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Il Napoli non soffre in difesa eppure subisce più gol di prima

Il Napoli non soffre in difesa eppure subisce più gol di prima

Partiamo da un dato. In 31 partite dall’introduzione del 4-3-3 (la prima fu Napoli-Bruges di Europa League), il Napoli ha subito 21 gol, seconda difesa del campionato dietro ai 15 gol incassati dalla Juventus. Una media bassissima, 0,67 per match. Tutta un’altra cosa rispetto alla stagione scorsa (73 reti subite in 59 gare, media 1,23) e pure rispetto al primo anno di Benitez (57 in 53, media 1,07). Quindi, Sarri ha innanzitutto il merito di aver corretto il difetto più grave di questa squadra: la tenuta difensiva. L’ha fatto optando per uno schema diverso e sposando l’intensità del pressing rispetto alle linee alte, ma più contenitive, dell’allenatore spagnolo.

C’è però da approfondire un altro dato: di queste 21 realizzazioni, ben 12 sono arrivate nelle ultime 12 partite. Due soli clean sheet (Lazio-Napoli e Napoli-Carpi) e due partite concluse con l’avversario due volte a bersaglio, Sampdoria-Napoli e Napoli-Inter di Coppa Italia. Due semplicissime sottrazioni, quindi, ci dicono che la squadra di Sarri ha subito 9 reti nelle prime 19 partite di questa serie con questo schema. E, di conseguenza, ci dice pure che i numeri della difesa sono in calo. 

Non è facile individuare le motivazioni di questo momento di difficoltà, soprattutto quando la squadra che prendi in esame resta comunque la terza in Serie A per numero minore di tiri concessi agli avversari, 9.5, dietro solo a Juventus (8,2) e Fiorentina (8,9). La stanchezza, certo, può incidere. Così come pure la necessità di scoprirsi, talvolta, per appoggiare un attacco sempre costretto a fronteggiare squadre chiuse a riccio e quindi bisognoso di un aiuto pure dai calciatori che si inseriscono da dietro, soprattutto i terzini. Gli unici momenti di “panico” di Napoli-Milan, i pochi attacchi dei rossoneri, sono arrivati proprio mentre il Napoli tentava gli ultimi assalti in modalità tutto per tutto. 

C’è altro, però. Pure altro. Ed è un altro su cui tra l’altro è difficile lavorare, perché non si tratta di errori concettuali o tattici, ma di pure distrazioni tecniche. I tre gol subiti in questa metà febbraio un po’ così nascono infatti da tre disattenzioni singole avvenute in una porzione di campo e in un momento della partita decisivi. Il finale delle sfide di Torino e Villarreal, gli ultimi minuti del primo tempo, e pure immediatamente post-vantaggio, di Napoli-Milan. Il gol di Zaza è un’errata lettura del solo Koulibaly, che esce su Zaza senza chiudergli il lato forte, quello del piede sinistro, lasciando una porzione di campo troppo ampia per l’accorcio immediato di Albiol, Hysaj o Callejon. La punizione di Denis Suarez nasce da un fallo ingenuo di Valdifiori al limite dell’area, mentre il pareggio di Bonaventura è invece la concatenazione di due eventi, uno sfortunato e uno rarissimo: un tocco di testa di Koulibaly, che allunga un cross probabilmente innocuo, e un mancato appoggio allo scivolamento di Callejon che arriva con un attimo di ritardo a chiudere su Jack Bonaventura. 

Il Napoli, nella fase difensiva, semplicemente non soffre: d’altronde, le percentuali di possesso quasi barcelloniste dell’undici di Sarri renderebbero e rendono difficile a chiunque la creazione di occasioni pulite. Il predominio territoriale, che è la somma del possesso palla e dell’occupazione dello spazio in campo, è una prerogativa di questa squadra che difende alta e non permette all’avversario né di entrare nella metà campo né tantomeno di giocare il pallone con serenità al di qua del centrocampo. Basti pensare che gli azzurri, ieri sera, hanno recuperato 18 palloni nella metà campo del Milan; i rossoneri, appena quattro in quella del Napoli. Questo è un altro dato (l’ennesimo) che certifica l’assoluta bontà del lavoro di Sarri e della sua squadra che quindi subisce reti solo ed esclusivamente quando “succede qualcosa”. Che è un’eventualità da tenere sempre in conto. Questo qualcosa può essere il pizzico di fortuna invocato da Sarri (lui l’ha definito in un altro modo), ma anche l’errore difensivo singolo quando meno te l’aspetti. Del primo sottinsieme fanno parte i gol subiti a Torino o in casa con l’Empoli: deviazioni balorde su tiri altrimenti innocui. Al secondo, invece, appartengono quelli subiti a Villarreal, oppure a Bergamo (grande azione dell’Atalanta) o a Genova con la Sampdoria, e quella marcatura allegra su calcio d’angolo. Il gol di Bonaventura è una malefica intersezione tra i due grupi, tra sfortuna e disattenzione. La prima non si può evitare, la seconda sì. Le grandi squadre fanno e vincono proprio così.

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