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La storia del baccalà insegna che la Juventus non poteva vincere a Genova

Sono ben altre le radici del gemellaggio tra il Genoa e il Napoli e risalgono al naufragio del veneziano Pietro Querini.

La storia del baccalà insegna che la Juventus non poteva vincere a Genova
La genovese di baccalà

La storia risale a molti secoli fa, ma costituisce la base per il gemellaggio tra le squadre di calcio del Napoli e del Genoa. Con le conseguenze sportive che ne conseguono.

Partiamo dal 1431 e dal naufragio che colpì l’imbarcazione del patrizio veneziano Pietro Querini. In seguito al naufragio l’imbarcazione con la quale Querini si era messo in salvo con il resto dei sopravvissuti dell’equipaggio fu spinta il 14 gennaio 1432 nell’isola deserta di Sandøy, vicino a Røst nell’arcipelago norvegese delle Lofoten. E quando dico Lofoten ho detto tutto. Ma va aggiunto che, come scrisse Querini nella dettagliata relazione per il Senato, in queste isole “loro unica risorsa è il pesce che portano a vendere a Bergen. (…) Prendono fra l’anno innumerabili quantità di pesci, e solamente di due specie: l’una, ch’è in maggior anzi incomparabil quantità, sono chiamati stocfisi; … I stocfisi seccano al vento e al sole senza sale, e perché sono pesci di poca umidità grassa, diventano duri come legno. Quando si vogliono mangiare li battono col roverso della mannara, che gli fa diventar sfilati come nervi,”.

Da Røst il 12 ottobre del 1432 (giusto 60 anni prima dell’arrivo di Colombo in America) Querini rientrò a Venezia e portò con sé lo stoccafisso, che ebbe un grande successo: per la sua bontà gastronomica; per la caratteristica di cibo a lunga conservazione molto utile sia nei viaggi di mare che di terra, e, non ultima, per la caratteristica di essere un “cibo magro”, e, quindi, consigliato negli oltre 200 giorni di magro, fissati, assieme ai cibi, il 4 dicembre 1563 dal concilio di Trento.

A dimostrazione che non tutti i naufragi avvengono per nuocere, gli abitanti di Røst nel cinquecentesimo anniversario del naufragio hanno eretto nell’isola di Sandøy un cippo in onore di Querini. Sempre a Røst un isolotto è stato chiamato “isola di Sandrigo“, in ricordo della cittadina in provincia di Vicenza dove si tiene annualmente la Festa del baccalà, il “baccalà alla vicentina”, piatto tradizionale della cucina vicentina a base di stoccafisso proveniente dalle isole Lofoten. Per ricambiare, a Sandrigo una piazza è stata dedicata a Røst.

Il baccalà e la genovese

Né finisce qui questo insieme di fatti, circostanze, situazioni, combinazioni. Perché, ancora, per un tifoso di calcio e del Napoli, è importante notare che il gemellaggio con i genovesi e con la squadra di calcio del Genoa caratteristico degli anni molto più recenti, ha radici lontane nel commercio e nella cottura del baccalà perché, a Napoli, la cucina del baccalà la portarono i cuochi genovesi. Non solo per questo.

Perché dobbiamo anche alla presenza a Napoli di una ricca colonia di genovesi e al loro “particolare modo di cucinare la carne che ancora presso di noi è detto alla genovese, mentre è perfettamente sconosciuto a Genova” (Giuseppe Porcaro) quel meraviglioso “regalo” che è la carne alla genovese e il suo sugo sugli ziti spezzati. È un regalo del quale non si sarà mai abbastanza riconoscenti ai genovesi e che, peraltro, qualche cuoco contemporaneo delle attuali “taverne” di Somma Vesuviana utilizza anche per il baccalà con quella che viene definita “genovese di baccalà”.

Insomma con queste premesse storiche, e dopo i torti subiti dal Napoli a Torino con i gol di Zaza (a proposito, dove sta Zazà?) l’anno scorso e di Higuain quest’anno; dopo tutto ciò il gemello Genoa non poteva levarci gli schiaffi da faccia e rifilarne tre alla Juve.

Ecco spiegato perché la Juventus non poteva vincere a Genova.

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