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Tre amici da Vicenza a Napoli per incontrare l’idolo Vinicio: «Ricordiamo più lui che Paolo Rossi»

Tre amici da Vicenza a Napoli per incontrare l’idolo Vinicio: «Ricordiamo più lui che Paolo Rossi»

In trasferta a Napoli da Vicenza per incontrare ’O lione, Luis Vinicio. Sono in tre, Mario, Piero e Paolo. È passato qualche anno, non sono più ragazzi, ma i loro ricordi sono vividi, come se fosse ieri che il Vicenza con Vinicio dava spettacolo in serie A.
Si passeggia per piazza del Gesù a testa alta per ammirare la facciata di Santa Chiara, mentre Mario Pavan, professore di filosofia, autore di libri, abbraccia Luis: «Ero un ragazzino quando mio padre, che staccava i biglietti nei distinti, mi portava negli spogliatoi a vedere i giocatori. Non era come oggi che non ti puoi avvicinare, io vedevo Vinicio arrivare in giacca e cravatta mezz’ora prima del fischio d’inizio per tastare il prato del campo».

Mentre tagliamo per affacciarci alla Cappella di Sansevero sono tanti i napoletani che ci rallentano per stringere la mano al mister Vinicio e ad ogni stop i tre si avvicinano di corsa al grido di “Siamo qui per riportarlo a Vicenza!” 

«Sono emozioni che non si dimenticano – racconta Piero Zocche, industriale – Facevo il raccattapalle quando giocava e ho pianto quando l’abbiamo venduto all’Inter, nel 1966. Però sono stato premiato e quando al suo ritorno, dopo un anno, ha segnato una doppietta alla formazione di Herrera, ho esultato. Pensa che Herrera non si fece trovare per salutarlo a fine partita».

Vinicio, sciarpa del Vicenza al collo, fa il turista nella sua Napoli con i suoi amici, perché a Vicenza sono amici: «Sono stato bene lì, non ho mai avuto problemi come è invece accaduto a Napoli». Ad allenarlo, per tre stagioni, fu Manlio Scopigno. «E poi con noi è stato capocannoniere – precisa Paolo Marinello – sebbene non fosse più giovanissimo. Ricordo che giocavo nella Primavera e in un allenamento riuscii a fargli un tunnel, lui venne a cercarmi per congratularsi con me perché nessuno ci era riuscito».

Mentre inebriati dal profumo dei limoni ci aggiriamo in una fabbrica di limoncello, Mario Pavan tira fuori un suo libro sugli anni Sessanta con Luis, Vicenza e il Vicenza onnipresenti; in copertina lui, ’O lione. «Questa foto me la diede mio padre e l’originale me la feci autografare quando ero in quarto ginnasio e Vinicio venne in visita alla Facoltà di Teologia, più che altro scappai dalla classe e il preside mi strigliò a dovere».

Siamo quasi al termine, scendiamo per San Gregorio Armeno, tra pulcinella e pastori Luis ricorda l’anno in cui fu capocannoniere con 25 reti. E ventisei anni ci vollero per battere il suo record: ci pensò Van Basten. «Successe di tutto – sorride – persino l’alluvione. Il mio scantinato venne sommerso e persi tutti i ritagli di giornale che conservavo».

Ci salutiamo in piazza San Domenico. «Da noi hanno giocato tanti calciatori importanti – dice Paolo – ma se chiedi a un tifoso del Vicenza se ricorda più lui o Paolo Rossi non ci sono dubbi. Vinicio per noi resta il migliore, è un grande uomo oltre ad essere un grande giocatore ed è per questo che non vedevamo l’ora di venirlo a trovare qui, a casa sua».
Francesca Leva 

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