Il commento su La Stampa: «Il comandante in capo Allegri può sbattere qualcuno sotto coperta, lo skipper Sarri sceglie sempre gli stessi marinai, per scelta o per necessità».

Il commento
Grandi contro piccoli, favoriti contro underdog. Gigi Garanzini presenta così Juventus-Napoli su La Stampa. E utilizza la metafora delle imbarcazioni. «Da una parte – leggiamo – c’è una corazzata, dall’altra una barca a vela. Il Napoli ha già fatto l’impresa; è bellissimo ma fatalmente un po’ fragile, e se la gioca da mesi grazie a uno skipper geniale, forse un po’ integralista. Che – vuoi per scelta vuoi per necessità – finisce per affidarsi sempre agli stessi marinai, per stanchi o stressati che siano». Questo è Sarri, ovviamente.
Allegri, invece, è «l’ammiraglio che guarda con distacco dal ponte. E se uno sgarra, o semplicemente si distrae, lo sbatte in coperta comunque si chiami, anche Dybala, perché uno skipper può anche permettersi di fare il sentimentale, un comandante in capo no».
Il miracolo del Napoli
C’è una differenza di pressione, secondo Garanzini, che potrebbe favorire il Napoli: «Se il campionato lo vince la Juve, fa il suo. Che poi sarebbe un suo straordinario, epocale, trattandosi del settimo di fila. Ma quando una squadra ne vince sei, uno dopo l’altro, e per continuare la serie si regala in ordine sparso Douglas Costa e Matuidi, Benatia e Bernardeschi, e De Sciglio e pure Szczesny perché non si mai, poi non ti viene da gridare al miracolo quando vince, puntualmente, la regata».
La condizione del Napoli è tutta diversa: «Al miracolo gridi se vince il Napoli. Primo perché è già oggettivamente inferiore sui primi 11: e ha dovuto tra l’altro fare i conti con l’annata difficile di Hamsik, uno dei soli due, l’altro è Koulibaly, che al suo meglio sarebbe titolare nella Juventus. Secondo perché quando l’omaccio in tuta blu si volta verso la panchina, visti Zielinski, forse Diawara e da quel poco che è guarito Milik, ha visto tutto. Morale. In Italia la superiorità strutturale della Juve è tale che i complimenti più sentiti finisce per meritarseli non tanto chi vince, quanto chi più a lungo è riuscito a metterne in discussione il trionfo.