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Anna Frank, evitiamo che l’orribile frase di Lotito sia l’unica cosa sincera di questi giorni bui

Per ogni bambino che leggerà quelle pagine, ci sarà un adesivo staccato in curva. Del calcio giocato, salviamo la perla di Mertens: un’opera d’arte

Anna Frank, evitiamo che l’orribile frase di Lotito sia l’unica cosa sincera di questi giorni bui
Nello Mascia all'Olimpico

FALLI DA DIETRO – COMMENTO ALLA 10A GIORNATA

Il sorriso di Anna per non dimenticare.

Le sue parole, quelle di Primo Levi regalate ai bambini per capire.

È un bel gesto. Dopo l’orrore di questi giorni.

Si può cominciare da qui.

Se uno solo di quei bambini leggerà un solo capitolo di quei libri, staccherà dalla curva sud un adesivo di Anna.

E l’umanità avrà fatto un piccolo passo avanti.

Non bisogna arrendersi.

Anche se sono cose che abbiamo ripetuto cento volte.

Anche se abbiamo combattuto l’intolleranza in cento modi, non dobbiamo smettere.

Si può cominciare da qui.

Non con i fiori e con i discorsi ipocriti in sinagoga.

Non con lo sguardo contrito delle istituzioni che hanno convissuto fino a ieri con Mafia Capitale e con le frange più nere della malavita territoriale.

Così si rischia di trasformare l’orribile “Famo sta sceneggiata” dell’orribile Lotito come l’unica frase sincera pronunciata nella circostanza.

Si può cominciare da qui. Ma non basta.

Le istituzioni facciano la loro parte. I cittadini democratici sono stanchi di svastiche, croci celtiche, saluti romani, cori razzisti nei nostri stadi, che devono tornare ad essere un luogo di condivisione e di civiltà.

Non penso a tutta la miseria, ma alla bellezza che rimane ancora.

Mertens

La frase di Anna e le mirabolanti imprese del Fiammante Fiammingo.

L’arcobaleno su punizione pesca un angolo impossibile. E sembrava quello il capolavoro della serata.

Ma la meraviglia deve ancora arrivare.

È il trentesimo minuto in punto. Sono le 21,15 della sera.

Il sontuoso Diawara, proprio nel cerchio di centro campo, vede il Trilly involarsi sulla sinistra. E lo cerca con una pirlesca verticalizzazione di trenta metri.

Un invisibile filo magico fatto di stelline intermittenti guida il pallone.

La sfera dà a tutti la sensazione di sapere dove deve arrivare, dove deve fermare la sua corsa. 

La Coccoina

Giusto lì, sotto quella suola, spalmata di Coccoina.

Quella che ci serviva per attaccare le figurine di Sivori e di Rivera (con Diego la Coccoina già non serviva più, messa frettolosamente in ripostiglio dal meno poetico autoadesivo).

Non si vedeva un controllo così perfetto da almeno vent’ anni.

Immediato tocco sul sinistro.

Ora in 68 centesimi di secondo il piccolo Dries. deve decidere cosa fare.

Lo dirà nel dopopartita, quando racconterà il goal con una naturalezza e una semplicità disarmante.

Deve capire le intenzioni di Perin.

Se decide di uscire, allora lui può tentare la palombella.

Ma visto che non esce, l’unica cosa che gli resta da fare è il tiro alto.

Lì nell’angolo. Praticamente un quadratino di mezzo metro.

Ha solo 68 centesimi di secondo per elaborare tutto, e decidere cosa fare.

E decide per il miracolo.

È la bellezza incastonata in quella frase di Anna.

Un incanto, un’esplosione

Un incanto, un’esplosione che ci sospende fra cielo e terra.

Sfido chiunque a non essere stato in quell’attimo, non dico felice (perché ce ne vuole, lo so), ma un po’ più contento, va’.

Urlano tutti.

Persino la ciurma ostile di Sky, urla di stupore e di incredulità.

È il capolavoro che accomuna. E che rende tutti fratelli e chissà, forse tutti più umani.

E allora via, avanti con la retorica a più non posso!

Una sensazione simile l’ho provata appena una settimana fa alla National Gallery dinanzi a una marina di Turner tumultuosa di gialli incandescenti e di rossi inattesi.

L’Empireo dei fuoriclasse apre le porte. Accomodati, Dries.

Cos’altro c’è da commentare dopo?

Vincono tutte quelle di testa, scavando un solco più profondo col resto del gruppo.

Gli Aquilotti scendono al Dall’Ara in una gara piena di significati.

A Bologna l’unica curva dedicata a un martire ebreo

Per un curioso e inquietante segno del destino quello di Bologna è l’unico stadio italiano ad avere una curva dedicata a un martire ebreo.

Arpad Weisz fu un allenatore capace di vincere tre Scudetti, uno con l’Inter e due con il Bologna, e morì in un campo di sterminio nazista.

Per il riscaldamento indossando maglie dedicate ad Anna, gli Aquilotti.

E anche questo è un bel gesto. 

In una giornata tutta segnata dal sentimento antirazzista, suscita un piacere speciale la vittoria  di John Malkovich Pioli contro il ceffo Sinisa.

Lui, che conosce bene Arkan, non conosce Anna Frank.

Spero che la batosta di Firenze serva mandarlo via a calci nel sedere. E che non si faccia vedere mai più.

Il Toro non merita un mascalzone come lui.

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