La partita del (mancato) contro sorpasso, per il napolista è una gita. Una scusa. Un pretesto per scoprire che Vasari non è solo quello che ci mandò in B nel 2001. E ancora, mangiare pizza e poi, magari, vincere. Ma è anche un mezzo salasso economico. Una trasferta tra mure amiche, per intenderci. Il biglietto, non avendo parenti in loco, lo si compra online, a prezzo maggiorato, ovviamente: curva A. Quello era il più economico che c’era (e non diciamo quanto è costato). Le imprecazioni, però, si scatenano all’arrivo della busta a casa, per mezzo corriere espresso: “Settore inferiore!”. Segue linguaggio non trascrivibile, perché al momento dell’acquisto non era specificato. Il resto dell’organizzazione del viaggio lo si divide tra la ricerca del basso costo e il chiodo fisso della pizza in via dei Tribunali. Un amico di Formia, di ritorno a casa dopo un fine settimana a Taranto, facilita il tragitto di andata.
La partenza è domenica. Per i pernottamenti, ci pensano un ostello rifugio per ragazzi provenienti da mezzo mondo, con zaino in spalla e biglietto interrail, in zona piazza del Gesù, e un gentile napoletano iscritto al circuito couchsurfing (per chi non sapesse, ma dubito che tra i lettori ce ne siano, il circuito via web che dove si offre e si riceve ospitalità gratuitamente). Ritorno, in treno. In bus sostitutivo, più che altro, visto che le Ferrovie dedicano alla linea Napoli-Taranto la stessa attenzione per quella tra Filippopoli e Varna in Bulgaria: nessuna.
La primavera pugliese concede un pranzo domenicale all’aperto e un paio di partite a ping pong, prima di costeggiare il bellissimo Ionio lungo la statale 106, guardare ammirati colline e monti della Basilicata, sulla Basentana, e raggiungere a sera, dopo tre ore e mezza, la meta sul Tirreno. Giù i bagagli, sorrisi e saluti ai 20enni avventori dell’ostello e via per gustare la pizza. Il centro storico di domenica sera è sorprendente. Si respira aria di città cosmopolita. SpaccaNapoli è piena di gente, come piazza Bellini e via dei Tribunali. Eppure i locali aperti non sono tanti. La pizza agognata soddisfa le aspettative. L’amaro lo si prende al Perditempo. Il giorno dopo, caffè, brioche, deliziosi, Santa Chiara e lo splendido complesso Sant’Anna dei Lombardi in pazza Moteoliveto. È qui che ci si meraviglia per gli affreschi del Vasari, Giorgio, a dispetto del gol di Gaetano, nella splendida sacrestia, un tempo refettorio del monastero.
L’incontro con amici autoctoni permette di dimenticare un minibus mai arrivato per andare a visitare il cimitero delle Fontanelle, consegnare una tanica da cinque litri di olio tarantino ordinato un mese prima da un’amica, dare uno sguardo allo splendido San Carlo e farsi fotografare con il testone di Pulcinella sotto i portici di via dei Tribunali, in attesa che l’altoparlante di Sorbillo annunci il nostro nome per entrare. E qui la sorpresa: noi entriamo e il presidente, sì lui, Aurelio De Laurentiis, esce, appena mangiato, col suo cappotto verde. Ce ne accorgiamo a malapena, mentre lo vediamo di spalle passeggiare verso il Conservatorio. Gli amici napoletani, una giornalista, una ex assistente di volo e un campione di canottaggio, ci offrono il caffè al Bar Nilo, dove vige la buona pratica del caffè sospeso, con foto al capello reliquia di Maradona. Insomma, un’immersione godereccia, che andava coronata con la serata al San Paolo. Macché.
Dalla curva del San Paolo, con i fari accesi, si vede una partita. A mezzanotte, a casa dell’amico del couchsurfing, mentre si chiacchiera con un’ospite cinese, si guardano le immagini e se ne scopre un’altra. Tipo, il gol di Insigne è fortunoso, a noi era sembrato cercato. Il passaggio di Koulibaly a Bonaventura, mai pervenuto. Il palo di Mertens, perso nel tutti in piedi e nel boato mozzato della curva B. La sensazione però è comune a molti. La partita sembrava predestinata, la squadra non ci ha creduto davvero, è mancato il gol di Giacchetta (a proposito, ex Taranto), come ben ricordato sulle pagine del Napolista, al 93esimo.
Il ritorno è una gioia a metà, condita dalla stanchezza e dal pensiero dei tre chilometri a piedi, il primo immerso nello smog, il secondo in salita, da fare per raggiungere casa dell’ospite. Il giorno dopo, disillusi per l’impresa a metà, si ha giusto il tempo per uno sguardo sul lungomare, godere della vivacità della città e un caffè in zona Chiaia, al Bar Cimmino. È giusto nominarlo, perché ci entriamo per caso. E per caso vediamo entrare un signore anziano, vestito come può, che riscuote da una signora dolce al bancone, due vassoi di pizzette e altro cibo, intatto, della sera prima: “Passa tutti i giorni da qui – dice lei – e gli prepariamo qualcosa. Vive con la moglie e ha bisogno. Quando non passa, portiamo le cose da mangiare a quelli che lavorano ai semafori”. Basta poco per far tornare il buonumore, nonostante il settore inferiore, il passaggio di Koulibaly, la mancata chiusura di Callejon, il palo di Mertens, il gol di Giacchetta, il contro sorpasso e tutto ciò che non abbiamo visto sotto i riflettori del San Paolo. Si torna in Puglia. Bella Napoli