e gli insulti) che sistematicamente incendiano i social e il web all’indomani di ogni mancata vittoria.
Va anche peggio per buona parte degli opinionisti calcistici italiani, macchiati dalle imprudenti “griglie” del post calciomercato estivo. Per ora minimizzano, fanno i doverosi complimenti al Napoli, ma continuano la loro manovra diversiva, accomunando la vittoria degli azzurri a quelle delle altre tre squadre italiane. E parlano di “un trionfo del calcio italiano di club che non si vedeva da 13 anni”, come se battere Young Boys e Viktoria Plzen fosse minimamente paragonabile ad una vittoria contro i vice-campioni d’Europa e leader della Premier League. A loro volta improvvisamente ridotti a squadretta da qualche commentatore poco lucido.
I vuoti del San Paolo
Sarà una stagione difficile, ma questo lo sapevamo già. La speranza di ascoltare opinioni sul Napoli libere da pregiudizi è vana. Come è vana la speranza di vedere la tifoseria napoletana unita intorno alla squadra.
Tanto di cappello al pubblico dello stadio, commovente nel suo incitamento costante. Ma i vuoti del San Paolo sono scandalosi. Inammissibile lasciare tanti sediolini liberi in una serata del genere. Gli alibi sono tanti e tutti insensati. Di sicuro è incredibile come una città che si vanta di annoverare milioni di tifosi non riesca a riempire uno stadio di 60000 posti che, seppur scomodo e fatiscente, ospita partite bellissime e di altissimo valore tecnico. E a prezzi non proibitivi. Eppure un tempo lo stesso stadio di posti ne riempiva 80000 anche quando giocavano Frappampina e Vinazzani (con tutto il rispetto per i due calciatori).
Un percorso che va avanti da anni
Troppi tifosi hanno dubitato di questo Napoli (e molti ne dubitano ancora), e soprattutto hanno dubitato del suo allenatore, la cui colpa principale è stata quella di affermare sin dal suo arrivo che aveva a disposizione una signora squadra. Il tifoso social pretendeva di conoscere il calcio meglio di un signore che ha vinto quanto tutti gli altri allenatori di Serie A messi insieme. Questi pseudo tifosi, nonostante i risultati, non smettono di gridare che il Napoli avrebbe una rosa inadeguata, resa grande solo dal lavoro del precedente allenatore.
Ma parlare per l’ennesima volta di Napoli che mette in soffitta il Sarrismo, oltre che a mancare di rispetto ai successi dei tre anni precedenti, trascura il fatto che questo Napoli non è mai stato il Napoli di qualcuno, ma è il Napoli di un percorso. Non mi stancherò mai di ripeterlo, una grande squadra si costruisce nel tempo, e questo Napoli è figlio di Ancelotti, di Sarri, di Benitez e forse anche un po’ di Mazzarri.
In fondo quella del Napoli è un’evoluzione consapevole. I calciatori hanno imparato a capire come si vincono certe partite. Quella con il Liverpool somiglia terribilmente alla vittoria dello scorso 22 aprile allo Stadium. Dominio totale e gol allo scadere. Sarà un caso, ma certe partite le grandissime squadre le vincono così. E il Napoli dell’ultimo Sarri si stava già scrollando di dosso il mito della bellezza fine a se stessa. Anche se nel suo allenatore e nei suoi adoratori resisteva il mito della “bella morte”, così mirabilmente definita da Massimiliano Gallo in questo articolo.
Il concetto di bella morte
I commenti di quelli che “però il Real Madrid si è cacato sotto”, o di quelli che “Guardiola ci ha fatto i complimenti”, hanno imperversato fin troppo, senza riuscire a far passare fino in fondo il concetto che forse i 3 punti sono più importanti delle palette con i voti dei giudici. E in tanti si trastullavano per i complimenti pelosi di chi da un lato lodava il bel gioco del Napoli e dall’altro sogghignava per la bacheca azzurra senza trofei.
L’operazione principale di Carlo Ancelotti è proprio questa. Liberare la squadra dai suoi complessi e renderla nel tempo vincente. Senza per questo rinunciare a priori al bel calcio. Sarà un percorso lungo e faticoso, ma le premesse sono tutte dalla sua parte. Si, premesse. Perché questo potrebbe essere solo l’inizio.