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Un documento dell’anno scorso sul degrado dei piloni 9 e 10 del Ponte Morandi

Rassegna Stampa / Nel 2013 l’ingegner Malerba scrisse che la struttura in cemento precompresso era un esempio da non seguire

Un documento dell’anno scorso sul degrado dei piloni 9 e 10 del Ponte Morandi

L’aspetto forse più importante che emerge dalla lettura dei quotidiani odierni viene dal Corriere della Sera, che parla di un documento che già lo scorso ottobre raccontava il degrado del Ponte, in particolare per ciò che concerne i piloni 9 (quello crollato) e 10 (miracolosamente ancora in piedi).

Un documento prodotto da Autostrade per l’Italia

Si tratterebbe di un allegato al progetto esecutivo redatto per conto di Autostrade per il consolidamento del Ponte (i lavori, per 20 milioni di euro, dall’ottobre prossimo avrebbero raddoppiato gli stralli come fatto, nel 1993, su quelli di Levante).

A tirarlo in ballo, in una mail inviata questa notte ai soggetti competenti per il Ponte (presidente della Regione Liguria, sindaco di Genova, direttore del tronco autostradale genovese e Prefettura), è Roberto Ferrazza, capo della commissione ispettiva ministeriale, sempre lui, il tecnico interessato dal famoso conflitto di interessi di cui abbiamo già parlato nei giorni scorsi.

Il pilone 10 era più “grave” del 9

Dal documento, racconta il Corriere, “emerge, con riferimento alla pila numero 10, sopravvissuta al crollo, uno stato di degrado dei materiali di grado più elevato – 4 su una scala di 5 – rispetto a quello che era stato riscontrato nella pila numero 9 crollata, che risultava di livello 3”. Il tutto evidenziato dai risultati “della sorveglianza riflettometrica dei cavi di precompressione degli stralli”.

In pratica, il pilone caduto risultava meno a rischio (livello 3 su 5) di quello rimasto in piedi (pericolo 4 su 5), cosa che lascerebbe presagire, secondo Ferrazza, un crollo da un momento all’altro, elemento che con la sua mail ha portato all’attenzione degli interessati.

I dati provengono da un’indagine svolta proprio da Autostrade per l’Italia.

Dopo aver ricevuto la mail, il presidente della Regione, Giovanni Toti, ha a sua volta scritto ad Autostrade per conoscere le loro intenzioni in merito al da farsi di ciò che resta del ponte.

I costi per lo smantellamento saranno a carico di Autostrade – spiega Toti sempre a Repubblica –: “è il concessionario della tratta l’unico autorizzato a fare i lavori, almeno fino a quando i percorsi presi dal governo sulla revoca non arriveranno a destinazione”.

L’incontro di oggi pomeriggio in Regione

Di questo si parlerà nel pomeriggio: alle 18, in Regione, è previsto un vertice con alcuni tecnici e responsabili di Autostrade per valutare le modalità e i tempi dell’abbattimento del ponte.

L’ipotesi più plausibile è quella della demolizione controllata, cioè di un crollo a piccole dosi che garantirebbe maggiore sicurezza dell’area e tempi più rapidi. Repubblica però scrive anche che “verranno con ogni probabilità sacrificati i palazzi sotto la parte a est del viadotto, gli abitanti sono sfollati dal giorno stesso del crollo e non è detto che potranno tornare mai più anche solo a prendere altri oggetti nelle proprie case”.

Le indagini: acquisizione di computer, smartphone, server di posta e documenti

Il Corriere della Sera riferisce che la Procura di Genova ha acquisito ieri computer e smartphone del presidente di Autostrade Fabio Cerchiai, dell’amministratore delegato Giovanni Castellucci, del direttore del tronco genovese della società Stefano Marigliani e di una decina di altri dirigenti.

Acquisiti anche il server di posta di Autostrade e l’atto di concessione, “pare comprensivo della parte coperta da segreto di Stato”, scrive il giornale, con il quale il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha assegnato la gestione della rete autostradale: “Accompagnati dai consulenti dei pm, Pier Giorgio Malerba e Renato Buratti, gli uomini delle Fiamme Gialle hanno selezionato documenti tecnici, amministrativi e contabili e ogni sorta di corrispondenza riguardante il ponte Morandi. Hanno prelevato contratti, capitolati speciali, stati di avanzamento dei lavori, piani di sicurezza per le lavorazioni e collaudi”.

L’incidente probatorio

I pm che si occupano del crollo si appresterebbero a chiedere l’incidente probatorio sul ponte per valutare il “livello di corrosione delle varie parti in cemento, dei cavi degli stralli – i tiranti di calcestruzzo del viadotto – dei giunti e di altri elementi della struttura, e sulla ricerca del primo cedimento che origina il collasso della pila e dei 200 metri di soletta del Morandi”.

Il procedimento presuppone, come spiega Repubblica, che il gip nomini un suo perito, la Procura partecipi a sua volta con un suo consulente e dia la possibilità anche ai familiari delle vittime di fare altrettanto. Anche Autostrade dovrà essere messa in condizione di avvalersi di propri esperti. Ecco perché, spiega il quotidiano, “è in via di preparazione un elenco con una prima dozzina di nominativi” tra “dirigenti, tecnici, funzionari di Autostrade e ministero nelle sue varie diramazioni”, le persone, cioè, che, secondo i documenti esaminati finora, “hanno preso atto delle condizioni critiche del ponte senza ordinare interventi urgenti finalizzati alla sua messa in sicurezza o comunque ad ulteriori accertamenti”.

I video acquisiti dalla Finanza

Repubblica torna anche sulla questione dei video acquisiti dalla Guardia di Finanza raccontando che in uno di essi si noterebbe “come il primo trauma sia il distacco di uno strallo dal suo aggancio alla sommità dell’antenna del pilone. Segue rapidamente quello degli altri tre stalli e poi il crollo quasi istantaneo dell’antenna, della pila e delle solette”.

Lo scontro tra Autostrade e governo

Assume toni sempre più aspri il confronto tra governo e Autostrade. Ieri si è riunito il cda di Atlantia, società che controlla Autostrade per l’Italia che, in una nota, ha fatto sapere che si riserva di valutare, tra le altre cose, i potenziali effetti della lettera di contestazione inviata dal Mit che: Atlantia ha perso, in otto giorni, circa 5,5 miliardi di capitalizzazione e il consiglio vuole verificare che la lettera non abbia ulteriormente penalizzato il titolo.

Anche l’Anac, autorità anti-corruzione guidata da Raffaele Cantone, interviene nella disputa: ieri ha chiesto chiarimenti sull’appalto per i lavori sul ponte Morandi e sullo stato degli interventi sulla A10. In particolare, l’Anac fa riferimento all’ultima relazione del Mit, del 2016, da cui si evince, scrive il Corriere, una mancata attuazione degli investimenti previsti pari al 72,89%. Nel 2013, infatti, Autostrade, nel piano economico finanziario (Pef) presentato al Ministero – coperto da segreto di Stato – aveva programmato un determinato ammontare di investimenti che non si sarebbero realizzati.

Per nulla in ambasce, secondo Repubblica, i legali di Autostrade: “Un documento del Mit del 2018 accertava che la società non solo aveva completato il 100% dei lavori previsti, ma anzi era avanti avendone fatti il 106%”.

Anzi, l’amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci, precisa che le inadempienze non si riferiscono alla manutenzione, ma alle nuove opere relative alla Gronda e al potenziamento dello snodo di San Beningio, che collega il porto, i cui lavori non sono mai partiti per il ritardo, da parte delle istituzioni competenti, nell’approvazione del progetto. La Gronda, infatti, secondo Autostrade, sarebbe stata approvata dal Mit solo nel settembre 2017, da cui la previsione di inizio lavori nel 2019, essendo scaduto il termine del febbraio dello stesso anno come scritto nel Pef del 2013.

I pareri degli esperti: Pier Giorgio Malerba

Sul Corriere della Sera di ieri, mercoledì 22, Andrea Pasqualetto ricordava che già nel 2013 Pier Giorgio Malerba, docente di Tecnica delle Costruzioni al Politecnico di Milano, oggi consulente dei pm per il crollo del Ponte Morandi, si era espresso sulle criticità del viadotto.

In un articolo pubblicato il 12 marzo 2013 sulla rivista internazionale Structure and Infrastructure Engineering dal titolo “Inspecting and repairing old bridges: experiences and lessons” http://www.eventi.saie.bolognafiere.it/media/saie/presentazioni%20sba/sala%20A/Pier_Giorgio_Malerba.pdf, Malerba si soffermava sul viadotto Polcevera scrivendo che, dopo circa 25 anni di vita, molte parti del ponte presentano gravi danni e che sui tiranti del telaio 11, sul lato di Genova, appaiono tracce chiare di corrosione, mentre danni minori interessano il pilone 10 e altre parti del ponte.

Malerba si sofferma sull’intervento di riparazione straordinaria eseguito sul pilone numero 11 nel 1992-94 dall’ingegner Francesco Pisani, che aveva coadiuvato Morandi nella progettazione del ponte. L’intervento consisteva nel fiancheggiare ogni tirante originario con un set aggiuntivo di 12 cavi moderni per migliorare l’azione della sospensione dei tiranti.

I lavori di riparazione, documenta Malerba, riguardavano anche gli altri due telai: sul numero 10 fu effettuata una riparazione locale, finalizzata a rafforzarne l’estremità superiore, mentre sul numero 9 (quello crollato il 14 agosto, ndr), i cui cavi apparivano meno danneggiati rispetto agli altri, non era stato adottato alcun intervento.

Tornando a quanto scritto in principio a proposito dell’allegato al progetto esecutivo di Autostrade dell’ottobre 2017 citato dal Corriere appare inquietante che lo stato del pilone 10, nonostante la riparazione di cui parla anche Malerba, fosse peggiore del 9, su cui non era stato effettuato alcun intervento.

Il professore scriveva all’epoca: “Il ponte Polcevera e gli altri ponti legati a Morandi rappresentano un riferimento eccezionale dal punto di vista concettuale, estetico e tecnico, ancora più rilevante se correlato ai tempi in cui tali strutture sono state costruite. Al giorno d’oggi, tuttavia, simili schemi statici, anche se brillanti, non possono essere proposti. Secondo i moderni criteri di durabilità, il cemento precompresso non sembra una soluzione sicura per gli elementi in tensione. Inoltre, l’azione di sospensione affidata a un numero limitato di tiranti rende l’intera struttura poco robusta e le azioni di manutenzione abbastanza difficili”.

Malerba concludeva facendo notare che le moderne configurazioni dei ponti, caratterizzate da un relativo gran numero di tiranti sono progettate in modo che, nel caso si verificasse il crollo di uno di essi, la successiva perdita dell’azione di sospensione sarebbe compensata da altri elementi di sospensione, rendendo più facile la manutenzione e la sostituzione dei cavi.

Il parere degli esperti: Saverio Ferrari

Primo Canale intervista Saverio Ferrari, che nel 1967 collaborò con Morandi nella realizzazione del Viadotto Polcevera http://www.primocanale.it/notizie/l-ingegnere-che-ha-collaborato-con-morandi-quel-ponte-ha-sopportato-troppo-peso–200734.html: “Quell’infrastruttura non era in grado di sopportare il peso dei tir moderni e chi doveva controllare non l’ha fatto”.

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