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Passi avanti del Napoli di Sarri. Se solo De Laurentiis imparasse la lezione di Agnelli sul passato

Passi avanti del Napoli di Sarri. Se solo De Laurentiis imparasse la lezione di Agnelli sul passato
Agnelli e De Laurentiis

“Con tutto il rispetto degli altri protagonisti – e un applauso sincero va ad Allegri per come riesce a motivare big e nuovi arrivati – è la società a dare in ogni momento una dimostrazione di forza e di idee chiare. Dopo aver vinto scudetto, Coppa Italia e dopo aver raggiunto la finale di Champions, poteva essere forte la debolezza – e il gioco di parole è chiaramente voluto – di lasciare tutto inalterato… La Juve ha invece accelerato il processo di rinnovamento”. Scrive così in prima pagina il direttore del Corriere dello Sport Alessandro Vocalelli (più modestamente, lo scrivemmo qui tre settimane fa). Perché, ci piaccia o meno, la notizia per il calcio italiano è che la Juventus ha vinto ancora e lo ha fatto con la mano sinistra. Dieci minuti e si è portata a casa l’ennesimo trofeo. 

Proprio un anno fa, più o meno di questi tempi, Andrea Agnelli schiumava rabbia e sua moglie cinguettava tweet al vetriolo perché Antonio Conte aveva sbattuto la porta e se n’era andato a ritiro appena cominciato. Quel che fece lo sappiamo tutti. Pubblicamente non si lasciò andare ad alcuno sfogo. Scrisse persino un ringraziamento pubblico di Conte, un condensato di ipocrisia pressoché irripetibile, ben sapendo che l’unico modo per “vendicarsi” sarebbe stato vincere sul campo. E in un anno tondo tondo, il suo Allegri e la sua Juventus hanno vinto in Italia tutto quel che c’era da vincere: scudetto, Coppa Italia e Supercoppa (al secondo tentativo), oltre ad aver giocato una finale di Champions. Gli allenatori passano, la Juventus resta. Questa frase Agnelli la disse persino di sé. Ieri ha dimostrato che può valere anche per Pirlo, Tevez e Vidal.

Ed è questa la differenza (non l’unica eh) macroscopica che c’è tra la gestione della società da noi tanto odiata e il nostro Napoli. Che oggi sui quotidiani si è guadagnato due titoli: uno dedicato all’amichevole pareggiata senza subire gol contro il Porto, l’altro alla punzecchiatura del presidente a Benitez (ancora lui, siamo ad agosto!) perché finalmente si è tornati a lavorare. Pur di affondare lo spagnolo, De Laurentiis ha riabilitato Mazzarri che invece due anni fa era – sempre parole presidenziali – l’emblema della provincializzazione.

È noto, il Napolista è stato dalla parte di Benitez e non lo ha rinnegato. Insomma, viviamo ancora sulla terra. Più o meno ci rendiamo conto che non è andato ad allenare il Purchiano, così come sappiamo leggere il suo palmares. Il punto, però, non è questo. Il punto è che Benitez è andato via ormai da settanta giorni. E il massimo dirigente del Napoli ancora ne parla. Continuando ad alimentare la retorica dell’estate 2015 basata sul sudore, sul sacrificio, sull’operaismo. Qualcuno dovrebbe suggerire al presidente che gli allenatori, così come i calciatori o i direttori sportivi, non sono di sua proprietà. È per questo che De Laurentiis vive i distacchi alla stregua di tradimenti. Senza sapere che parlare male degli ex equivale a parlare male di se stessi. Benitez è il passato. Se non lo capisce il presidente, come possono capirlo i giocatori o altri? 

Napoli, invece, sembra perenemmente con lo sguardo rivolto all’indietro, alla ricerca di una vendetta che non si capisce quale possa essere. Come se il rancore per lo spagnolo fosse l’unico propellente in questa stagione. L’unica vendetta che De Laurentiis, così come Hamsik (a proposito, qualcuno gli dica che ormai la stagione sta per cominciare e quindi conta solo come giocherà d’ora in poi), può prendersi nei confronti dello spagnolo sarà dettata dal campo, dai risultati. Le chiacchiere servono solo per i titoli dei giornali. 

Torniamo alla partita. La notizia, come hanno scritto un po’ tutti, è che il Napoli contro il Porto non ha subito gol. Sarri ha schierato quella che con ogni probabilità – al netto dell’attacco – sarà la formazione tipo. Gli azzurri hanno giocato una partita attenta. Contro un avversario che oggi viene definito unanimemente superiore a noi, il Napoli è riuscito a non correre particolari pericoli. Anche se per fare questo, Sarri ha dovuto sacrificare la fase offensiva. Nei primi sessanta minuti il Napoli ha tirato in porta una sola volta e il pallone non lo ha visto quasi mai. Gli azzurri hanno rinunciato a quel pressing offensivo che aveva entusiasmato nella prima mezz’ora di Nizza. Ma le amichevoli sono esperimenti. E l’esperimento di ieri era finalizzato a testare la fase difensiva. Si è visto un ottimo Albiol, affiancato da un buon Chiriches. Così come si è visto in crescita Allan. Ha faticato un po’ di più Valdifiori, che ha avuto meno spazio a disposizione, così come Hamsik è apparso in difficoltà a giocare sempre nella nostra metà campo. Il fantastico paradosso è che adesso – dopo il tormentone degli ultimi due anni – qualcuno si chiede se così non giochi troppo arretrato. 

È andato meglio, il Napoli, nell’ultima mezz’ora, si è rivisto – oltre a Higuain – anche il pressing offensivo (in questo Callejon resta inimitabile). E abbiamo avuto tre nitide palle gol. Certo non dimentichiamo che a quel punto il Porto aveva sostituito dieci undicesimi ma gli azzurri nella ripresa sono cresciuti fisicamente. Detto questo, il bilancio della trasferta portoghese è sicuramente positivo. Non prendere gol (né subire particolari rischi) è una importante iniezione di fiducia e anche un considerevole passo in avanti. In due gare il Napoli ha mostrato sia di saper attaccare sia di saper difendere. Non è poco. Mancano ancora due settimane all’inizio del campionato e non dimentichiamo che dopo le prime due giornate ci sarà la sosta per la Nazionale. Insomma, manca un mesetto all’inizio vero e proprio della stagione. I segnali positivi non mancano. Se solo utilizzassimo le nostre energie per guardare esclusivamente avanti…
Massimiliano Gallo

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