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Napoli è una città culturalmente viva e la cultura si è separata sempre di più dalla politica

Napoli è una città culturalmente viva e la cultura si è separata sempre di più dalla politica

Pubblichiamo l’inizio di un interessante articolo a firma Mirella Armiero – responsabile delle pagine culturali del Corriere del Mezzogiorno – su quanto sia cambiato in questi anni il rapporto tra Napoli e la cultura. Un testo interessante che potrete continuare a leggere sul sito che lo ha ospitato, www.lostraniero.net 

Caro prossimo sindaco di Napoli, 
che tu sia un redivivo Bassolino o un de Magistris bis o un auspicato volto nuovo, di destra o di sinistra, inevitabilmente ti ritroverai, appena eletto o dopo poco, a dire che la città deve ricominciare dalla cultura, che dalla cultura nasce il riscatto e che punterai prima di tutto sulla cultura. Il copione è già scritto, l’abbiamo già sentito ma lo riascolteremo fiduciosi, con l’illusione di crederci ancora una volta, forse ci sarà perfino qualche orecchio vergine a fremere di autentico piacere, magari qualche giovane inesperto o qualche inguaribile ottimista. Poi passeremo alla pratica e alla verifica. Allora consentimi di ricordare qualcosa del nostro passato prossimo.

Gli ultimi quindici anni li ho trascorsi a mettere insieme una pagina culturale per un quotidiano locale. Ogni giorno, un’affannosa corsa a scovare nuovi talenti, a imbarcarsi in polemiche a volte legittime a volte pretestuose, ad accumulare migliaia di interpretazioni più o meno banali della città. Qualche volta abbiamo imbroccato la strada giusta, pubblicando un pezzo di valore, intuendo che qualcosa stava per accadere. Ma soprattutto, un giornale locale permette di mantenere il contatto con la realtà. Non ci sono distanze siderali, come spesso accade nei grandi quotidiani nazionali, a separare il giornalista dal suo oggetto di osservazione. Napoli è qui, noi ci viviamo dentro e la raccontiamo come possiamo, come sappiamo. La città, insomma, la conosciamo. Non so più quanti scrittori ho intervistato, quante mostre visitato, quanti spettacoli e quanti film visto, a quanti autori stranieri ho sentito dire: che bella questa città del caos creativo, dell’energia irrefrenabile. Perché la croce e delizia di un’edizione locale è che Napoli resta sempre al centro del tuo orizzonte.

Il giornale per cui lavoro ha aperto i battenti con belle speranze in piena epoca bassoliniana, diciotto anni fa. Non voglio qui ripercorrerne la storia, ma è stato un osservatorio privilegiato, da cui sono passati in tanti, da Raffaele La Capria a Roberto Saviano, per rimanere in ambito culturale, che è quello che mi interessa. Ma soprattutto credo che in questi diciotto anni la città sia profondamente cambiata e noi l’abbiamo potuto constatare giorno dopo giorno. E se quello che fu definito “rinascimento”, una chimera degli anni novanta, poi si è rivelato un’illusione, l’effervescenza che c’è oggi è cosa ben diversa. È un movimento che viene dal basso, più consapevole, meno autoreferenziale, che salta a piè pari una certa nouvelle vague di sinistra, snob e salottiera, e si salda invece con la tradizione, rinnovandola in profondità. Caro il mio futuro sindaco, la città che governerai non è affatto morta come spesso dichiarano i giornali con copertine a effetto. È molto più viva oggi che ai tempi del cosiddetto rinascimento che peraltro fu attivato, almeno in parte, da un flusso considerevole di denaro pubblico. Le installazioni in piazza Plebiscito, dalla Montagna di sale in poi, erano belle, chi lo nega. Ma presupponevano un atteggiamento pedagogico e paternalista: ecco, cari napoletani, ora vi facciamo vedere che cos’è l’arte contemporanea, spendendo fiumi di soldi pubblici. Voi vi fate una passeggiata intorno all’Italia di Pistoletto o entrate nella struttura di Serra per fare una foto (non eravamo ancora in epoca di selfie) e ve ne tornate a casa. Poco importa che l’artista qui non lasci nulla e che tutta l’operazione sia effimera, come effimera era la collezione del Museo Madre, svaporata via con la fine della direzione Cicelyn (erano quasi tutti prestiti, poi richiesti indietro; e meno male che il nuovo direttore Viliani sta ricostruendo tutto dalla base, stavolta ben più solida).  (segue qui)
(mirella armiero)

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