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È la crisi della middle class che sta impoverendo la Serie A

Le quote punti provvisorie e finali di tutte le leghe europee ci dice che il nostro campionato è “meno allenante” per via delle difficoltà delle squadre di centro-classifica.

È la crisi della middle class che sta impoverendo la Serie A

La situazione

L’Italia è “in testa”: non c’è nessun campionato, nell’Europa calcistica che conta, come la Serie A nella distanza tra zona retrocessione e zona Champions League. Sono 22 punti, la voragine si allarga a 28 se chiamiamo in causa il record negativo assoluto del Benevento – l’unico club delle cinque leghe top a zero punti. E allora, come segnalato anche da Sarri oggi in conferenza stampa, “il divario si allarga”. E continua ad allargarsi, anche in Europa – anche queste sono parole del nostro allenatore. Vogliamo capire quanta verità numerica – e storica – ci sia dietro questa affermazione. Basta scorrere le classifiche degli ultimi anni.

La Liga

La Spagna è l’esempio maximo in questo senso: se la Juventus, in Serie A, ha alzato al massimo la soglia per conquistare il titolo, il duello tra Barcellona e Real (con l’outsider Atletico) si è svolto a quote altissime. Solo nel 2014 l’Atletico Madrid ha vinto il campionato con 90 punti. Prima (fino al 2010) e dopo, punteggi sempre superiori a questa quota. Con il picco dei 100 punti toccati dal Barcellona 2013 e dal Real Madrid 2012. Con duelli da 96 punti a 99 (Liga 2009/2010). Mentre la retrocessione veniva sancita a 36 punti. L’altro esame da fare riguarda proprio la quota retrocessione: anche in Italia siamo sugli stessi livelli, tra i 33 e i 38-39 punti necessari a conquistare la salvezza. L’anno scorso, in Liga, ne sarebbero bastati 32.

L’Italia sempre più simile alla Spagna

Da questi dati abbastanza similari, si può dire che l’Italia sta in qualche modo assumendo le sembianze della Liga. Dal 2014 in poi – con l’eccezione dell’annata 2014/2015 – due o tre squadre davanti a dettare ritmi altissimi e le altre dietro a rincorrere con un quoziente punti decisamente basso. In Spagna, le distanze sono leggermente più ampie che da noi, ma siamo davvero vicini. Anche quest’anno va così: dopo i nostri 22 punti tra zona-Champions e zona-retrocessione, ci sono i 14 che dividono l’Atletico Madrid dal Las Palmas. Con la differenza, quest’anno, che il Real Madrid ha perso a Girona. Da noi non è ancora accaduto.

La Premier e la Bundes e la Ligue 1

Diversa, invece, la situazione in Premier League. In Inghilterra il dislivello di punti è direttamente proporzionale a quello economico, nel senso che è sbilanciato verso l’alto. E allora la quota retrocessione resta sempre la stessa, bastano 36-39 punti per salvarsi (l’anno scorso anche 35, ad esempio), mentre si abbassa quella media per il titolo. Segno che le partite tra big e squadre medio-borghesi sono più combattute rispetto che in Serie A o Liga. Ecco che allora i 93 punti del Chelsea 2017 sono un record assoluto per questa generazione, al Leicester di Ranieri ne bastarono 81. La quota si aggira sempre intorno agli 85-88 punti, mai sotto gli 80.

Secondo Sarri, anche il campionato inglese sta vivendo la stessa dinamica di allargamento del gap, per il momento questa teoria non è verificata pienamente nei fatti se non in alcuni risultati (il 7-2 del City sullo Stoke, ad esempio). Che però restano casi isolati. In Premier, ad esempio, l’ultima in classifica Crystal Palace – a zero punti – ha battuto il Chelsea di Conte. Come se il Benevento domenica vincesse contro la Juventus.

Bundesliga

Dal punto di vista statistico, il confronto con la Bundesliga è praticamente impossibile per le differenze sostanziali di modello e di calendario (34 partite, quote per la vittoria necessariamente più basse), ma è significativo come la retrocessione si possa evitare solo conquistando più punti che partite. L’ultimo club a salvarsi conquistando meno di 3 punti è stato l’Amburgo 2014.

Chiudiamo con la Ligue 1 che per distanze economiche è una riproduzione in scala della Serie A. Un dominatore (il Psg come la Juventus) e le outsider. E infatti siamo più o meno sulle stesse quote punti della Serie A, sia per quanto riguarda lo scudetto che la salvezza. Forse quella per evitare la retrocessione è mediamente più alta, ma di poche lunghezze.

Conclusione

Cosa sta succedendo, allora? Tutto o niente, a seconda di come vogliamo vedere la cosa. La Serie A è lontana dal suo passato di “campionato più difficile del mondo”, ma la colpa non sta nella lowest class, quanto nella media-borghesia. Anche in Serie A c’è la crisi del ceto medio. Il fatto che le prime cinque abbiano perso punti solo tra di loro, o al massimo per pochissime e particolari partite (Lazio-Spal, Bologna-Inter e Atalanta-Juventus) ci dice che è la terra di mezzo a non essere più difficile da violare. Problemi di investimenti, soprattutto, perché c’è un’economia a due velocità se non a tre. Quella della Juventus, quella di chi partecipa alla Champions (Napoli e Roma, soprattutto) e quella dei club che stanno provando a ricostruirsi (Milan e Inter). E poi c’è la Lazio, vera sorpresa con una politica di mercato inscalfibile e redditizia.

Il campionato italiano è diventato meno allenante di altri rispetto alle singole partite, per le grandi squadre. Non si spiegherebbero altrimenti i record di ogni squadra infranti praticamente ogni anno, se non ogni settimana. Vedasi Roma, Napoli, l’Inter di Spalletti con il suo inizio scintillante. Non è altro che la dinamica europea adattata al nostro contesto, e che nel nostro contesto finisce per esasperarsi ed affrettarsi. Anche perché tutte le battistrada hanno un ruolino pressoché identico: solo successi e un pareggio per Manchester City, Napoli e Barcellona, 9 successi e due pareggi per il Psg. Solo il Bayern ha uno score leggermente peggiore, ma ha anche iniziato la stagione in stato di crisi/agitazione interna. Heynckes ha riportato la chiesa al centro del villaggio – ergo, i bavaresi in testa nonostante 7 vittorie, 2 pareggi e una sconfitta.

Ci riaggiorniamo tra qualche settimana, quando le distanze degli altri campionati saranno ancora più definite. Intanto, ci “godiamo” e ci prepariamo a una Serie A che sarà indirizzata soprattutto negli e dagli scontri diretti.

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