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La settima vittoria consecutiva del Napoli 1988 commentata da Gianni Brera (che definiva oziosi i palleggi del Milan)

La settima vittoria consecutiva del Napoli 1988 commentata da Gianni Brera (che definiva oziosi i palleggi del Milan)

Lo sciopero dei giornali e della TV spegne l’ enfasi possibile al compimento dei 2 terzi di cammino. Il Napoli espugna del tutto in incognito l’ avventurata Pescara. Suo il solo portiere messo a mal partito, lo scombiccherato Garella, che deve parare (e li para) tre-quattro tiri-gol. Per contro, l’ indomito De Napoli se ne va al cross dalla destra, e chi trova pronte le corna per infilare il portiere pescarese è Giordano, mai stato acrobata in vita sua. Questa avara constatazione induce cronisti un po’ napoletanofobi ad affermare che il Pescara è stato in certo modo derubato. La gran folla dello Stadio Adriatico ha sofferto doppia delusione: ha visto sconfitta la squadra del cuore e del tutto indifferente allo spettacolo la squadra campione. Palle di frate Giulio (ball de fra’ Giuli). Il Napoli ha un tecnico di Brescia, città del tondino e della doppietta, per tacere delle calibro 9: questa volta ha giocato all’ aspetto: non ha cacciato scarpinando per greppi e vallate. Al Pescara aveva inferto una mezza dozzina di gol nell’ andata. Non conveniva infierire, a rischio di caviglie. Per non regalare nulla, davanti a Garella è stata montata una guardia discreta, non proprio fiscale. Che poi abbia incornato giusto Bruno Giordano, tanto meglio. Forse Ottavio Bianchi non prevedeva neppure una vittoria. E poichè è uomo di cifre, non gli sarà stato difficile impostare la fatidica equazione sul punto del campionato: 20 (giornate) stanno a 35 (punti) come 30 (giornate) stanno a X (punti). La X risulta eguale a 35 per 30 diviso 20, cioè a 52,5, che è quota davvero cosmica, spaventosa. Il primato è della Juventus con 51 (e secondo fu il Torino con 50!). Di questo passo il Napoli si troverà a migliorarlo di un punto e mezzo. Per chi mi legga senza sapere di calcio nè di cifre, s’ intende che il 51 della Juventus è il punteggio finale dell’ anno ‘ 77.

Chi invece sa di calcio, può riflettere sui troppi misteri di questo gioco e del campionato: il brillantissimo Napoli dell’ anno scorso ha totalizzato 42 punti, più di 10 meno di quanti ne accumulerebbe quest’ anno camminando di questo passo (e dopo aver imposto alle squadre avversarie spese di adeguamento ingentissime). Partiamo di qui per ricordare che nessuno dei campioni si è voluto spremere a Pescara, fatta eccezione per Garella. Che Galeone, convertito all’ idea di contaminare zona e marcatura ad personam ha dedicato a Maradona le cure di certo Marcheggiani, che si è annullato in lui (e viceversa).

Secondo alla sola Juventus nelle ingenti spese di adeguamento (alla lotta contro il Napoli), il Milan ha ricevuto la Samp e l’ ha battuta. Lo stadio di San Siro era colmo e senza dubbio il pubblico è stato superiore agli attori. Il Milan mancava di Gullit, espulso dopo soli 7′ e quindi squalificato per una sola giornata dopo Ascoli-Milan; la Sampdoria mancava del libero Luca Pellegrini, varesino venticinquenne, molto bravo. Massinissa Virdis era sembrato orgoglioso e sbruffone alla vigilia affermando che l’ assenza di Gullit non doveva impensierire, dappoichè in campo c’ era Massinissa. Ora, perbacco, si ha da pensare che un aruspice gorgogliasse nelle trippe del re pastore: dopo soli 7′ , lui e non altri aveva portato il Milan in vantaggio, con un gol bellissimo, meritato dall’ azione corale e, in ultimo, da un perentorio dribbling liberatore. Sentite, cross da sinistra di Evani, basso: divaricazione crurale a scopo di finta da parte di Colombo: riceve Massinissa, dribbla di netto un avversario: libera il sinistro e lo batte basso a uccellare Bistazzoni.

Il ritmo del Milan è alto: purtroppo, oziosi risultano alcuni suoi palleggi. Il gioco fluisce tutto nel settore centrale e s’ infogna là dove più numerosi sono i doriani. Bistazzoni viene protetto alla viva il parroco. Le respinte paesane propiziano fischi ironici da parte d’ un pubblico fedele ma competente, tifoso ma niente micco (e diciamocelo una volta, fratelli cacciaviti). La Samp gioca malaccio, però meno dispendiosamente del Milan. Stradivialli non tocca terra: si capisce che gioca per far atto di presenza: che vi aspettate da lui? Mentre converso con gli amici, apprendo che Agnolin ha sancito un rigore contro il Milan. Impossibile appurare chi ha commesso il fallo: alcuni dicono Baresi ai danni di Bonomi, altri dicono Filippetto Galli: Agnolin mima il fallo (trattenuta e sgomitata): Bonomi infila Giovanni Galli con destro perentorio. Il Milan seguita a premere e rischiare stracciandosi mica male in avanti. Mai nessuno che faccia azione alle estreme. Massinissa a segatura (parlo di ritmo). Penso che il Milan debba perdere come aveva previsto Righetto Sacchi venerdì sera dai Metalli. Vado via alla mezz’ ora della ripresa con soci a delinquere (Van Tellinen, il Commodoro, Ferraro; pro scopa et libertate). Un istante prima di infilarci in ascensore, ci voltiamo a vedere la prodezza di Paolo Maldini su punizione di Evani dalla destra: Paolino stacca volitando e in energica torsione impatta di parietale sinistro: bruscamente la traiettoria muta e s’ infila. Brao fioeu. Riferirà Mimmone Ferrara di aver molto stupito nel vedere le père Cèsar tanto commosso in tribuna. Per mera carogneria gli ha pure detto: “Tuo figlio è più bravo di te”. Dico a Sacchi: “Non si recano buone novelle da Brisighelle di sotto. Si torna al metodo velocizzandone gli schemi di almeno il doppio. Anche nei giorni del metodo (o W) si marcava talora a uomo: e noi abbiamo visto Weiss dell’ Inter mandare l’ interno Serantoni a tenere Levratto, ala sinistra del Genoa (e quale!). La sua felice involuzione verrà da noi plaudita come si merita: specie se vedremo ancora in piedi i suoi prodi a fine marzo-metà aprile. E poi, sacro dio, la smetta di citare il Parma: in quale campionato brasiliano milita, carioca o paulista?”. Righetto Sacchi parla dei suoi con l’ amore d’ un pedagogista appassionato. Dategli uno Schiaffino e solleverà il mondo. Dategli Borghi e sarà una fregatura.

La Juventus richiama gente all’ Olimpico secondo che esige il suo blasone. Annoia tutti. Gioca, mi dice Fabrizio Bocca, senza la minima convinzione. Rush non riceve palla giocabile durante l’ intero primo tempo. Tacconi si lascia malamente uccellare da Desideri (prima d’ incornata, poi di sinistruzzo in controtempo). Memorabile una frase pronunciata da don Giovanni Agnelli, ospite di Capitan Berlusconi a San Siro: “Non vovvei giudicave chi in fondo sta facendo il pvopvio doveve”. Chi ha assistito all’ arrivo dei due magnati frammezzo a uno stuolo di bravi ha pensato al Seicento spagnolo, alle sue turbe insane. Nonchè insegnare la modestia alle ragazze di filanda, noi almeno andiamo a veder pedatare. E se ci annoiamo lo pos siamo anche dire: e stimiamo signore don Giovanni che non vuol dispiacere a Marchesi, onestamente impegnato a compiere il proprio dovere. Verona e Inter approfittano del Werder Brema e del figlio di Lo Bello: il primo, caro a Toni Grigolini, obbedisce all’ inconscio e si trattiene; il secondo si sdegna a sentir sagrare Di Gennaro e lo espelle. Poi segna Scifo, che colpisce anche una traversa, e Lo Bello compensa inventando un due calci in area ai danni di Zenga. Vun a vun fa mal a nissun. Auguri al Verona, che riceve domani il babau del campionato tedesco. Devo chiudere, ahimè, non senza dirmi ammirato dell’ Empoli e del Cesena. Da Torino, buone nuove sulla prestazione di Rizzitelli, gioielluzzo del nostro vivaio. Poichè Radice è rigido italianista, chi mai avrà fatto ballare Rizzitelli? Chi chiede non sa. Perdonate.

(tratto dall’archivio on line di Repubblica)

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