Le parole rilasciate ieri dall’agente di Kalidou Koulibaly prevedono quello che succederà nel prossimo mercato. Ci riferiamo a questa frase: «Le sirene inglesi? Non anticipo nulla, certo le squadre della Premier quest’anno hanno a disposizione grandi cifre, potrebbero succedere cose assurde, ma non parlo del caso specifico di Kalidou».
Queste parole ci hanno infastidito ma, ahinoi, hanno anche il pregio della sincerità. Cosa succede o succederà in Premier League? O meglio: perché le squadre inglesi avranno un potere d’acquisto tanto importante nel prossimo calciomercato? La risposta è semplice: dalla stagione 2016/2017, le già forti differenze nei fatturati tra club inglesi e club non inglesi diventeranno enormi.
Basta leggere la graduatoria della Deloitte Football Money League 2016 (un report che è in pratica la graduatoria per fatturati dei club europei) per rendersi conto del divario: in testa ci sono Real Madrid e Barcellona, seguite da Manchester United, Psg e Bayern Monaco. Le cifre di prima e quinta, in mezzo le altre tre: 577 milioni per il club di Florentino Perez, 435 per i bavaresi. Il Napoli, in questa graduatoria, è 30esimo in classifica con 125 milioni. Tra il Bayern e il Napoli ci sono 16 squadre della Premier League inglese. Su 25 club dalla quinta alla 30esima posizione, il 64% provengono dall’Inghilterra.
Facile tradurre questo in termini pratici. Nella top 30 dei fatturati ci sono anche le squadre inglesi che lottano per la salvezza. Precedono il Napoli, nell’ordine: Southampton, Aston Villa, Leicester City, Sunderland, Swansea, Stoke City e West Bromwich Albion. No, non siamo impazziti e sappiamo che il Leicester sta per vincere la Premier. Solo che questa graduatoria si riferisce ai bilanci della scorsa stagione, in cui le Foxes si sono salvate grazie a un incredibile sprint finale. Anzi, in realtà tutto questo dimostra come la favola di Ranieri non sia poi così tanto una favola, come già scrivemmo tempo fa: stante l’abisso di fatturato con le big della Premier (137 milioni di introiti per il Leicester, 420, ad esempio, per il Chelsea), il club di proprietà di Vichai Srivaddhanaprabha fattura (senza Champions) appena 27 milioni in meno dell’Inter 20esima in classifica in Europa. E la forbice è destinata ad aumentare, non solo per il Leicester.
Dall’anno prossimo scatterà il nuovo contratto di diritti televisivi firmato quest’anno: la lega inglese incasserà 6,9 miliardi di euro (5,1 miliardi di sterline), per il triennio 2016-19, con un incremento del 71% rispetto all’accordo precedente. Ogni anno saranno trasmesse 169 partite, per un costo a gara di 14 milioni di euro. L’abisso con il resto dei campionati europei è evidente: il valore annuale del contratto stipulato con Sky England è di 2,35 miliardi di euro. Per la Liga, il valore arriva fino a 983 milioni; 628 per la Bundesliga, 945 per la Serie A e 727 per la Ligue 1. Per valore commerciale televisivo, la Premier è il secondo campionato sportivo più costoso del mondo, dietro solo alla Nfl americana.
Il secondo step di questa politica riguarda la ripartizione: un primo 50% si dividerà in parti uguali, il secondo si divide per risultati dell’anno precedente (25%) e per bacino d’utenza (25%). In questo modo, il rapporto tra le squadre non è sproporzionato e tutti possono mangiarsi una fetta importante di una torta gigantesca. Anche il Sunderland, anche il Watford. Le squadre inglesi aumenteranno i loro introiti e quindi i loro budget al calciomercato. Tutte, nessuna esclusa. E quindi potranno offrire gli ingaggi più alti ai calciatori migliori, un po’ come succedeva in Italia nei primi Anni Novanta. Del resto, David Platt firmò per il Bari. Solo dopo passò alla Juventus.
La ruota è girata dalla loro parte, dopo aver premiato prima l’Italia (paese del bengodi calcistico fino al nuovo millennio) e poi la Spagna, con Barça e Real ancora capaci di recitare la parte del leone contro i colossi inglesi. Merito delle televisioni, ma anche dei giusti investimenti in infrastrutture, sicurezza e strategie commerciali. L’Inghilterra è il nuovo eldorado del calcio, l’ha detto l’agente di Koulibaly. Ma l’hanno detto pure i numeri e i bilanci, in attesa che lo dica un mercato sempre più Premier oriented.