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Inter-Napoli, l’acqua alta è un pareggio

Inter-Napoli, la partita non guardata (ma vissuta, percepita, “sentita”) a Venezia: un pareggio segnato, la speranza di Milik, il campionato che non è finito.

Inter-Napoli, l’acqua alta è un pareggio
Foto Ssc Napoli

Venezia è così

Il Centro Maree annuncia acqua alta per domenica sera, la massima prevista è 120, alle 21,20; bisogna organizzarsi. L’acqua comincerà a salire dalle 18,00, i canali si gonfieranno. Siamo in biblioteca quando suonano le sirene che l’annunciano, saranno più o meno le 18,30. Chi sente quel suono per la prima volta potrebbe pensare a come fosse quello che annunciava i bombardamenti al tempo della guerra; ma un suono così potente e acuto potrebbe annunciare qualunque cosa, perfino un terremoto, nulla di buono in ogni caso. Nella migliore delle ipotesi potrebbe annunciare un pareggio.
Bisogna portare fuori i cani prima che l’acqua salga, corriamo a casa. Faccio con la bracca e la segugia un giro breve, l’acqua sale, guardo sullo smartphone i risultati delle partite del pomeriggio, nulla di sorprendente eccetto la vittoria netta del Crotone sulla Sampdoria. Torniamo a casa, sono le sette, fuori si fa tutto silenzioso.

Venezia è così, quando l’acqua sale tutto il resto si ritrae, tutto il resto è silenzio. Quando l’acqua sale tutto il resto perde, al massimo pareggia. Ceniamo, comincia la partita. Non capisco il motivo ma sento, dopo un quarto d’ora, che questa partita non porterà a nulla, sarà pareggio come all’andata. Non immagino niente, ma vedo con chiarezza questo 0 a 0 fatto di umidità e nebbia, che sale come l’acqua e che ci avvolge, fino quasi a sommergerci.

San Siro, San Marco

Non puoi giocare, è tutto spento, morto, i calciatori indossano gli stivali da pescatore e con quelli non si può correre, non si possono sollevare le gambe, si possono soltanto trascinare dentro l’acqua che arriva alle caviglie; sollevare la gamba è faticoso, figuriamoci correre, figuriamoci fare un assist o un gol.

San Siro diventa una San Marco minore, con 22 turisti che non riescono a tornare in albergo, fanno foto e si bagnano, ma sono contenti; “Tutto sommato, quando ci ricapiterà?”, si domandano. Speriamo mai, rispondo idealmente.

La uallera e Milik

La partita va avanti e io sento chiaramente il peso della uallera che affonda nella piscina naturale che si forma davanti casa. Finisce il primo tempo nel momento in cui la marea raggiunge il suo picco, dopo potrà solo scendere. “Intervallo”, rispondo ad Anna, “0 a 0”, aggiungo. Calcolo mentalmente che potrò riportare fuori i cani dopo le undici e mezza. Spero in un Milik, perché lo 0 a 0 segnato dal destino può essere stravolto da un fattore imprevisto come un calciatore che non doveva esserci. Spero in un colpo di testa su calcio d’angolo, ma Milik entrerà negli ultimi minuti, naturalmente.

Di questo non colpevolizzo Sarri, ha le sue idee, ed è pronto a pagarne il prezzo. Né Sarri né Zielinski possono nulla contro l’acqua alta. Se poi la marea sale in una serata no dei tre davanti, essere sommersi è un attimo. Prova tu a fare un tiro a giro da dentro l’acqua, prova. È come quando giocavamo al mare. L’acqua alta ha lo stesso colore del mare di Castelvolturno, non ti ci tufferesti con leggerezza.

La partita finisce così come avevo previsto, certe volte vorresti essere smentito ma non è successo, il campionato non è ancora finito, lascio agli analisti l’onere di rispondere alla domanda del perché il Napoli sia mancato sotto l’aspetto della determinazione, quando sarebbe bastato solo quella per battere l’Inter mediocre di questo periodo.

L’acqua applaude

Sono le 23,50, l’acqua sta scendendo, porto fuori i cani. Quando la marea scende lascia tra le calli tutto lo sporco che porta con sé; quando torni nello spogliatoio dopo uno 0 a 0 così devi lasciare le cose sul campo, devi trovare il modo di fluire, di tornare a fluire. I cani mi guardano come a dire: “Giro corto o lungo?”, prendo la direzione di San Samuele: “Giro medio”. Il Canal Grande è ancora gonfio, ma lo senti più che vederlo, è nascosto dall’umidità, in giro non c’è anima viva. Altro discorso per i morti, secondo me di notte se ne vanno in giro per Venezia, e allora – tra i vapori dell’umido che sale e l’acqua che si ritrae – io vedo 22 morti nuovi, reduci da un pareggio; ecco Insigne, ecco Hamsik. Laggiù vedo Callejon.

Si muovono lentamente, molto, troppo lentamente, come se questo 0 a 0 si prolungasse, si ripetesse. Callejon fa un passo ogni 2 minuti, Insigne fa strani pallonetti contro il muro di una chiesa. Li chiamo e li metto in fila come se fossi il Pifferaio Magico e li porto al Campiello dei Morti; intimo loro di riposare fino alla prossima partita. Il grande poeta russo Brodskij scriveva: “Ma l’acqua applaude”. Non questa volta, dico io.

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